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Democrazia criminale

di Eugenio Orso - 20/10/2008

 

 

 

In questa città la vita sembra essere del tutto impossibile

Aristotele, Politica

 

Se la democrazia non rappresenta la degenerazione di alcun sistema politico esistito in precedenza, come storicamente affermato dai sostenitori di questa forma di governo, ci è però ben chiaro che molti sono i rischi degenerativi del sistema democratico, alcuni dei quali ampiamente manifestatisi nella storia umana, come ad esempio la pericolosa deriva demagogica, nonché la presenza invasiva, nei centri decisionali e di potere, di un’autentica cleptocrazia, dedita allo sfruttamento personale e al vero e proprio saccheggio delle risorse pubbliche, oppure in generale la presenza di potenti oligarchie che pilotano e, anzi, creano il consenso, sfruttando a loro favore il meccanismo della rappresentanza e il principio di maggioranza, in modo da orientare le scelte politiche e gli atti di governo in senso favorevole ai loro interessi.

Molte sono le varianti e le sfumature che differenziano le possibili degenerazioni del governo democratico delle società umane, alcune delle quali hanno trovato e trovano manifestazione concreta anche – per non dire soprattutto – nel nostro paese.

Il nostro paese può ben essere considerato, come suggeriscono la stessa esperienza quotidiana di ciascuno di noi e una normale conoscenza della storia più recente, l’anello debole fra tutti i maggiori paesi occidentali in cui la moderna democrazia rappresentativa e liberale si è da lungo tempo affermata, al punto da non poter essere messa neppure in discussione.

In Italia, quindi, le degenerazioni della democrazia risultano più palesi che altrove e più profondo e drammatico è il loro impatto negativo sulla gestione del potere e delle risorse pubbliche, come del resto evidenti sono gli effetti diseducativi e alla lunga disgreganti nella stessa società civile.

Accanto alla presenza di una cleptocrazia rapace, attaccata ai propri ingiusti privilegi e ai propri benefit – ben rappresentata da parte significativa del così detto ceto politico che di recente è stato ribattezzato “casta”, grazie alla diffusione di un vendutissimo libro – accanto al dominio di un’oligarchia privata, internazionalizzatasi nell’epoca della mondializzazione economica, che spesso manovra dal remoto, attraverso il ceto politico nazionale a lei subordinato, le politiche economiche, finanziarie e sociali, accanto alle manipolazioni mediatiche del consenso che ormai rappresentano la regola e alla demagogia evidente nelle soluzioni politiche proposte ai problemi, le quali sempre più spesso non trovano e non possono trovare realizzazione concreta, da tempo scontiamo il dramma di un’incertezza del diritto che è reale e non percepita, della conseguente e di fatto mancata applicazione delle sanzioni, dell’impunità concessa ai criminali a tutti i livelli, dei malfunzionamenti dell’apparato giudiziario e della magistratura, fin al progressivo blocco dei processi che “non contano” e non assicurano avanzamenti di carriera, nonché dell’inadeguatezza crescente delle forze dell’ordine, pur numerose, non in grado di garantire effettiva tutela a ciò che resta della “parte sana” del paese, le quali contribuiscono, perciò, in pari misura assieme al livello politico e al potere giudiziario, al progressivo abbandono di intere porzioni del territorio nazionale alla mercé della criminalità organizzata e comune.

Questa ultima stortura, prodottasi all’interno del sistema democratico, sembra essere in primo luogo una peculiarità italiana di cui non ci si può certo vantare e la degenerazione ultima – forse la più grave – di questa forma di governo, offrendoci l’immagine fallimentare di un sistema di potere che si cura sempre meno della tutela dei diritti, degli interessi e della stessa sicurezza e incolumità personale della grande maggioranza della popolazione.

Per tale via, la perdita di credibilità dello stato diventa un dato incontrovertibile che non solo allontana dalla politica democratica strati sempre più ampi di popolazione, sopraffatti dalla delusione, dalla sfiducia crescente se non da un profondo disgusto, ma anche il principale fattore diseducativo e dissolutivo nei confronti della società tutta, a partire dalle generazioni più giovani e quindi più vulnerabili davanti ai cattivi esempi.

L’ormai annosa storia del declino della legalità all’interno del sistema democratico italiano ha subito una forte accelerazione, a parere dello scrivente, nel periodo immediatamente successivo a Tangentopoli, cioè quella discussa ”stagione giudiziaria” che si è sviluppata sostanzialmente nel biennio 1992 – 1993 attraverso l’indagine nota come Mani Pulite, in cui alcuni si sono illusi di poter fare definitivamente pulizia, di recidere i legami fra la politica corruttibile e corruttrice, senza più principi e ideali ed il sistema produttivo coinvolto anch’egli in questo progressivo scadimento.

Come reazione alle inchieste, che si estesero ben al di là dei confini della politica, investendo anche la stessa magistratura, le fiamme gialle e i livelli di comando dell’industria, c’è stata la riscossa della politica degenere, pur sotto nuove bandiere e con nuovi simboli e fin dal famigerato “decreto Biondi” del 1994, che nelle inchieste della magistratura aveva visto sacrificati soltanto i suoi livelli più alti e più esposti, e poi le battaglie per il “garantismo” giuridico, spacciato come apice della civiltà e della tutela dei diritti individuali, ma in realtà funzionale a garantire l’impunità futura in primo luogo del ceto politico, come anche dei grandi “manager” coinvolti in truffe, corruzione e scandali, fino a giungere agli inizi del terzo millennio, in cui la depenalizzazione di molti reati “amministrativi” fatti passare per delle inezie, fra i quali il celebre falso in bilancio, la riduzione delle sanzioni per certi reati penali, anche gravi, l’abuso della pratica diffusa della libertà vigilata e degli arresti domiciliari, con scarsi e inefficienti controlli, e l’oscenità dell’indulto concesso per svuotare le carceri rappresentano cose fatte e ben note.

Così, per salvare presidenti del consiglio in difficoltà dal punto di vista giudiziario, per mettere al riparo da “disavventure” processuali gli alti livelli della politica democratica, per attenuare le pene comminate al Callisto Tanzi di turno, che ha contribuito alla rovina di centinaia di migliaia di risparmiatori, per consentire ancora al sistema bancario di truffare con titoli-spazzatura le famiglie italiane, si è varata una “stagione garantista”, caratterizzata dall’indebolimento dei controlli e dall’incertezza della pena, che assieme all’inefficienza della magistratura e al prevalere dei falsi poliziotti nelle questure e nei commissariati, ha permesso di “liberalizzare” il crimine, la corruzione e la truffa, la prevaricazione e l’abuso, l’uso e la diffusione della droga, sdoganando il malaffare a tutti i livelli, con evidenti benefici anche per quella criminalità organizzata che oggi è una potenza finanziaria paragonabile ad una multinazionale di tutto rispetto, e per la stessa criminalità comune, la quale ultima sempre più spesso incontriamo per strada o sotto casa …

Particolarmente nefasta è stata in questi anni, e lo è tutt’ora, l’azione degli alfieri più fanatici del “garantismo” e della protezione giuridica di criminali, ladri e delinquenti di ogni schiatta e provenienza, cioè dei radicali di Bonino e Pannella, ai quali sempre più spesso si sono accodati, negli ultimi tempi, verdi e rifondaroli, fra i più strenui difensori dell’indulto concesso da Prodi e Mastella, ed altrettanto negativa è stata la recente decisione dell’attuale maggioranza di governo di concedere l’immunità alle più alte cariche dello stato.

Così, ci ricordiamo che intere porzioni del territorio campano sono da tempo abbandonate alla sovranità della camorra, con almeno un quarto della popolazione che ha precedenti penali e quasi un cinquanta per cento che è stato vittima, almeno una volta, di reati.

Così, ci ricordiamo di Pecoraro Scanio, ministro nell’ultimo governo Prodi, che alla vigilia dell’approvazione dell’indulto ha avuto la faccia tosta di dichiarare, davanti alle telecamere, che “uscirà di prigione il giovane che ha fumato lo spinello” e non il detenuto per omicidio, mentre il primo a beneficiare dell’indulto è stato un sessantenne che aveva ucciso la moglie.

Così, ci ricordiamo di Cesare Previti e delle leggi ad personam volute da Berlusconi, per difendere sé stesso e gli amici, ed aggirare il fastidioso ostacolo rappresentato dalla giustizia.

Così, oltre ad essere taglieggiati da una fiscalità rapace, dagli usurai bancari, dai gestori di telefonia fissa e mobile, dagli erogatori di servizi essenziali [gas, raccolta e smaltimento rifiuti, ecc.], oltre ad essere bombardati da cartelle esattoriali fasulle e a dover pagare il conto della politica democratica, per coprire i suoi costi crescenti, sappiamo bene che siamo tragicamente orfani del compianto stato di diritto e se denunciamo qualcuno per aggressione, lesioni, furto, ingiuria, dovremo aspettare anni – in certi casi ben più di un lustro – perché ci sia resa giustizia, oppure ci archivieranno la denuncia, non appena gli si presenterà l’occasione, con grande beneficio per la parte peggiore della società, che è l’unica in questi frangenti ad essere ben tutelata, fino all’impunità di fatto, dalla meravigliosa e “avanzata” democrazia italiana.

E’ riconosciuto anche dai liberal-democratici, in effetti, che uno dei due pilastri sui quali poggia il tutto il sistema è, accanto all’ordine liberale, proprio lo stato di diritto, venendo meno il quale l’intera costruzione rischia il crollo. 

Possiamo ben chiamare questa ultima degenerazione del sistema democratico nella moderna veste liberale, ormai caratteristica della sua italica variante, “democrazia criminale”, consapevoli che si tratta di una malattia allo stadio terminale decisamente più grave della demagogia e degli aspetti cleptocratici presenti nel sistema, la quale, se combinata con gli effetti della crisi economica che sta arrivando ad ampie falcate, dopo il default finanziario e borsistico, avrà come probabile esito quello di provocare la morte dell’organismo ospitante e di distruggere l’illusione, o meglio la credenza messianica, che “questa” democrazia rappresenta sempre e comunque il migliore fra i sistemi possibili.