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A Sud della giustizia…

di Nando Dicè* - 03/11/2008

 

 

 

Parlare di giustizia a Napoli è di per sé una barzelletta, ma in una colonia, si sa, le leggi che valgono per i governanti non valgono per i governati. Eppure, l’esperienza diretta di essere “toccati” dalla giustizia italiota è veramente da ridere.

 

 

Se cercate giustizia, in forma e sostanza, vi prego, non mortificatemi, ridete, e non cercatela a Napoli o nel Sud. Perché, se ci pensate, non resta che ridere, ridere come scemi.

 

 

Dov’è che il pizzo si paga nelle caserme dei vigili urbani? Al Sud! Dov’è che si sciolgono per infiltrazioni camorristiche i consigli comunali e si rieleggono poi le stesse persone o gli stretti familiari? Al Sud! Dov’è che dal presidente della regione, sino all’ultimo usciere delle ASL, si sospetta di “inter-relazioni” con il “male affare”? Al Sud! Dove si trasformano i siti archeologici in discariche abusive? Al Sud! Dove si danno in concessioni i beni del demanio a società che non sono meridionali? Al Sud! Dove si parla da 50 anni di agricoltura, ma non esiste alcuna azienda di trasformazione di prodotti agricoli? Al Sud! Dove si spostano le uscite dell’autostrada per non danneggiare gli interessi dei clan? Al Sud! Dov’è che dopo 150 anni si verificano le identiche “magagne” in forma e sostanza? Al Sud!

 

 

Al punto tale che, dopo 150 anni , tutto ci sembra normale. Normale, come è normale che da 150 anni le scelte sul Sud vengano prese a Roma o Milano. Ed è altrettanto normale che al Sud non ci sia un appalto pubblico - e dico uno! - che sia andato a buon fine come Roma e Milano avevano stabilito. Camorra, ladrocinio, corruzione, progetti errati, falsificazione atti, infiltrazioni mafiose e non so quante altre motivazioni, ma resta un fatto che nulla viene fatto al Sud come si era stabilito e sembra che nessuno se ne voglia accorgere, mentre tutti lo sanno. Trovatemi un solo progetto pubblico dopo il 1945 che sia stato realizzato secondo i termini previsti e smetto subito di ridere! Al Sud - e vi prego, ridete! - a latitare non sono i boss della camorra, ma lo Stato. Il vuoto in natura non esiste e se lo Stato - per motivazioni che non mi interessano - latita, quel potere viene riempito da altre forme “istituzionali”, le quali, come da sempre da quando esiste il potere, risolvono i problemi al popolo e accrescono il loro consenso e la loro ricchezza. Poi, per una ragione o una strage, quando lo stato scende dai “monti” e ricompare, è logico che trova il posto occupato e la popolazione contro. In pratica, lo Stato è come vogliono che sia i liberali, precario e part-time! Il popolo ha bisogno di case? Bene, case abusive per tutti! Il popolo ha bisogno di sicurezza? Bene, pizzo per tutti e se qualche nigeriano o albanese fa la concorrenza sleale, in 5 giorni tutto è risolto.

 

 

E, se volete ridere davvero, sappiate che il problema dell’immigrazione irregolare la camorra lo potrebbe risolvere in 3 giorni. Si potrebbe continuare, su tutto. Perché su tutto lo Stato può intervenire, tranne che sulle banche, e siccome lo Stato non c’è, interviene qualcun’altro. Già li sento, quelli del nord, che mi rispondono “ma siete voi che li avete votati”, “ma siete voi che subite in silenzio”, e via, con parole gettate al vento. Dimenticando che sin dai 15 anni di guerra Brigantesca del 1861, sino ad arrivare a Borsellino, i meridionali hanno avuto sempre due nemici: Lo Stato ed i sostituti dello Stato. E se la cultura ufficiale ripete lo slogan che al sud si può essere “Briganti o emigranti”, io ricordo che c’è una terza scelta; Briganti, emigranti o morti. I comunisti avrebbero detto, “i Nazisti ed i Capò”, e noi schiacciati in questa morsa bestiale. E se volete farvi una risata internazionale, sappiate che pure gli ufficiali della Nato e dell’AFI affittano villette abusive dai casalesi.

 

 

Ridendo ridendo, ho deciso di denunciare lo Stato, per “Alto tradimento della Nazione”!   Ma poi, valutando la mia situazione di meridionale mi sono chiesto: “Scemo, ma quale nazione? Sono 150 anni che non riescono a fare la nazione e vengo io “scemo scemo” e li denuncio?”.

 

 

In preda ad una risata isterica, mi sono chiesto: ma ci sarà pure giustizia in questo mondo? Non avendo letto Prezzolini, che dall’inizio del ‘900 diceva che la giustizia in Italia non si trova nei tribunali, mi sono recato al tribunale nuovo di Napoli.

 

 

Centro direzionale, ore 8,35. Fila di accesso, 12 minuti. Al posto di blocco per il metal detector, mi dicono che il casco và depositato altrove, dove di preciso non si sa, mi indicano lo spogliatoio dei vigili. Esco dalla fila, faccio un’altra fila per depositare il casco ed un cartello mi avvisa che nessuno è responsabile del “materiale” depositato, ma non eravamo in un tribunale? Rifaccio la fila per rientrare, altri 14 minuti, poi entro. Cinque metri ed il primo bivio, fila per le scale mobili o fila per l’ascensore che porta alla piazza coperta? Scale mobili, è più breve, altri 5 minuti di fila. Piazza coperta, altra scelta. Torre A, B o C? Ci vuole Mike Buongiorno! Torre B, civile, 25 piani di grattacielo, 6 ascensori, nessuna scala interna agibile, scala antincendio accessibile, ma introvabile. Fila per prendere l’ascensore, minuti 21 abbondanti. Salendo, mi accorgo che una qualsiasi barella non vi entrerebbe, nell’ascensore, e la risata si trasforma in ghigno.

 

 

“Vuole denunciare lo Stato? E di cosa, mi scusi? “. “Come: di cosa?, qui non funziona niente! “. “Bene si rivolga ad un avvocato. ” Fermo un avvocato che mi dice “è possibile , ma durerà molti anni, ma non si preoccupi, superati i 10  possiamo far ricorso alla Legge Pinto, cioè dopo 10-15 anni in cui lei non ha avuto soddisfazione, noi andiamo a Roma e lì c’è una sezione apposita che punisce i ritardi del tribunale di Napoli e lo Stato la risarcisce per il danno morale che ha subito per i danni della lunga attesa”. “Mi scusi avvocato, ma in quanto tempo, a Roma, dopo 15 anni mi daranno soddisfazione?” “La legge dice 4 mesi, ma visto che siamo in Italia, ad oggi per essere risarciti dal danno derivante dalla intempestività della sentenza, ci mettono 4 anni, e i tempi si allungano sempre più”. In pratica una sentenza tardiva, per punire una sentenza tardiva. Mi arrendo, voglio fuggire, voglio emigrare, voglio scendere, almeno da questo grattacielo… Le scale, dove sono le scale? “L’Uscita? è di là!” e mi indicano la scala antincendio. Una marea di avvocati la sale e la scende, come fosse la cosa più naturale del mondo. Una scala d’emergenza usata come se nulla fosse da migliaia di persone al giorno. Un’ingiustizia, nel palazzo di giustizia. Ridete, vi prego ridete, prendetemi per scemo.

 

 

*Lo Scemo del Villaggio Globale

 

 

 

 

Nando Dicè
SUD RIBELLE
Edizioni Diana
2008

 

 

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Cos’è il Sud? Come e da quando il Sud è quello che conosciamo oggi? Cosa era il Sud prima dello “Stato chiamato Italiano”? Il Meridione d’Italia è parte di uno stato chiamato Italia o è un vice-regno del potere economico con sede al nord Italia dal 1861? C’è un legame tra l’opera del Cavour e i moderni “liberatori” ammantati da WTO, ONU o il FMI? Se non vi siete mai posti questi quesiti o se le risposte che sino ad ieri vi hanno dato sono tutte “politicamente corrette”, è proprio l’ora di comprare questo piccolo ed esplosivo libercolo, Parte Prima di un lungo lavoro editoriale supportato dalla giovane, coraggiosa e anticonformista casa editrice Diana.

 

 

“Sud Ribelle” è il titolo ed è sin da esso che il lettore viene accompagnato ad una nuova lettura della storia d’ Italia. Le analisi e le interpretazioni della nuova opera dell’Arch. Nando Dicè, capofila del Meridionalismo Identitario, sono infatti le analisi di un ribelle, che spiega come sia possibile che all’Italia appartengano contemporaneamente la regione più ricca e la regione più povera d’Europa. Ovvero racconta come la regione più ricca d’Europa sia divenuta tale “vampirizzando” le regioni dell’antico Stato delle Due Sicilie, rendendole le più povere. Il lettore, quindi, viene accompagnato in una rilettura totale Risorgimento non come storia provinciale e localistica dell’Italietta di fine secolo, ma in quanto parte di una “storia della conquista del mondo” da parte della modernità liberista, chiamata ieri nazionalismo, poi americanizzazione e oggi globalizzazione. Una “tappa” dell’espansionismo liberale, attuato attraverso l’espansionismo militare Inglese, le “convergenze” massoniche e il tradimento dell’alta borghesia (o bassa aristocrazia) dell’epoca. Nessun elogio “partigiano”, né nostalgie di forme istituzionali diverse. Leggendo questo libro vi accorgerete che non è la forma che sconvolse e sconvolge il Sud, ma la sostanza di una vera è propria colonizzazione-invasione, perdurante da 150 anni.

 

 

Rachele Tizzano

 

 

 

 

 

 

 

 

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