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Carbone per l'Africa?

di Marinella Correggia - 08/10/2008


 

L'Africa Sub-sahariana è spenta, dal punto di vista dell'energia elettrica. Solo due abitanti su dieci vi hanno accesso, e secondo un recente rapporto del Regional Economic Outlook for Sub-Saharan African (del Fondo monetario internazionale), solo nel 2007 quasi due terzi dei paesi della regione hanno avuto a che fare con una crisi energetica acuta, caratterizzata da frequenti e prolungati black-out.
Come accendere la luce, e i frigoriferi, e servizi importanti per migliorare le condizioni di vita e ridurre la fatica, in Africa? Certo, ci sarebbe l'energia idroelettrica. Di dighe ce n'è abbastanza, in Africa. Ma oltre ai danni ecologici e sociali di cui si sono rese colpevoli gli impianti più grandi, l'idroelettrico non è considerato in grado di tenere il passo del rapido aumento della popolazione e della crescita attesa della domanda elettrica (il 70 per cento della quale crescita avverrà nel Sud del mondo, e anche l'Africa farà la sua parte). Oltretutto, le frequenti siccità ne decurtano la potenza. E sempre più l'acqua servirà anche per l'aricoltura.
Per la produzione di energia elettrica esistono numerose altre fonti: il petrolio, il gas, l'energia solare; ma nel giudizio di molti - come riporta un articolo dell'organo di informazione alternativo Alternet: http://www.other-net.info/index.php) gli impianti necessari costano troppo. Già: finché le risorse finanziarie disponibili al mondo saranno messe negli armamenti e nel salvataggio delle borse, nessuno o pochi sosterranno il solare in Africa...
C'è dunque chi propone di ricorrere alla più abbondante (ancora per decenni e decenni) ed economica delle fonti fossili: il carbone. L'Africa avrebbe riserve di carbone per 50 miliardi di tonnellate, degli 850 miliardi di tonnellate mondiali. Il carbone è visto come combustibile fossile d'elezione - obtorto collo - nello sviluppo economico di paesi come Cina e India. Se anche in molti paesi «sviluppati» è una quota importante nella produzione di energia elettrica, è scontato che i paesi in via di sviluppo esplorino le proprie abbondanti risorse carbonifere. L'Africa, è da prevedersi, userà il carbone anche, ad esempio per la produzione di cemento e acciaio: l'alternativa della legna contribuisce alla deforestazione. Inoltre c'è una domanda significativa di mattoncini di carbone per la cottura dei cibi e altri usi domestici.
L'articolo citato minimizza l'impatto ambientale di questa nera filiera energetica. Sostiene che il carbone, risorsa sì abbondante ma finita, deve essere estratto con maggiore efficienza e che poi bisogna mitigare l'impatto degli impianti, facendo ricorso al 'carbone pulito', cioè a moderne tecnologie che appaiono meno impattanti.
Queste finora in Africa non sono arrivate; ci arriveranno? Oltretutto la «pulizia» del «nuovo carbone» è contestata con veemenza anche nei paesi ricchi. Le cosiddette «tecniche di cattura e stoccaggio» del carbonio per evitare le emissioni di CO2 sono ancora di là dall'avvenire mentre l'effetto serra va combattuto nei prossimi 10-20 anni.
Potremmo dire che l'Africa ha finora avuto così poche responsabilità climatiche da potersene permettere un po'...Ma il caos climatico ricade prima di tutto su quel continente, sulla sua agricoltura, sul suo regime delle piogge. E poi l'estrazione stessa del carbone ha effetti distruttivi sull'ambiente: le miniere livellano la topografia di intere regioni, inquinano le falde, ammazzano minatori. «Ricorrere al carbone come importante fonte energetica sarebbe un grosso passo indietro nella storia del progresso umano», si legge nel saggio Collasso, di Howard Kunstler.