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La Russia, la Serbia e il problema del Kosovo

di John Laughland - 30/10/2008

 

 


Tutti i pomeriggi alle cinque un gruppo di manifestanti si raduna in Piazza della Repubblica, nel centro di Belgrado, per protestare contro “l'occupazione del Kosovo” da parte dell'Unione Europea.

Per queste persone il trasferimento di potere apparentemente inoffensivo da un'amministrazione internazionale (le Nazioni Unite, che hanno governato il Kosovo dal 1999) a un'altra (l'Unione Europea) – un trasferimento che dovrebbe avere ufficialmente luogo a dicembre ma che viene già messo in atto, con lo spiegamento di personale dell'Unione Europea nella provincia – è di fatto una questione di principio. L'Unione Europea tratta il Kosovo come uno stato indipendente, mentre l'amministrazione delle Nazioni Unite si basa sulla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza che sancisce l'appartenenza della provincia alla Serbia.

Queste proteste serali sono interessanti per due aspetti. Innanzitutto la partecipazione è molto bassa: forse venti o trenta persone in una città che ne conta due milioni. La distruzione della Jugoslavia appoggiata dall'Occidente dura ormai da sedici lunghi anni (dal 1992) e la maggior parte dei serbi è così esausta e demoralizzata da non riuscire a opporre ulteriore resistenza. In secondo luogo, i manifestanti sventolano bandiere russe e cantano l'inno nazionale russo. Pare che in Serbia Vladimir Putin sia il politico più popolare, e la Russia è ora considerata (almeno dai serbi che si oppongono all'Unione Europea) la sola speranza rimasta al paese.

Per quanto comprensibile, questa speranza è destinata a essere presto distrutta. Fin dalla violenta deposizione di Slobodan Milošević, il 5 ottobre 2000, la Serbia ha avuto una serie ininterrotta di governi e presidenti pro-occidentali. Questo orientamento pro-occidentale ha solo portato a un'ulteriore svendita della ricchezze della Serbia agli stranieri, e a un'ulteriore sottrazione di territorio al controllo di Belgrado. Nel 2006 il Montenegro si è proclamato indipendente dalla Serbia democratica, ed è stato imitato dal Kosovo lo scorso febbraio. Entrambe le iniziative sono state incoraggiate dall'Occidente. La Serbia è dunque spacciata se si oppone all'Occidente (come ha fatto dal 1990 al 2000 sotto Milošević) e ugualmente spacciata se lo appoggia (come ha fatto a partire dal 2000 sotto i Primi Ministri Vojislav Kostunica e Zoran Đinđić e l'attuale Presidente, Boris Tadić). Non sorprende dunque che alcuni serbi guardino alla Russia.

Inoltre, perché la politica occidentale (di Unione Europea e Stati Uniti) in Kosovo sia efficace, l'attuale amministrazione delle Nazioni Unite in Kosovo deve sciogliersi. Questo può avvenire solo con un voto al Consiglio di Sicurezza e dunque solo con il consenso di Mosca. Mosca ha dichiarato che non acconsentirà a nessuna decisione alla quale Belgrado intenda opporsi, e Belgrado in effetti attualmente si oppone sia all'indipendenza del Kosovo che al trasferimento di autorità all'Unione Europea.

Tuttavia, persone al corrente dei fatti a Belgrado – compresi coloro che hanno ricoperto le più alte cariche dello stato – sono certe che la dichiarata opposizione del governo attuale al trasferimento di potere dalla Missione delle Nazioni Unite in Kosovo all'EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo, l'amministrazione dell'UE in Kosovo), e all'indipendenza stessa del Kosovo sia tutta apparenza. L'attuale Ministro degli Esteri della Serbia, Vuk Jeremić, ha detto recentemente in un incontro privato con rappresentanti del Dipartimento di Stato americano responsabili per il Kosovo che l'unico problema di questo governo è trovare il modo di indorare la pillola dell'indipendenza del Kosovo per convincere l'opinione pubblica serba a mandarla giù.

Il governo di Belgrado si è gradualmente avvicinato all'accettazione dell'EULEX e dunque dell'indipendenza del Kosovo. Ha detto che accetterà l'EULEX a tre condizioni: se sarà approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite; se sarà neutrale nei confronti dello status del Kosovo; e se non applicherà il piano Ahtisaari per l'indipendenza (sotto supervisione internazionale) del Kosovo. Anche se risulta difficile capire come queste due ultime condizioni possono essere soddisfatte (la missione dell'Unione Europea è inseparabile dal cambiamento di status, altrimenti non ci sarebbe la necessità di sostituirla all'attuale amministrazione delle Nazioni Unite), le azioni del Presidente Boris Tadić indicano che è pronto a pagare qualsiasi prezzo per il biglietto di ingresso della Serbia nell'Unione Europea. L'appello della Serbia alla Corte Internazionale di Giustizia perché si esprima sulla legittimità dell'indipendenza del Kosovo (riconosciuta da meno di un terzo degli Stati membri delle Nazioni Unite), appello che è stato accettato all'inizio di questo mese, verosimilmente condurrà a un giudizio ambiguo che sarà in ogni caso non vincolante e che sarà con tutta probabilità superato dagli eventi.

Dunque di qui a dicembre verrà probabilmente messo assieme un qualche pasticcio – il genere di pasticcio in cui l'Unione Europea è specializzata – per far quadrare il cerchio tra la dichiarata opposizione di Belgrado all'indipendenza del Kosovo e la sua accettazione de facto di essa. Un simile pasticcio sarà sicuramente molto pericoloso per la stessa provincia, che non potrà essere governata né disciplinata senza linee gerarchiche chiarissime. Come mi ha detto un poliziotto dell'UNMIK la scorsa settimana, “Come si fa ad arrestare qualcuno se non si ha il chiaro diritto di farlo?” Il crimine e la corruzione, già dilaganti in Kosovo, non faranno che prosperare maggiormente. Ma se Mosca ha ora nelle sue mani la chiave del problema in virtù del suo veto al Consiglio di Sicurezza, e se dunque la Russia rappresenta effettivamente un barlume di speranza agli occhi dei patrioti serbi, c'è ben poco che possa fare con questo potere se Belgrado è decisa a gettarlo via.


Kosovo: una serba davanti a un cartello con la scritta "Europa, non uccidere lo spirito cristiano".
Foto AFP/Getty Images

 


Originale:
Russia, Serbia and the Kosovo Problem 

Articolo originale pubblicato il 28/10/2008 

L’autore

Manuela Vittorelli è membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.

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Tradotto da  Manuela Vittorelli