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Il potere delle comunità locali

di Paolo De Gregorio - 03/11/2008

 

Il capitalismo è forte e resiste perché è in una situazione di fatto in cui i
posti di lavoro,  in maggioranza, dipendono dalla sua continuità, mitici operai
compresi, e, in assenza di una credibile alternativa, va avanti come una nave
che, anche con i motori spenti, ha un forte abbrivio che la fa camminare a
lungo.
Sembra invincibile e nessuno si scandalizza se si usano soldi pubblici
destinati a scuola e sanità per far ripartire banche private, che hanno
truffato i loro clienti.
Ma ha un tallone di Achille. E’ bastato vedere un decremento del 2-3% dei
consumi che immediatamente si è parlato di emergenza, di licenziamenti, non più
di stagnazione, ma della temutissima recessione.
Lo stesso petrolio, il cui prezzo nessuno era riuscito a fermare (fino a 146
dollari barile), è stato fermato dalla diminuzione dei consumi, e quindi dalla
minore richiesta sul mercato (fino agli attuali 60 dollari barile).
La mia non è una opinione personale, ma un fatto oggettivo. Se vi sono
persone che hanno come obiettivo la fine del capitalismo (non della piccola
iniziativa privata), esse hanno una arma micidiale, ridurre i propri consumi
allo stretto essenziale e cercare di convincere altre persone con il proprio
esempio, perché è indispensabile che il mondo esca dal ciclo capitalista che lo
sta portando ad una crisi climatica di proporzioni disastrose.
Oggi siamo ad un bivio, o impariamo la lezione che ci viene dalla crisi
finanziaria provocata dalla avidità criminale del grande capitale
internazionale, crisi a cui si sommerà quella ambientale perché non si sta
facendo nulla per prevenirla, e qui parliamo del grande capitale industriale
che trova troppo costoso rendere meno inquinanti le sue attività, oppure ne
pagheremo amaramente le conseguenze.
Siccome in Italia non vi è alcun partito che voglia boicottare il capitalismo
e sostituirlo con una forte politica che metta regole nella prospettiva della
sostenibilità ambientale, dell’autosufficienza energetica con le rinnovabili,
della autosufficienza alimentare con una grande riforma dell’agricoltura,
occorre fondarlo dal basso e dire che se anche fossimo solo il 10% della
popolazione italiana e cominciassimo a partire da noi stessi con uno sciopero
generale continuato dei consumi non essenziali, il risultato sarebbe presto
molto visibile.
Chiunque voglia cambiare questa realtà non ha altra strada che prendere sulle
proprie spalle la responsabilità di farlo, poiché la cosiddetta democrazia
delegata oggi è solo un teatrino di mediocri che prendono ordini dalle forze
economiche, e ai cittadini è stato tolto persino il voto di preferenza.
Oggi politica ed informazione sono espressione del grande capitale e non è un
caso che il maggior capitalista italiano sia da 15 anni in politica e si sia
persino fatto delle leggi per uso personale.
Crisi finanziaria, crisi economica, crisi ambientale sono strutturali, non
passeggere, e sono creature del tanto decantato liberismo e della
globalizzazione.
E’ un sistema che va fatto fallire, non aiutato a rialzarsi. In un sondaggio
pubblicato da “Stern” in Germania il 70% dei tedeschi vorrebbe vedere
nazionalizzati il sistema finanziario, energia, trasporti.
Molte persone oggi, sottraendosi alla schiavitù del lavoro salariato o
stipendiato, magari vendendosi la casa in città, possono cominciare a vivere in
modo moderno, alternativo, andando nelle campagne abbandonate, dove la terra
costa molto poco, e cominciare una nuova vita indipendente producendo
elettricità con pannelli fotovoltaici e vendendola all’Enel. Questa attività
abbinata ad un orto, un frutteto e qualche animale da cortile, non sarebbe una
vita malvagia, nessuno ti può dare ordini, né licenziarti, e con la
elettricità  si cucina, ci si scalda, ci si rinfresca, e con una macchina con
motore elettrico ci si sposta, e per il resto c’è internet.
Comunità di questo tipo legate al territorio, senza sfruttati né sfruttatori,
autosufficienti e a emissioni zero, potrebbero essere un grande esempio da
imitare.