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La tecnica senza spirito

di Luigi Dell'Aglio - 22/10/2008

Il filosofo indiano Kumar: «In questo mondo si è messo da parte il senso religioso: cinismo negli affari, delirio della scienza, degrado dell’ambiente» 



 
Satish Kumar « È
idea comune che scien­za e spiritualità siano co­me l’acqua e l’olio, che non legano affatto, e anzi fanno a pugni. Ma questo è un errore. La scienza ha bisogno della spiritualità, e la spiritualità ha bisogno della scienza. Non dimentichiamo che, se la scienza produce strumenti e co­noscenza, la spiritualità offre signifi­cati. E se non è guidata dalla spiri­tualità, dall’etica, la scienza – che og­gi ha dalla sua i mass media, l’indu­stria, gli affari, l’istruzione e la politi­ca – è pronta a sperimentare qualsia­si cosa per avere successo, senza preoccuparsi delle conseguenze per l’uomo. Va dove la chiamano il dena­ro, gli interessi militari e il materiali­smo. Ha carta bianca per soggiogare la natura e dominare le menti». Sono concetti che sabato verranno esposti al Festival della Scienza di Genova – che apre domani e continua fino al 4 novembre con varie iniziative attor­no alle questioni della diversità – dal filosofo indiano Satish Kumar, consi­derato uno fra i maggiori educatori contemporanei, in una conferenza sul tema «scienza e spiritualità». La sua vita è un’avventura, e non solo del pensiero, che comincia quando, a nove anni, lui si fa monaco ed en­tra in uno dei più antichi movimenti religiosi indiani. Ma presto abbrac­cia la visione del mondo propria di Gandhi e parte, senza soldi, per un pellegrinaggio di pace lungo tredici­mila chilometri, dall’India all’Ameri­ca. Quando gli chiedono che cosa pensa della civiltà occidentale, ri­sponde come il Mahatma: «Sarebbe una buona idea». Satish Kumar ama la società occidentale (ha letto, fra gli altri, Tommaso d’Aquino e Galileo).
  Ciò che non ama è il materialismo di cui la società occidentale è oggi per­meata. «Il materialismo è la nuova religione. Si crede fermamente che avere più beni materiali renda felici». Raggiungere tutto ciò che è raggiun­gibile, attuare tutto ciò che è attuabi­le, è sempre stato, in fondo, l’obietti­vo (non confessato) della scienza.
  «Ma oggi noi sappiamo che, quando non si accetta più alcun limite, si ar­riva a praticare tecnologie aberranti come la clonazione umana, oppure a confezionare una scienza che fun­ziona solo a vantaggio di chi può permettersela'. E come moderare il potere della scienza, «che ha acqui­stato un altissimo status di superio­rità »? «Colmando il fossato fra ragio­ne e intuizione, portando – con cri­teri scientifici – la spiritualità in tutti i campi dell’esistenza: nella ricerca come nell’insegnamento e nella po­litica ». Accostando fisica e metafisi­ca, Einstein e Tommaso d’Aquino, Galileo e Madre Teresa di Calcutta;
un percorso che Satish Kumar ha già compiuto personalmente.
  Da Londra, dove risiede dal 1973 e dove guida lo Schumacher College, il filosofo viene chiamato a tenere conferenze in tutto il mondo, e nei giorni scorsi, in Spagna, mentre la crisi finanziaria globale era al culmi­ne, ha ammonito che sconvolgimen­ti come questo sono frutto della con­cezione per cui tutto è materia, com­preso il lavoro e la stessa persona u­mana. «Tutto è merce di compraven­dita sul mercato dei capitali, sul co-
siddetto libero mercato, un teatro di guerra in cui si scontrano profitti concorrenziali, nel quale regna una spietata competizione, e in cui l’o­biettivo è la sopravvivenza del più i­doneo, cioè l’inesorabile distruzione del più debole. Cinismo degli affari, commercio senza sensibilità umana, industria senza rispetto dell’am­biente, finanza ed economia senza equità. Questo è il tipo di mondo dal quale lo spirito è stato cacciato via».
  Ma ora compaiono molti segni di 'ritorno allo spirito'. La società dua­le, la cui cultura poggia sul falso as­sioma della divisione tra materia e spirito e sull’emarginazione dello spirito, mostra le sue crepe, rileva Satish Kumar. La gente si accorge che i soli consumi materiali non
l’appagano più. Ha sete di nutrimen­to spirituale. «Chi vede dove ci ha portato la materialistica politica del potere, sente un crescente bisogno di spiritualità, non accetta più di vi­vere un’esistenza senza spirito. Vo­gliamo che il divino, il sacro, come un’aria fresca, soffi nelle nostre vite e spazzi via le ragnatele dalle nostre menti chiuse».
  Ma la spiritualità si risveglia anche con elementari regole pratiche. Per esempio, con uno stile di vita sem­plice, sobrio, senza vanità, spiega Sa­tish
Kumar. Una buona regola è non lasciarsi prendere dalla smania di catturare l’interesse dei mass media, tentazione cui non si sottraggono i movimenti ecologisti, dice il filosofo, che pure è famoso come promotore di battaglie ambientaliste. Il cata­strofismo non paga. Una vita stres­sata dalla fretta, neanche. L’impera­tore della Persia chiese a un saggio: che cosa posso fare per rendere sem­pre più efficace il mio lavoro? «Dor­mite quanto più a lungo potete» si sentì rispondere, sorpreso. La lentez­za aiuta a vivere con più profondità.
  Fare meno cose, per farle meglio.
  «Concedetevi più tempo. E, quando è possibile, niente fast food, che è un cibo tremendo. Aderite al movimen­to italiano dello slow food, che è un cibo 'spirituale'». Nelle conferenze, Satish Kumar sottolinea come mate­ria e spirito siano le due facce della stessa medaglia. («Le abbiamo sepa­rate, e ora scontiamo lo sbaglio»). La materia rappresenta la quantità, lo spirito la qualità. Lo spirito si mani­festa attraverso la materia; senza lo spirito la materia non ha vita. E il fi­losofo chiude i suoi colloqui con l’in­vito ad allontanare la paura e a colti­vare la fiducia. «Confidate in voi stessi, siete una scintilla divina».

 Seguendo l’insegnamento del Mahatma, al Festival di Genova nei prossimi giorni parlerà del rischio di «soggiogare la natura e dominare le menti» nella società contemporanea