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Il circo volante

di Massimo Gramellini - 25/09/2008

Come ai tempi di Cogne, di Calciopoli, di Garlasco, di qualsiasi dissestata vicenda che fra i suoi difetti abbia anche quello di non finire mai, l’Alitalia è rapidamente diventata un genere televisivo. Una compagnia di giro agli ordini di qualche regista invisibile attraversa con piglio sicuro i palinsesti, spostandosi di salotto in salotto per ripetere le stesse cose, con lo stesso tono e lo stesso stile, come i personaggi serializzati dei telefilm. C’è il pilota in divisa da pilota, bello e impossibile, amato dal pubblico femminile mentre scuote i capelli corvini e contestato da quasi tutti quando difende i privilegi di casta. C'è il sindacalista della Cgil con la camicia slacciata da sindacalista della Cgil e le occhiaie da maratoneta della trattativa, di quelli che non vogliono mettersi d’accordo ma nemmeno rompere, nei secoli dei secoli. E naturalmente ci sono le hostess, la bionda e la bruna. Rispetto a Cogne e agli altri classici delle stagioni scorse, le uniche novità sono l’assenza di psicanalisti (invece ce ne sarebbe un certo bisogno) e la presenza di un ministro, Maurizio Sacconi, che sa maneggiare i congiuntivi. Questo vezzo abbastanza inopinato potrebbe costargli la conferma nella prossima serie.

Osservando le evoluzioni del circo volante da un canale all’altro, ci si chiede dove i suoi acrobati trovino il tempo di studiare le carte, di parlarsi liberamente o anche solo di pensare. Forse fanno tutte queste cose durante i trasferimenti in taxi. O forse le lasciano ai potenti veri, quelli che lontano dalle telecamere decidono sul serio.