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I liberisti che brutte creature…

di miro renzaglia - 06/10/2008

 

I liberali, che non sono tutti usurai, dovrebbero spiegarci come mai gli usurai sono tutti liberali
Ezra Pound

Parafrasando una vecchia canzone di Francesco De Gregori che parlava a s-proposito dei poeti, mi viene da dire, invece: i liberisti che brutte creature, ogni volta che parlano è una truffa…

I liberisti sono incredibili. Dove per “incredibili” intendo proprio la lettera: NON credibili. In verità, credibili non lo sono mai stati e, quindi, non è questa la novità. Da sempre ci hanno obbligati a credere che il massimo delle libertà è quella che lo stato deve lasciare loro di agire sul mercato. Laissez faire è da sempre il loro credo, il dogma e anche la pretesa che tale formula sia rispettata sempre e a prescindere. E se Qualcuno, in anni andati, si è azzardato a dire: «Cos’è questo liberismo? Se qualcuno pensa che per essere perfetti liberali bisogna lasciare a qualche centinaio di fanatici, di canaglie, di incoscienti la libertà di rovinare quaranta milioni di italiani, io mi rifiuto energicamente di concedere questa libertà…», agendo poi di conseguenza, ebbene, a quel Qualcuno i “pronipoti di sua maestà il denaro” (Franco Battiato) hanno trovato modo di farla pagare assai cara… E a tutti noi, con Lui…

Le vicende di questi giorni, con riferimento alla più grande crisi del capitalismo moderno, più grave anche di quella che già fu tanto nefasta del 1929, dalla quale, per uscirne definitivamente, dovettero, lor signori liberisti, scatenare la Seconda guerra mondiale (e, se tanto mi dà tanto, non oso immaginare che s’inventeranno stavolta…) sta lì a dimostrare tutta la loro incredibilità… Lo stato fuori dall’economia? Certo, ma solo fino a quando loro traggono profitto dalle speculazioni finanziarie alle quali si dedicano da sempre con ostinata pervicacia… A loro non spaventa che qualche azienda vada in malora. Anzi, la malora di questa o quella azienda con annessa malora di chi ci lavora, per loro è una manna… Prendete il caso Alitalia. Quando, prima delle ultime elezioni, Berlusconi prospettò l’ipotesi di un salvataggio della Compagnia di bandiera italiana, ricorrendo alle casse del Tesoro dello Stato,  l’immarcescibile signor Trichet, dai vertici del grattacielo della Banca centrale europea, fece immediatamente sentire la voce del padrone: un intervento dello stato nell’economia è fuori dalle regole di mercato. Quindi: nisba… Meglio creare una bella cordata di imprenditori privati che si comprano a prezzi stracciati la parte sana della compagnia, lasciando allo stato, cioè a carico del contribuente italiano, solo il debito della bad company… Poi, a rivendere la compagnia sana, e a specularci sopra, ci penseranno come sempre le banche e i loro prestanome… Geniale!

Laissez faire, appunto - come dicevo - quando la crisi riguarda le strutture e le infrastrutture produttive… Ma quando la crisi arriva alle centrali operative delle loro speculazioni, vale a dire le banche stesse? Eh, beh… Allora, lo stato DEVE entrare per forza nell’economia: è un suo dovere, un suo imprescindibile dovere farsi carico dei crac che operazioni di una spericolatezza irragionevole - tipo quella dei mutui subprime all’origine dell’attuale dissesto - hanno provocato…

Così, ecco, il Congresso americano, patria già invitta del liberismo totale, approvare una legge salva banche da 850 miliardi di dollari. Cosa che del resto ha avuto i suoi immediati emuli in Europa, dove i governi di Germania, Belgio e Olanda hanno dovuto aprire le casse del Tesoro per soccorrere istituti di credito fortemente compromessi, e complici, nelle stesse operazioni delle consorelle ultraoceaniche. E, come per un pelo, non è accaduto qui da noi per la Unicredit che, al momento, sembra, in autosalvataggio (ma domani è un altro giorno e si vedrà…).

Ora, uno, dati precedenti rigorosamente prescritti da monsieur Jean-Claude Trichet alla mano, si aspetterebbe dal medesimo una secca reprimenda degli operati di quei governi europei, per di più membri effettivi della Ue, che si sono, obtorto collo, fatti carico dei dissesti di alcune banche private… Invece, che ti fa? Parole sue: «In questo contesto, la Bce giudica appropriato ed estremamente importante che i governi abbiano fatto la propria parte - ha detto Trichet - in riferimento ai recenti interventi di alcuni governi per salvare banche sull’orlo del fallimento». Capito la morale? Lo stato deve stare fuori gioco quando gli intrallazzi bancari procurano profitti e super profitti a “qualche centinaio di fanatici di canaglie di incoscienti” ma se, invece, interviene quando i medesimi “fanatici incoscienti e canaglie” rischiano di fallire, il suo (dello stato…) intervento è, giusto, legittimo, sacrosanto e doveroso. “Molto importante ed appropriato”, appunto…

Ma appropriato per chi? Guardiamo un attimo gli esiti immediati del soccorso del Governo americano alle sue banche. Intervento che - come abbiamo visto - è costato la bazzecola di 850 miliardi di dollari. Tutte le borse del mondo hanno tirato un forte sospiro di sollievo per l’immissione di liquidità: “- Londra +2,26% - Parigi +2,96% - Francoforte +2,41% - Madrid +3,78% - Milano +2,59% - Amsterdam +3,99% - Stoccolma +2,46% - Zurigo +2,21% - Mosca -5,28% - Wall Street +1,21% (in corso) - San Paolo +0,29% . (ANSA, 3 ottobre).”

Gioverà, a questo punto, ricordare che le borse sono quei luoghi ameni dove si gioca, come in un casinò, cercando la scommessa giusta per far saltare il banco… A volte, proprio come nei casinò, ci capitano anche i gonzi che, convinti di scommettere sul sicuro, investono in azioni la loro liquidazione pensionistica o il risparmiuccio di una vita (e se ci rimettono le penne sono solo ed esclusivamente cazzi loro…!). Ma, in genere, a giocarci ci vanno i magnati della finanza alla George Soros che, qualche decennio fa, riuscì a mettere in ginocchio, proprio con una scommessa in borsa azzeccata, perfino la Banca d’Inghilterra, arricchendosi di uno sproposito… In questo gioco, la legge è una sola: se si vince, vince solo chi ha puntato sul mercato giusto, se, invece, chi punta perde, perdiamo tutti.

E, infatti… Mentre le borse tirano un sospiro di sollievo, le famiglie, oggi quelle americane domani si vedrà, registrano il deprezzamento dei loro immobili, se riescono ancora a pagare il mutuo, sennò vanno direttamente a vivere nelle tendopoli che crescono come funghi nelle periferie delle grandi città; assistono ai rincari senza fine delle bollette energetiche e del carburante e vanno in disoccupazione (+ 6,1 %). E in Italia, così, tanto per gradire l’aperitivo avvelenato, a fronte di un tasso d’interesse del 4,25 % stabilito dalla Bce, i mutui reali concessi dalle Banche Bassotti, sono schizzati tra il 5,84 e il 6,61 per cento. Con il bel risultato che, oggi, i mutui contratti a tasso variabile costano più di quelli a tasso fisso…  E nuove crisi sono dietro l’angolo (americano ma, di nuovo, non solo…): come quello delle carte di credito revolving, forse ancora più devastanti dei mutui subprime… Eh! che volete farci? Sono le giorie del capitalismo…

Dunque, ripeto la domanda: gli interventi di soccorso statale ai giganti del credito a usura (leggasi banche) sull’orlo e oltre l’orlo del fallimento, giudicati da monsieur Trichet “appropriati ed importanti”, sono appropriati ed importanti per chi? Fossero sinceri e, quindi, credibili, ammetterebbero che questo sistema, dove si privatizzano i profitti e si pubblicizzano le perdite è, per dirlo con le parole dell’economista Nouriel Roubini: “socialismo per i ricchi”. Una fregatura, insomma… L’ennesima… Forse, l’ultima…

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