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Le banche non si precipitano allo sportello pubblico

di Bertille Bayart - 15/10/2008

 

 

Temendo che un ricorso all’assegnazione di 40 miliardi di euro da parte dello Stato venga interpretato come un segno di debolezza, gli istituti di credito prendono tempo.

 

Dagli Stati Uniti alla Francia passando per il Regno Unito o la Germania, si assiste da alcuni giorni allo spettacolo paradossale di banchieri che, nello stesso tempo, applaudono ai massicci piani di sostegno dei loro rispettivi governi e garantiscono che non ne hanno bisogno. A Parigi, il Parlamento ha esaminato ieri con urgenza un testo di legge consacrato il piano francese, senza sapere esattamente che uso gli istituti creditizi dell’Hexagone ne faranno. Il dispositivo che mira ad offrire la garanzia dello Stato sulle emissioni del debito a breve termine delle banche sarà usato a pieno. Le riunioni tecniche destinate ad inquadrare il funzionamento di questo strumento si succedono allo scopo di renderlo operativo al più tardi tra tre settimane. Le banche francesi potranno fare richiesta, mediante remunerazione, per accedere ad un volume di liquidità che potrà raggiungere i 320 miliardi di euro. La garanzia dello Stato interviene per convincere gli investitori che dispongono di cash da mettere sul mercato, oggi disertato.

 

Sdrammatizzare la situazione

 

Il secondo strumento utilizzato dallo Stato esiste già. Si tratta della Società di assunzioni delle partecipazioni dello Stato (SPPE), che ha già salvato Dexia.

Fin dal voto del Parlamento, la SPPE potrà anche sottoscrivere titoli subordinati o azioni preferenziali emessi dalle banche. E’ prevista una spesa di 40 miliardi di euro. Lunedì, il ministro dell’Economia Christine Lagarde aveva indicato che “sarebbe stata stupita se enti creditizi francesi non si fossero presentati„ alla cassa.

Allo stesso momento, il Direttore generale di Société générale Frédéric Oudéa spiegava a Le Figaro che la sua banca non ne aveva “bisogno„. Avendo dichiarato lunedì che, “pragmatico„, essa non escludeva di esaminare una possibilità che gli era stata offerta, BNP Paribas ieri ha rettificato il tiro per riassicurare i suoi azionisti: essa non ha alcuna necessità di aumenti di capitale„. Il Crédit agricole “non esclude„ di venire battere cassa “nel quadro della sua gestione corrente„. Le banche francesi sembrano interessate, prima di uscire dal tracciato, di evitare alcune amalgamazioni. La loro situazione non è né quella degli Stati Uniti, né quella della Gran Bretagna dove, effettivamente, il credito alle famiglie è stato eccessivamente esteso. Di qui l'inutilità di voler portare le banche francesi agli stessi standard di solvibilità. Christine Lagarde aveva affermato lunedì che la loro competitività spingerebbe le banche francesi a ricercare un ratio del 9%, simile a quello dei loro omologhi britannici. Una cifra “puramente indicativa„, aveva in seguito corretto Bercy mentre i banchieri si strangolavano. Per comparare i ratio, “occorrerebbe innanzitutto che in Europa ci fosse la stessa definizione dei capitali che servono al suo calcolo„, glissava ieri Giorgio Pauget, Direttore generale di Crédit agricole e presidente della Federazione bancaria francese. Un'altra confusione sarebbe di assimilare “i quasi-equity„ che lo Stato si propone di portare alle banche con un aumento di capitale diluitivo per gli azionisti esistenti. Giorgio Pauget precisa che il ricorso alla SPPE avrà luogo, ma piuttosto nel quadro di operazioni classiche di rifinanziamento: se un gruppo vede arrivare a scadenza un debito subordinato, integrato nel calcolo della sua solvibilità, e che il mercato  non è in grado di sottoscrivere con una nuova operazione, lo Stato francese sarà una rete di sicurezza. Sdrammatizzando la situazione, Giorgio Pauget mette in guardia contro qualsiasi equiparazione tra tali operazioni e salvataggi d'emergenza che il governo si è detto pronto ad effettuare, come ha fatto per Dexia. In questo caso, c’è un capitale che apre il diritto ai dividendi, diritti di voto e di controllo dell'amministrazione e della gestione, di cui stiamo parlando. E ciò cambia tutto.

 

– Le Figaro, trad. G.P.