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Una bella penisola, tutta di veleno

di Marco Cedolin & Stefano Montanari - 03/10/2008

     

 

L’uso di materiali tossici in edilizia non sembra più limitarsi all’ambito delle grandi opere, dove sostanze nocive di svariata natura vengono spesso usate per la costruzione delle infrastrutture, come più volte documentato nelle indagini concernenti i cantieri del TAV.

 

http://ilcorrosivo.blogspot.com/2008/06/nei-cantieri-del-tav-discariche.html 

 

Quanto infatti emerge da una operazione della polizia denominata 'Black Mountains' che in questi giorni ha portato al sequestro di ben 18 aree disseminate lungo tutto il territorio crotonese fino a Cutro e Isola Capo Rizzuto, dimostra inequivocabilmente come il “cemento tossico” venga usato senza parsimonia per edificare qualsiasi genere di costruzione, comprese quelle destinate alla civile abitazione.

 

Le indagini della  procura della Repubblica di Crotone, coordinata dal sostituto procuratore Pierpaolo Bruni, nel merito delle quali già sette persone sono state iscritte nel registro degli indagati hanno portato alla luce come almeno 350 mila tonnellate di materiali tossici contenenti arsenico, zinco, piombo, indio, germanio e mercurio, provenienti dagli scarti dell'industria "Pertusola" di Crotone e destinati ad essere smaltiti in discariche per rifiuti speciali, siano state invece utilizzate per lavori edili riguardanti alloggi popolari, villette, cortili di scuole, posteggi, una banchina portuale e strade.

  

La truffa che determinerà pesanti ricadute sulla salute dei cittadini, sottoposti a loro insaputa agli effetti nocivi di sostanze altamente tossiche e minerà in profondità l’integrità di un ambiente già degradato a causa delle aggressioni precedentemente compiute da alcune società facenti capo all’ENI,  è stata portata avanti negli anni grazie ad una consorteria composta da industriali, imprenditori edili e funzionari dell’azienda sanitaria locale che ha potuto fruire della copertura di ampi settori della politica e dell’informazione che hanno provveduto a “coprire” l’ampia operazione di malaffare che si andava compiendo.

  

Come ormai sempre più spesso sta accadendo, anche in questo caso i più fondamentali diritti del cittadini vengono immolati sull’altare del profitto, della crescita e dello sviluppo, veri bubboni della nostra società che come un cancro marcescente continuano ad ammorbare tutto ciò che trovano lungo il loro percorso.

 

 Marco Cedolin  

Ai vecchi tempi la mafia usava il cemento per imbalsamare qualche seccatore. Ora ci si è raffinati e i metodi mafiosi fanno sorridere.  

Che la pratica di mescolare ceneri tossiche al cemento sia follia pura è cosa che sto denunciando ormai da lungo tempo ma –  la cosa è diventata abituale – senza essere minimamente ascoltato. Che io spieghi la cosa in termini così semplici che qualunque persona dotata di un minimo di buon senso possa capire è fatto altrettanto indifferente.  

Qualche

mese fa fui graziosamente ricevuto da qualcuno che conta nel mondo del cemento. Mi parve che ci fosse un certo interesse per quello che dicevo, ma poi tutto finì in niente. Che cosa si sarebbe dovuto dire agli azionisti se fosse finito il business dei rifiuti bruciati e delle ceneri? Come si sarebbe potuta giustificare davanti al pubblico l’interruzione della produzione di quella roba? Perché? E chi aveva costruito con quel cemento che cosa avrebbe detto? Dunque, non se ne fece nulla.   

Ora si è compiuto un passo ulteriore: con la benedizione entusiastica dell’ARPA (ancora tu?) si cominciano a mescolare le porcherie degl’inceneritori che, prima o poi, temo ci ritroveremo negl’italici spaghetti, addirittura nell’asfalto.

Chi non è ancora preda dell’anestesia di stato si rende conto di come una ricopertura stradale sia sottoposta a grande usura (basta vedere i perpetui lavori di ripristino sempre in corso) e, dunque, le polveri che ne derivano se ne vanno per forza di cose allegramente qua e là fin nei nostri corpicini ridotti ad efficientissimi filtri.  Di tutto ciò che ho detto non c’è “dimostrazione”. Vale a dire che nessuno ha condotto studi su migliaia di casi, preferibilmente cadaveri, per qualche decina di anni. Naturalmente su tutti questi casi, se mai qualcuno investisse per studiarli, non dovrà sussistere il minimo dubbio, il che significa che anche l’ultimo professore in affitto non avrà più argomenti.

Dunque, senza la strage accertata, senza che tutti i parlamentari abbiano trovato un accordo e abbiano emanato una legge ad hoc con tutte le scappatoie del caso, si continueranno a costruire case, scuole (come è il caso appena “scoperto”), strade e manufatti vari con ogni sorta di veleni.

Fortunatamente l’arsenico, il mercurio, il cromo, il piombo e via discorrendo restano veleni solo per me e non per la luminosa scienza dei nostri uomini d’affari.  

Chissà che cosa ne dirà il professor Aurelio Misiti, calabrese come la scuola al veleno, politico di lungo corso passato attraverso varie corti, un po’ qua e un po’ là, ed ora felicemente approdato a quella quanto mai accogliente di Votantonio dove fa quello che nel calcio si chiama il “gioco oscuro” con il compito di portare avanti le ragioni della grande cementificazione di quel che resta della nostra penisola.  

Comunque, non preoccupatevi: io sono un visionario e, come dice l’ARPA, sono del tutto inaffidabile.  

Stefano Montanari