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La Colombia ancora ostaggio dei paramilitari

di Enea Baldi - 21/10/2008

 

La Colombia ancora ostaggio dei paramilitari



Il presidente colombiano Alvaro Uribe è stato accusato di ostacolare i procedimenti giudiziari della magistratura nello smantellamento delle forze paramilitari e nelle indagini sui crimini attribuiti agli “squadroni della morte”, nonché le loro collusioni con la classe politica. Ciò che si denunciava da tempo, è stato “ufficializzato” ieri dalla Ong Human Rights Watch (Hrw). Nel suo rapporto annuale sullo stato dei diritti umani nel Paese andino, presentato dal suo direttore per l’America Latina, il cileno José Miguel Vivanco, si mette in evidenza l’ingerenza del governo di Uribe all’interno della magistratura al fine di ostacolare la giustizia nelle indagini sulla mafia paramilitare in Colombia. “Il governo assicura di essere impegnato a scoprire la verità e a smobilitare i paramilitari e ha offerto risorse alla Corte Suprema e alla Procura. Ma ha ripetutamente compiuto passi che potrebbero annullare i progressi di queste istituzioni. Se c’è qualcosa che caratterizza l’amministrazione di Uribe è il suo aperto disprezzo per le istituzioni democratiche” ha dichiarato Vivanco.
Il fenomeno del paramilitarismo in Colombia rinasce per volere dell’attuale governo e anche se lo stesso Uribe afferma di averlo sconfitto con il disarmo di 30.000 unità combattenti delle AUC (Autodifese unite della Colombia), ma è un fenomeno che ha subito una sorta di metamorfosi. Da una costola dell’Auc sono infatti nati nuovi gruppi armati con ruoli sempre più importanti nella vita politica della Colombia.
L’estradizione poi negli Stati Uniti dei principali comandanti delle Auc ricercati per reati di narcotraffico, rischia di far cadere nell’oblio l’impunità per i responsabili di uno dei più feroci massacri di civili che la storia colombiana possa ricordare. Per di più, lo stato di emergenza proclamato da Uribe, i reiterati attacchi del governo alla Corte Suprema, mirano solo a screditare la Magistratura impegnata in una enorme inchiesta sulle collusioni tra paramilitari e politici che ha già portato in carcere più di sessanta parlamentari, quasi tutti appartenenti alla maggioranza di governo.
E cattive notizie per Uribe arrivano anche da Washington. Malgrado la crisi politica e giudiziaria in cui è coinvolto il suo governo, gli scandali e la povertà dilagante, il presidente colombiano, che aspira ad un terzo mandato, l’altro ieri ha incontrato a Bogotà il sottosegretario di Stato Usa per gli Affari politici, William Burns per discutere sul futuro delle relazioni bilaterali tra i due Paesi, in vista delle presidenziali statunitensi di novembre prossimo e sul Trattato di libero commercio che entrambi i governi hanno firmato nel 2006 ma che non è stato ancora ratificato da Washington. Forse per un diktat propagandistico pre-elettorale giunto dal Congresso Usa, fatto sta che i democratici nordamericani fanno sapere che è prevista una revisione del testo che porti a un ampliamento delle garanzie per i diritti umani nell’ordinamento giuridico colombiano.