Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L'America Latina e l'integrazione del "Banco del Sur"

L'America Latina e l'integrazione del "Banco del Sur"

di Enea Baldi - 03/10/2008

 

L'America Latina e l'integrazione del



Dal minivertice di Manaus, nell’Amazzonia brasiliana, che ha riunito per un solo giorno i presidenti di quattro Paesi, Venezuela, Bolivia, Brasile ed Ecuador, è scaturita la risposta alla crisi finanziaria internazionale provocata dalle speculazioni del Fmi e Banca Mondiale. Il “Banco interamericano de Sarrollo” (Bid), controllato da Washington, sarà presto sostituito dal “Banco del Sur”, un istituto regionale autonomo che avrà l’onere di rafforzare l’economia e l’integrazione regionale dei Paesi aderenti.
“Il mondo unipolare sta affondando come il sistema finanziario neoliberista, il capitalismo sta tremando, mentre affonda il consenso di Washington”, ha dichiarato il mandatario venezuelano Hugo Chávez.
Il Venezuela è uno dei pochi Paesi latinoamericani che, grazie alle nazionalizzazioni e ai sostanziali cambiamenti di politica economica, non ha risentito degli effetti della speculazione finanziaria internazionale. “Mentre il neoliberismo fallisce nelle sue strategie perverse – ha continuato Chávez – noi avanziamo verso l’integrazione, l’unità, in modo molto concreto con il “Banco del Sur”, rafforzando le nostre banche centrali, i nostri fondi d’investimento, stringendo patti multilaterali per garantire lo sviluppo dei nostri popoli”. Per il presidente brasiliano Inacio Lula, l’America Latina è sulla strada buona per liberarsi dalla schiavitù sociale ed economica a cui gli Usa l’hanno da sempre obbligata. “Il sistema finanziario internazionale si è trasformato in un grande casinò in cui gli speculatori hanno scommesso per guadagnare denaro facile, senza nessuna responsabilità”, ha detto il mandatario del Brasile, aggiungendo che “è un’ironia della storia che gli Stati Uniti, i quali hanno passato gli ultimi trent’anni a dirci cosa dovevamo fare, non abbiano fatto per loro quello che in realtà ci ordinavano… L’ironia del destino è invece che la crisi si sia manifestata nei Paesi ricchi, e quelli emergenti sosterranno la crescita dell’economia mondiale”. Poi è stata la volta di Morales a prendere la parola, il quale in merito all’evidente discrepanza sociale tra Paesi ricchi e poveri ha così tuonato: “La crisi finanziaria ha dimostrato che il capitalismo non è una soluzione per l’umanità. Dove c’è capitalismo c’è saccheggio, sfruttamento e povertà e i poveri non possono pagare la crisi dei ricchi”. Anche il presidente boliviano non ha risparmiato accuse nei confronti di Washington e nei confronti di politiche “scellerate”, come la nazionalizzazione del debito pubblico. Mentre in Bolivia, “si nazionalizzano gli idrocarburi affinché la gente abbia denaro – ha detto Morales – negli Stati Uniti vogliono nazionalizzare il debito e la crisi della gente che ha più soldi”. Il mandatario dell’Ecuador ha invece auspicato che “arrivi un giorno in cui per l’America Latina sia irrilevante quello che succede negli Stati Uniti; quel giorno probabilmente avremo raggiunto la nostra vera sovranità”.
E a proposito del tema sul lancio ufficiale del progetto di apertura di un “corridoio” tra Pacifico e Atlantico, attraverso la costruzione di nuove strade e ferrovie, nonché il rafforzamento dei trasporti fluviali tra il porto ecuadoriano di Manta e Manaus - discussione centrale del minivertice di Manaus - Rafael Correa si è detto soddisfatto degli accordi raggiunti tanto da indurlo ad auspicare che “nel cuore dell’Amazzonia, Manaus diventerà un incrocio di strade per il Sudamerica”.