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I mercati finanziari e l'ego collettivo

di Toshan Ivo Quartiroli - 07/11/2008

 


I mercati finanziari hanno collegato tutto a tutto il resto. Economia, finanza, materie prime, fonti energetiche, politica, conflitti, ambiente sono diventati completamente interdipendenti. Mimine variazioni in uno degli elementi possono creare terremoti in settori che a prima vista potrebbero sembrare distanti.

In qualche modo la finanza ha creato un ego planetario. La finanza ha accentrato su di sé la direzione e i destini del pianeta. Ma, come l’ego di una persona, questo è avvenuto non tramite la costruzione di solide basi umane supportate dalle qualità essenziali quali la consapevolezza, la compassione o la ricerca del vero. E’, come ogni ego, un pallone gonfiato.

L’ego finanziario ha costruito la famosa “bolla”, una ricchezza irreale basata fondamentalmente sul niente e sull’inganno narcisistico. Ha fatto credere che vi sia qualcosa di reale quando c’era solamente una speculazione. Il termine speculazione si adatta perfettamente ai suoi due significati, uno di pensiero astratto che si astrae, che si separa dalla realtà e l’altro di manovra mercantile tendente al lucro.

La speculazione è fondamentalmente un atto mentale non connesso con la realtà. Questo atto mentale crea però una pseudo realtà condivisa da tutti in una sorta di allucinazione collettiva, analogamente all’ego individuale che crea una stretta rete di pensieri che supportano il singolo individuo nel credere “io sono così e cosà, credo a queste cose, mi piace questo ma non quello”.

E’ sorprendente vedere come tutto il pianeta si stia dando da fare per “salvare” il mercato finanziario. Le interdipendenze sono diventate talmente strette che anche le nazioni storicamente ostili al sistema occidentale non si augurano certo la fine del “sistema”. I paesi produttori di petrolio, Iran e Venezuela compresi, tremano alla prospettiva di una recessione che diminiusca il prezzo e il consumo di petrolio, la Cina e la Russia sono atterriti nel vedere il mercato occidentale contrarsi e  nella diminuzione delle proprie esportazioni.

A livello individuale, ognuno ha qualcosa da perdere nella crisi finanziaria; chi ha denaro ed investimenti li vede erodere, chi non ne ha vede comunque avvicinarsi lo spettro della disoccupazione e dell’inflazione che limita il potere d’acquisto. Imprenditori ed operai sono accomunati dalla stessa paura. Anche chi avrebbe da perdere solamente le proprie catena trema all’idea di una crisi globale. E a ragione in quanto storicamente le crisi sono sempre state più dure nei confronti di chi ha meno possibilità.

Nessuno vuole che questo grande ego illusorio collettivo si frantumi, i meccanismi di difesa dell’ego, sia a livello individuale che collettivo sono enormi. La morte dell’ego è liberatoria ma allo stesso tempo terrorizzante. L’ego in sé non si arrenderà mai.

Ma la realtà è che questa grande bolla collettiva si sta frantumando per implosione e ne stiamo vedendo gli effetti in termini patologici, che in questa fase sembrano di tipo maniaco-depressiva. Gli indici delle borse, delle materie prime, del petrolio e della altre fonti di energia vanno su e giù come mai è avvenuto.

Il centro di coscienza egoico che teneva assieme il tutto (pur se in modo illusorio) si sta disgregando e al suo posto sta entrando il caos. Come una sorta di conseguenza psicosomatica, anche il corpo fisico del pianeta sembra aver perso il centro ed essere entrato in una fase di eccessi. Le conseguenze ambientali delle scelte economiche si fanno sentire in termini di sbalzi di temperatura, lunghe siccità, inondazioni, tutti sintomi di un centro che non ha più il suo equilibrio.

Come per molti altri, anch’io mi trovo a perdere risorse a causa della crisi finanziaria, a mia volta ho timori e mi sono osservato a sperare che la crisi finanziaria si posso risolvere in qualche modo. Mi sono visto i miei attaccamenti a questo sistema. Ma il salvare le banche e le istituzioni finanziarie non è la soluzione del problema. E’ probabilmente parte del problema stesso che vede la crescita infinita come qualcosa di necessario quando è di fatto impossibile in una condizione di risorse finite. Il passaggio dall’illusione alla realtà porterà ad una lunga, dolorosa e necessaria fase su un piano storico e collettivo, analogamente al momento in un percorso di crescita individuale in cui si scopre che la nostra personalità era stata costruita sulle menzogne.

Ma non c’è a mio avviso altra soluzione che ricominciare da basi reali e ridare valore a ciò che aveva, ha e avrà valore su un piano umano ed ambientale, con un atto di umiltà e di disintossicazione collettiva dopo la grande sbornia. Credo anche che Obama potrà suggerire una svolta in questo senso alla coscienza collettiva