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McCain, il candidato delle armi e della guerra

di Tommaso Della Longa - 25/10/2008

 

 
McCain, il candidato delle armi e della guerra


Non è un buon momento per l’anziano senatore repubblicano John McCain. I sondaggi lo danno sconfitto, all’interno del suo partito deve spiegare le ingerenze statali votate con il piano Paulson e intanto si avvicina sempre il giorno delle elezioni. Le presidenziali statunitensi, però, sono insidiose e potrebbe anche capitare, come nella sfida Bush-Kerry, di veder combattere i due sfidanti fino all’ultimo voto.
Ma chi c’è dietro il candidato dell’elefantino? Se la squadra di Obama è formata quasi completamente da uomini di Clinton, chi c’è in quella repubblicana? È vero che il presunto eroe di guerra è appoggiato dalle lobby delle armi?
McCain, che non prevedendo la crisi finanziaria aveva puntato buona parte della sua campagna elettorale sulla politica estera e sulla sua esperienza militare, si è scelto come coordinatore e consigliere di sicurezza nazionale, Randy Scheuemann. Prima di entrare nel mondo della politica, Scheunemann faceva il lobbista per l’industria militare. Poi è stato per lungo tempo membro dello staff di George W. Bush, occupandosi di questioni, manco a dirlo, di politica estera, come l’allargamento della Nato, la riforma dell’Onu e la difesa con missili balistici. Da notare come fino al 2002 il maggior consigliere di McCain abbia presieduto insieme al vice-presidente della Lockheed Martin Bruce Jackson il comitato per l’espansione della Nato. L’aprire il mercato delle armi a stelle e strisce ai paesi dell’Est dell’ex-Patto di Varsavia era il cruccio di questi due signori: un chiaro esempio di come politica e industria delle armi vanno di pari passo. Ma il curriculum di Scheunemann non finisce qui: nel 2002 ha creato il “Comitato per la liberazione dell’Iraq”, un gruppo non governativo nato per raccogliere consensi e sostengo per il rovesciamento di Saddam Hussein. Il coordinatore della campagna elettorale repubblicana è anche amico personale del generale Petraeus, ha appoggiato il piano di aumento di truppe in Iraq, ritenendolo fondamentale per gli interessi di Washington: forse, vien da pensare, si riferiva all’aumento dei guadagni dell’industria della guerra. Ovvio quindi che le aziende militari appoggino il candidato preferito: è un modo per pensare al futuro dei propri affari.
Per quanto riguarda la sicurezza nazionale, il candidato repubblicano ha ritirato fuori vecchi nomi come Henry Kissinger e Richard Armitage, insieme ai sempre verdi Neocon come William Kristol e Robert Kagan, condirettori insieme a Scheunmann del pericoloso “Project for the new american century” (Progetto per un nuovo secolo americano ndr). Per gli interni e per le questioni energetiche compare tra le fila di McCain anche l’ex direttore della Cia, James Woolsey. Per la difesa l’esperta è Kory Schake, nome già noto come consigliera per la sicurezza nazionale di Bush e soprattutto per avere una cattedra all’Accademia militare di West Point e per aver scritto un piano militare contro l’Iran di Ahmadinejad. In pratica, McCain continua a farsi portatore della logica della guerra, sia per far piacere alle lobby sia per compiacere il progetto sotterraneo dei Teocon che con Bush hanno scatenato le guerre preventive in tutto il mondo. Tanti opinionisti hanno detto che McCain “sarà il presidente più militarista dai tempi di Teddy Roosevelt” e quindi come non ricordare quando il senatore dell’Arizona, in una riunione pubblica dell’American conservative union ha cantato, tra gli applausi, “Bomb, bomb, bomb Iran”.
Tornando nel team repubblicano, altro personaggio di spicco è sicuramente Richard S. Williamson, un veterano della diplomazia statunitense che ha ricoperto incarichi importanti già ai tempi di Reagan, passando poi per le amministrazioni di Bush padre e Bush figlio. Tra i guru della campagna di McCain figura anche il senatore ex democratico Joseph Lieberman, membro insieme al candidato repubblicano dell’Armed services committee. I due hanno sostenuto l’invasione dell’Iraq e proprio per questo Lieberman è stato allontanato dal partito dell’asinello.
Durante le primarie l’ex-democratico ha anche invitato numerosi gruppi ebraici a votare per McCain, sottolineando il suo appoggio a Israele.
Per le politiche economiche nel team dei repubblicani spicca Kenneth Rogoff, economista ad Harvard, ma soprattutto direttore dell’Fmi dal 2001 al 2003.
Così è stato svelato il gioco di McCain: pubblicamente dice di incarnare la discontinuità dall’amministrazione Bush, ma poi all’interno del team ha proprio gli uomini del presidente in carica. O peggio, quelli scelti dalla lobby militare yankee. Oltre al Vicino oriente, sembrerebbe che in caso di vittoria repubblicana sarebbe in pericolo anche l’America meridionale. Da quelle parti le lobby che appoggiano i repubblicani hanno più di qualche interesse. Come l’altro fronte caldo sarà sicuramente quello dei Paesi dell’est europeo: a chi venderanno le armi se tutte le nazioni si ribellassero al giogo di Washington?