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Il Formaggio? Me lo faccio da me!

di Laura Mazzolini - 15/10/2008


 


Trash food, fast food, junk food: per dire no alla spazzatura nel piatto basta ricominciare a prodursi il cibo da soli. Più semplice a farsi che a dirsi: proviamo con il formaggio

Come nasce un libro che insegna come fare da sé, direttamente in casa propria, il pane, il formaggio e il vino? Innanzitutto dalla consapevolezza che il supermercato non è l’unica possibilità e che l’autoproduzione assicura la qualità dei cibi – a tutto vantaggio della salute e del portafogli –, senza dimenticare la riscoperta delle antiche tradizioni familiari e casalinghe, che nella nostra quotidianità frettolosa e “mordi e fuggi” stanno scomparendo. Riscoprire e rivalutare una tradizione di autosufficienza alimentare diffusa nelle culture contadine sino a cinquant’anni è molto più facile di quanto si possa pensare.
Chi non ha mai pensato, almeno una volta nella vita, che farsi il pane in casa sarebbe stato facile e salutare? E chi non apprezzerebbe del buon formaggio casalingo e un bicchiere di vino genuino? Eppure quanti si prendono la briga di farle davvero, queste cose?
Preparare da sé e in casa propria gli alimenti è davvero semplice: basta una minima strumentazione, qualche accorgimento pratico, e il coinvolgimento di familiari e amici. Chi ha avuto la fortuna di vivere questa esperienza da bambino – grazie alla sapienza di un nonno o di una nonna di tradizioni contadine – e si ricorda ancora il profumo del pane che cuoce nel forno, sa a cosa mi riferisco.
Il libro di Valerio Pignatta Pane Formaggio e Vino (BIS, 2008) raccoglie suggerimenti salutistici e gastronomici allo stesso tempo: ricette per il pane (da quella base a quella del pane a pasta acida, con lievito di birra, pane azzimo); ricette per fare il formaggio (con cagli di tipo differente e alcune ricette tipiche regionali); e, per finire, una panoramica sulla produzione del vino casalingo biologico con consigli per il reperimento dell’uva, la pigiatura e le altre fasi della vinificazione, sino all’imbottigliamento.

Perché fare il formaggio in casa?
In Italia i formaggi genuini non mancano e le varietà regionali sono tante e, soprattutto nel sud Italia, i formaggi tipici sono ancora prodotti come centinaia di anni fa. Ma spesso in città e in altre zone, sono difficili da reperire e per il nostro consumo casalingo ci riforniamo nei supermercati.
«I formaggi migliori sono da ricercarsi tra quelli a pasta semi-dura o dura – scrive Valerio Pignatta – perché è più difficile che un’azienda investa il tanto denaro necessario per le diverse fasi di lavorazione e i tempi morti di attesa per la stagionatura per ottenere, alla fine, un prodotto scadente.
I formaggi industriali (creme, fiocchi, formaggi da spalmare ecc.) sono assolutamente da evitare. Generalmente essi contengono svariati tipi di sostanze non salutari come acido sorbico, sorbati, alginato o sorbato di sodio e numerosi altri coloranti e conservanti (sono scritti in minuscolo sull’etichetta). Anche quelli con odore di ammoniaca sono da evitare, perché questo comprova la presenza di additivi o di processi di degenerazione proteica.
Un appunto particolare, infine, va fatto sui cosiddetti “formaggini”. Questi sono “alimenti” ottenuti fondendo assieme diversi formaggi di scarto o provenienti da resti di lavorazioni andate a male, a cui vengono addizionati sali citrati e polifosfati. La composta così ottenuta viene poi sterilizzata per alcuni minuti a 120-140 gradi e resa conservabile con l’aggiunta dell’antibiotico nisina o di sorbato di potassio.
Oltre alla possibilità di trovarvi anche residui di metalli pesanti, molto nocivi per la salute, i polifosfati presenti in questi “formaggi” determinano un fenomeno che è quanto meno interessante rilevare, data la sua assurdità: la presenza di queste sostanze impedisce l’assimilazione del calcio. Di conseguenza, le categorie sociali che maggiormente ricorrono al consumo di questi preparati industriali, bambini e anziani, e che maggiormente avrebbero bisogno di minerali di calcio, ne vengono in verità privati proprio dal loro utilizzo. L’uso abituale di questi “formaggi” può compromettere un sano processo di calcificazione ossea nei bambini, o aggravare condizioni già esistenti di insufficiente assimilazione di calcio (fragilità ossea tipica dell’età avanzata) negli anziani. Questi alimenti sono dunque decisamente da rifuggire. Molto meglio un buon pezzo di formaggio con del pane integrale e una buona dose di verdure.
In conclusione, quel cibo altamente nutritivo che è il formaggio dovrebbe essere l’unica proteina del pasto e non essere svalutato a mero complemento del piatto di carne o a semplice aggiunta golosa».

La ricetta
Un formaggio fresco con il limone come caglio

Si può avere una buona formaggella fresca usando il limone come coagulante. Per ogni litro di latte intero ci vuole il succo di un limone. Portare quindi la quantità voluta di latte a ebollizione. Versarvi il succo del limone necessario e mescolare velocemente con un cucchiaio di legno. Si formerà quasi subito la cagliata e la fiamma andrà immediatamente abbassata per qualche minuto e poi spenta. Filtrare con un colino la massa coagulata e riporre in un piatto il formaggio così ottenuto. Aggiungere sale a piacere. Si conserva a temperatura ambiente ed è immediatamente consumabile.


Segnalazioni librarie:


Valerio Pignatta,
Pane, Formaggio e Vino
Pane, Formaggio e Vino insegna come riscoprire e rivalutare una tradizione di autosufficienza alimentare diffusa nelle culture contadine sino a cinquant’anni fa e di facile recupero. Ecco un manuale per ritrovarsi insieme intorno a un’attività ricreativa, divertente, economica e...
 
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Il seguente articolo è tratto dalla rivista Consapevole 16.