Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Obama: il colore della pelle

Obama: il colore della pelle

di Paolo Emiliani - 06/11/2008

 

 
Il colore della pelle
 

Obama è il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Fino a qualche anno fa sarebbe stato impossibile, ma nell’era della religione globalista, durante la dittatura del pensiero politicamente corretto, un negro alla Casa Bianca era in fondo la soluzione più scontata. Non esistevano differenze sostanziali tra i due candidati, ma gli Usa, dopo le scelleratezze belliche di Bush, dopo una crisi finanziaria che sta colpendo tutto il pianeta, avevano bisogno di mostrare segni forti di cambiamento e questo messaggio non poteva certo mandarlo McCain o la sua vice superconservatrice, in pratica un nuovo Bush. Obama era invece perfetto: abbastanza “nero” per attirare simpatie anche fuori degli Usa, sufficientemente “bianco” per non spaventare l’elettorato interno. La dimostrazione di quanto sia stato considerato perfetto “per l’uso” Obama, sta tutta nell’atteggiamento della potentissima lobby ultraconservatrice cristiana che negli Usa controlla qualcosa come 60 milioni di voti, solitamente destinati al candidato repubblicano e lasciati eccezionalmente questa volta in libera uscita. Puntuali sono infatti giunti un po’ da tutto il mondo messaggi di congratulazioni per il nuovo presidente e non tutti solo frutto di necessaria diplomazia. Soprattutto l’Africa è in festa. Il Kenya, nazione di origine del nuovo presidente ha addirittura dichiarato la giornata di ieri festa nazionale e si è fatto festa nelle strade, a Kogelo, il piccolo villaggio dell’ovest del Kenya dove Obama ha ancora parte della sua famiglia, ma poi in ogni angolo del continente nero.
Gli africani pensano di avere ora un uomo che ha le loro stesse radici alla guida della nazione più potente della Terra e sperano in un cambiamento. Sarebbe bello se fosse così, ma non sarà. Sarebbe bello se Obama usasse il suo potere per fermare le ruberie delle multinazionali, per riconsegnare all’Africa le ricchezze del continente. Questo arresterebbe l’invasione verso il Nord e salverebbe anche l’Europa dal meticciato culturale. Ma questo non è il desiderio né di chi ha finanziato le sue campagne elettorali, né di chi ha creato il personaggio. Sarebbe bello se Obama interrompesse quel filo che lega gli Usa ad Israele e che rappresenta le fondamenta per quelle azioni che hanno ridotto il popolo palestinese alla disperazione ed una minaccia per tutto il Vicino Oriente. Sarebbe bello se l’Onu non fosse più al servizio dei potenti e se la Nato non fosse più lo sceriffo degli interessi usurocratici contro i popoli. Ma questo è certo ben oltre le possibilità di Obama. Sia per la sua nota ignoranza della politica internazionale e sia soprattutto perché non è questo né l’interesse degli Usa, né l’interesse di chi ha sostenuto la sua candidatura.
Comprendiamo quindi l’ottimismo di chi vede comunque un segno di cambiamento, del resto peggio non poteva andare, ma siamo molto più prudenti di chi invece già sogna miracoli in serie. Non comprendiamo invece per nulla l’entusiasmo di qualche politicante nostrano, visto che certo Obama non smantellerà le basi militari sul nostro territorio né ci restituirà la sovranità perduta con le armi nel 1945.
Temiamo insomma che Obama abbia vinto soprattutto per il colore della pelle, in attesa, tra qualche anno, di un presidente Usa dichiaratamente gay, perché quello sarà il prossimo… segnale di cambiamento mentre tutto procederà come sempre.