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Il caso italiano: politica o commedia dell’arte?

di Eugenio Orso - 05/10/2008

E’ cosa abbastanza recente l’apparente aumento della tensione fra Berlusconi, come sempre in prima persona, e l’opposizione politica di sistema rappresentata dal composito Partito Democratico, o quantomeno dall’attuale segreteria veltroniana.

La coppia Berlusconi-Veltroni sembra produrre – più che scontri reali di natura politica su temi concreti e drammatici, quali il potere d’acquisto di salari e stipendi che ormai privo di difese degrada di giorno in giorno, oppure sulla necessità di impedire tagli generalizzati di risorse ai settori, cruciali, della pubblica educazione e della sicurezza attraverso lo strumento della finanziaria – dei botta e risposta in cui l’attore principale, che è indubbiamente Berlusconi, prendendo spunto dalle frecciatine della sua spalla, che è Veltroni, e risponde esaltando con una certa teatralità le sue indubbie qualità di mattatore del piccolo schermo, ad uso e consumo di miriadi di elettori-telespettatori, che gli tributano un gradimento altissimo nei sondaggi, dimentichi dei problemi concreti che devono affrontare quotidianamente.

L’ultima significativa boutade veltroniana su Berlusconi è il paragone fra questo ultimo e il leader russo Vladimir Putin – un vero “duro”, come abbiamo avuto modo di notare in questi ultimi tempi – con annessa denuncia di una presunta deriva autoritaria del governo targato PdL e Lega.

Indubbiamente Berlusconi, a causa della sua evidente e sfrenata megalomania, vorrebbe poter quantomeno eguagliare sul piano della popolarità e della risonanza internazionale personaggi come Vladimir Vladimirovič Putin, od anche come il franco-ungherese Nicolas Paul Stéphane Sarkozy de Nagy-Bocsa, dal nome chilometrico e dalla vita privata movimentata, come ha dato ampiamente prova in passato il nostro Imprenditore Presidente [un tempo del Milan e oggi del consiglio dei ministri], paragonandosi niente di meno che ad Alcide De Gasperi, o autodefinendosi pubblicamente “miracolo che cammina” …

Purtroppo, le cose non stanno esattamente così e la sua “spalla” preferita, nel teatrino della miseranda politica italiana, ha decisamente fatto un buco nell’acqua, proponendo un simile e azzardato paragone.

Se prescindiamo dal fatto che il giudizio negativo su Putin, di riflesso dato da Veltroni nel paragonare a lui il Cavaliere, cela appena una mai sopita pulsione americanista, non possiamo non notare che Berlusconi – amico dichiarato di Putin, ma più che per ragioni di natura “affettiva”, di naturale simpateticità, per impellenti bisogni energetici nazionali, è da credere – è contemporaneamente amico fraterno di Bush e mai si è sognato di mettere in discussione l’appartenenza dell’Italia al campo occidentale o di assumere comportamenti in odor di “insubordinazione”, nei confronti del Nuovo Ordine Mondiale.

Ricordiamo tutti i week-end passati dal Presidente del Consiglio, alcuni anni fa, sia nel ranch di Bush, facendosi mettere da questo ultimo un cappello da cow boy in testa e ricevendo una bella pacca sulla spalla, sia nella Dacia di Putin, a trenta sottozero e il riscaldamento che funzionava male, con tanto di colbacco in testa, pelliccia siberiana e sorrisi davanti alla macchina fotografica.

Dato che con queste osservazioni siamo passati decisamente sul terreno minato della politica estera, coltivata da Berlusconi in modo personalistico e attraverso l’elegante presenza da bravo [ex] ragazzo del titolare del dicastero degli esteri, Franco Frattini, a parziale discolpa dell’eclettico Premier dobbiamo rilevare quanto segue.

L'Italia, come e forse più del resto dell'Europa occidentale e centro-orientale, è in posizione subordinata rispetto agli Stati Uniti d’America, da un lato, e subisce i continui diktat dell’Unione Europea e della BCE, organi “locali” della mondializzazione economica ed espressione degli interessi dei vertici della “classe globale”, che hanno messo definitivamente la “camicia di forza” al sistema economico e produttivo nazionale.

Oltre ai vincoli U.E. e U.E.M., che si sono rivelati vere e proprie catene, il rapporto di dipendenza, ormai storico, dagli americani risulta rafforzato e approfondito dall’appartenenza all’Alleanza Nord Atlantica, fino ad imporre la partecipazione a missioni di pace internazionali che si sono rivelate, nella realtà, fallimentari iniziative belliche.

In tale contesto di vincoli, e data anche la debolezza economica italiana insorta in questo ultimo decennio, ormai endemica purtroppo, non ci si deve aspettare da Berlusconi un “atto di coraggio” –  quel coraggio che il telegenico miliardario ultra settantenne in realtà non ha ... – in vista dell'acquisizione della sovranità territoriale, ad esempio, e men che meno azioni simili a quelle compiute da un Chavez o da Putin stesso in tempi recenti.

L’unica cosa che Berlusconi ha fatto, durante la crisi georgiana, è stata quella di barcamenarsi fra i due contendenti – USA e Federazione Russa, probabili protagonisti nel prossimo futuro di un nuovo e insidioso bipolarismo – in modo tale da mantenere buoni rapporti con la Russia di Putin, data la dipendenza energetica italiana dall’esterno e qualche “affare” commercial-industriale in corso con Mosca, e in modo tale da non irritare troppo l’amministrazione Bush.

Ciò spiega le azioni diplomatiche, decisamente patetiche, del ministro degli esteri Frattini, paciere a tutto campo con l’impronta dell’equidistanza, condiscendente con tutti, il quale ha anche proposto una non meglio precisata conferenza di pace in Italia, a Roma, poi non concretizzatasi nonostante le “pacche sulla spalla” ricevute da Mosca, al fine di dirimere, con l’uso dello strumento diplomatico e con la mediazione italiana, quella disputa fra Russia e Georgia che era, in realtà, un confronto [pur indiretto] fra USA e Federazione Russa.

Questo governo da operetta è costretto perciò, a partire dal suo “patron” Silvio Berlusconi e dall’azzimato titolare del dicastero degli esteri, a mantenere buoni rapporti con i russi di Putin – ma niente di più, ben inteso, data l’appartenenza al “campo occidentale” e l’ormai endemica debolezza italiana che non consente cambiamenti – e, nel contempo, a non contrariare Washington, qualsiasi sia l’amministrazione federale in carica e tanto più se aggressiva come quella che spende il nome di G. W. Bush.

Quando si è deboli, come nel caso dell’Italia, ci si deve barcamenare fra i rimbrotti del Vice Presidente USA Richard Bruce "Dick" Cheney, che vuole che si limiti la dipendenza energetica italiana dalla Russia e le possibili, future minacce, da parte di Mosca, di un taglio nei rifornimenti di gas.

Un compito non facile, dunque, quasi quanto quello del goldoniano Arlecchin servitore di due padroni che cercava di sopravvivere, e di mangiare a sazietà, in piena stagione della commedia dell’arte, barcamenandosi fra due potenti …

E’ quindi ampiamente dimostrato che Berlusconi non è paragonabile a Putin, come mostra di credere il democratico di ultima Veltroni, né tanto meno a Hitler, a Mussolini, o anche soltanto al generale argentino Videla, né ad altri storici e minacciosi personaggi riesumati dai libri di storia, come invece si sono divertiti a dichiarare a ruota libera alcuni V.I.P., fra i quali spicca l’incontenibile Di Pietro, ma bensì al povero, nostrano e divertente Arlecchin "batocio", costretto ad essere servitore di due padroni … ed anche più di due fra i quali barcamenarsi, se in futuro ciò diverrà necessario.