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La Rete come il “Grande Animale” platonico?

di Carlo Gambescia - 17/10/2008


Sì, la la Rete ci ricorda quel “grande animale” teorizzato da Platone. Lo spunto proviene da Augusto Del Noce, che a sua volta parafrasava Simone Weil. Che “lungo giro”, eh… (A. Del Noce, Simone Weil e la città d’oggi (1968) cit, ora in Idem, Filosofi dell’esistenza e della libertà, a cura di F. Mercadante e B.Casadei, Giuffrè Editore 1992, p. 290. E ci scusiamo in anticipo per la pedanteria delle citazioni).
Sia Del Noce che la Weil si riferivano al rapporto tra sociologia e società. Ci spieghiamo meglio. Che cos’è il sapere sociale? Se il sapere sociale - rispondevano i due filosofi - è lo studio del grande animale platonico, ovvero della società, la sociologia può dare un suo contributo descrivendone “minuziosamente, l’anatomia, la fisiologia, i riflessi naturali e condizionati”. Ma a quale condizione?
Può farlo - si concludeva - a patto che il sociologo non continui “dopo” a guardare la realtà con gli occhi del grande animale. A condizione, insomma, che l’individuo umano non sia inteso come
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“un’astrazione che ha realtà soltanto nel grande animale giacché questa, invece, è la posizione del sociologismo che sta alla sociologia come lo scientismo sta alla scienza” (Ibid.)
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Ciò significa, sviluppando le tesi delnociane, che il sapere sociale resterà prigioniero del sociologismo se restera fermo all' insegnamento solo delle "opinioni e gli appetiti" del grande animale, dando per scontata la sostituzione del pensiero rigidamente scientifico a quello filosofico e argomentativo - chiamando, come scrive Platone,
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“buono ciò che lo rallegra, cattivo ciò che lo affligge; e non avesse altra giustificazione per tali nomi che quella di chiamare giuste e belle le cose necessarie, senza però aver veduto e senza riuscire a mostrare ad altri quanto realmente differisca la natura del necessario da quella del bene”. (Platone, La Repubblica, VI, 493c. Nell’Edizione Laterza da noi utilizzata (Roma-Bari 1978), il traduttore Franco Sartori ha volto questa suggestiva immagine platonica con “vigoroso bestione”, Per il passo della Weil, citato da Del Noce, si veda ora S. Weil, La prima radice, Leonardo Milano, p. 250, dove l’immagine platonica è resa invece con “grande animale”).
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E ora torniamo al punto (dolente). Se la Rete è una specie di “grande animale" platonico, quale sarà il compito dei blogger, più avvertiti, per così dire, sotto l’aspetto sociologico, quello di titillare il “Grande Animale Rete” chiamando "buono ciò che lo rallegra, cattivo ciò che lo affligge”? Parlando esclusivamente delle le opinioni e degli appetiti, anche i più futili, del "Grande Animale Rete"? Magari per compiacere i commentatori e così soddisfare il sottofondo "gregario" del proprio narcisismo… Oppure, di “metterlo a dieta di opinione e appetiti”, sfidando il conformismo di Rete. E far così ragionare i propri interlocutori, trattandoli non come individui prigionieri di passioni incontrollate, ma come persone - ecco il punto - che devono imparare a distinguere tra la natura del necessario e quella del bene. Attenzione di un bene che può essere relativizzato, da chiunque rifiuti gli "assoluti", ma tenendo ben ferma la sua distinzione da ciò che è necessario... Sulla base, “anche” di una sapere sociale che non sia sociologistico, ma sociologico.
Anche perché la vera democrazia, di cui si parla molto in Rete, forse troppo e spesso a sproposito - e qui mi piace citare, un liberale realista, dal volto umano, Luigi Einaudi, si fonda sull’idea che per deliberare (decidere) si debba prima conoscere (Conoscere per deliberare, in L. Einaudi, Prediche inutili, Einaudi, Torino 1959 (pp. 1-12).
E che conoscenza democratica è quella che consiste nel vellicare gli istinti peggiori del “Grande Animale Rete”? Dando, magari, demagogicamente ragione alle idee più stupide e astruse o favorendo inutili dibattiti ad infinitum, in nome di un'idea di partecipazione "totale" puramente utopistica...