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Guerra alla droga: Mosca accusa Washington

di Stefano Vernole - 06/11/2008



L’accordo che ha dato vita ad un corridoio per il trasporto dei materiali NATO verso l’Afghanistan attraverso il territorio russo, non è stato messo in discussione nemmeno dopo la crisi georgiana ma potrebbe venir meno se alcune denunce avanzate da Mosca trovassero riscontri oggettivi.
Il direttore dell’Agenzia federale russa di controllo alla droga, Viktor Ivanov, ha scagliato pesanti accuse all’alleanza occidentale per le sue mancanze nel contrasto al narcotraffico: “La NATO sembra riluttante a combatterlo”.
Secondo la Russia, infatti, i narcotrafficanti afghani non sarebbero solo i guerriglieri Taliban ma anche alti esponenti dell’attuale governo di Kabul - sponsorizzato dagli Stati Uniti - e dei suoi servizi di sicurezza.
Il Cremlino avrebbe chiesto alla Casa Bianca la compilazione di una “lista nera” dei “baroni” internazionali della droga, scontrandosi col rifiuto di Washington che teme il loro arresto.
Soltanto un anno fa, Anatoly Safonov (allora consulente del presidente Vladimir Putin), definì l’Afghanistan un “narcostato all’ultimo stadio”, in quanto responsabile della produzione di oltre il 90% dell’eroina che viene immessa sul mercato mondiale.
Ivanov ha recentemente fornito un dato spaventoso sull’afflusso della droga afghana all’interno della Federazione Russa: 18 tonnellate di eroina pura all’anno, la cui vendita permette di foraggiare le reti “terroristiche” installate nel Caucaso settentrionale.
In particolare il Movimento islamico nella Valle del Ferghana, in Uzbekistan, sfrutterebbe il ricavato del narcotraffico per rinforzare il proprio arsenale militare e lo stesso accade per i gruppi separatisti ceceni.
Sarebbero tre i percorsi che l’eroina sceglie per arrivare ai vari mercati: quello dei Balcani (dove il Kosovo rappresenta la via preferenziale per smistare la droga in Europa), la cosiddetta Via della Seta nel Nord (per il trasporto in Russia) e il tragitto meridionale (Pakistan, India e via mare in tutto il mondo).
Il numero dei tossicodipendenti in Russia è cresciuto nettamente a partire dal 1999, a un tasso annuale del 20-30% e dopo la stabilizzazione che era stata raggiunta nel 2001, l’invasione occidentale dell’Afghanistan ha provocato una fortissima ripresa del fenomeno di esportazione della droga.
Lo scorso maggio, Mosca ha proposto a Cina e India la creazione di una vera e propria “cintura di sicurezza geopolitica” intorno all’Afghanistan, che coinvolgerebbe altri due membri dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai, Tagikistan e Uzbekistan.
Proprio nell’incontro tenutosi pochi giorni fa con il Ministro degli Interni italiano, Roberto Maroni, Mosca e Roma hanno deciso di firmare un memorandum in materia di cooperazione nella lotta al traffico di sostanze stupefacenti.
Evidentemente la Russia non è assolutamente soddisfatta dei risultati raggiunti dalla coalizione varata con “Enduring Freedom” e si prepara ad agire autonomamente per impedire un’ulteriore diffusione di questo flagello: il 2% della sua popolazione adulta fa infatti uso di eroina o di uno dei derivati artigianali dell’oppio, 1,6 milioni di consumatori per un valore di 1,5 miliardi di dollari all’anno.
Questa situazione, che si aggiunge alla recente crisi diplomatica con l’Alleanza Atlantica, potrebbe far ricredere Mosca sull’opportunità di continuare a concedere alla NATO un corridoio di trasporto armi verso l’Afghanistan.
Le sferzate arrivate dal Cremlino sono probabilmente all’origine del recente annuncio in cui l’Alleanza Atlantica si dichiara pronta a bombardare i laboratori di oppio e le reti del traffico di stupefacenti gestite dai guerriglieri Taliban.