Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Palestina: È tempo di una terza Intifada?

Palestina: È tempo di una terza Intifada?

di Carlo M. Miele - 30/09/2008





Stallo nei colloqui di pace, crescita esponenziale degli insediamenti ebraici in Cisgiordania, e aumento delle aggressioni dei coloni israeliani ai danni dei palestinesi. Tutti elementi questi che potrebbero costituire la base per una nuova rivolta palestinese, a più di venti anni dallo scoppio della prima Intifada e a otto dall’inizio della seconda.

A sostenerlo è il quotidiano israeliano Ha’aretz, che in un articolo pubblicato oggi cita “politicanti scontenti di Fatah”.

Mentre ufficialmente gli apparati della sicurezza del presidente Mahmoud Abbas stanno collaborando con le autorità israeliane e mantengono le distanze da Hamas - affermano gli analisti del quotidiano – un’ala importante del movimento sarebbe intenzionata a “riconciliarsi” con il Movimento della resistenza islamica e a “indirizzare la rabbia verso Israele”.

“Otto anni dopo lo scoppio della seconda Intifada (28 settembre del 2000, ndr), le controversie all’interno dell’Autorità palestinese potrebbero condurre a un nuovo conflitto in Cisgiordania tra israeliani e palestinesi”, si legge nell’articolo, secondo cui “gli ultimi incidenti tra coloni estremisti e palestinesi potrebbero contribuire alla deflagrazione”.

A sostegno della sua tesi, Ha’aretz cita Kadoura Fares, il leader della peace coalition palestinese ed esponente di spicco della nuova generazione di Fatah, che la scorsa settimana ha chiesto pubblicamente al presidente Abbas di porre immediatamente fine ai colloqui con Tel Aviv, in quanto l’attività di colonizzazione portata avanti dagli israeliani in Cisgiordania rende ogni trattativa “inconcepibile”.

Un malcontento condiviso da molti dei membri più giovani di Fatah, come Hussam Khader del campo profughi di Balata, o gli ex militanti delle Brigate Al-Aqsa, detenuti dalle autorità palestinesi in attesa dell’amnistia di Israele.

L’ipotesi di una nuova Intifada viene giudicata, invece, poco credibile dai servizi israeliani, secondo cui l’opinione pubblica palestinese sarebbe ancora esausta per le sofferenze causate dall’ultima rivolta, considerata chiusa il 14 giugno 2007, con la presa del potere a Gaza da parte di Hamas e la definitiva spaccatura all’interno della società palestinese.

Secondo quanto stimato dalla ong israeliana BTselem, oltre seimila persone sarebbero morte tra Gaza e Cisgiordania solo negli ultimi otto anni. Di queste 4.823 sono palestinesi uccisi dalle forze di sicurezza israeliane a Gaza, in Cisgiordania e in Israele e 48 quelli uccisi da civili israeliani, mentre le vittime della parte israeliana sarebbero 1061 (di cui 726 civili e 335 membri delle forze di sicurezza).

Di fronte a una tale carneficina – sostengono le fonti dell’intelligence di Tel Aviv – appare difficile che lo scontro armato riprenda subito.

A meno che non ci sia un pretesto, che non venga innescata una scintilla. Le aggressioni dei coloni ebrei in Cisgiordania per esempio – ipotizza Ha’aretz – potrebbero fare quello che nel 2000 fece Ariel Sharon, con la sua passeggiata sulla Spianata delle moschee.