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Obama nuovo mito della blogosfera?

di Carlo Gambescia - 07/11/2008


Promettiamo solennemente che, dopo la pubblicazione di questo post, non ci occuperemo per qualche settimana di Obama. Anche perché non siamo americanisti di professione e perciò riteniamo giusto che siano altri, più preparati di noi, a seguire la questione.
C’è però un ultimo punto che da sociologi ci intriga indagare. Quale? Quello del notevole consenso che l'elezione di Obama sembra abbia raccolto nella blogosfera. Non abbiamo dati precisi. Ma è bastato fare un “giretto” per scoprire quanto il neo-presidente Usa sia divenuto popolare. E all’interno di una rete divisa fino a ieri tra i sostenitori di Ron Paul (non molti per la verità) e, semplificando, gli antiamericani
tout court.
Perché? Andiamo per accenni.
In primo luogo, l’entusiasmo è legato all’età piuttosto bassa dei blogger e al conseguente elevato “tasso” di idealismo, sempre presente nel giovani, e dettato dalla più lunga prospettiva di vita e perciò dalla “voglia”, più che giusta, di migliorare le condizioni sociali, proprie e altrui. Un entusiasmo "stutturale", che decresce con l'avanzare dell'età , che evidentemente, piaccia o meno, la candidatura Obama ha saputo catalizzare, soprattutto negli ultimi giorni, andando fisicamente oltre la realtà americana.
In secondo luogo, un ruolo importante va attribuito al bisogno simbolico-sociale di identificazione in un personaggio - nel caso Obama - comunque presentato e recepito come “positivo”. Bisogno che può assolvere, nei momenti di crisi come l'attuale, una funzione di integrazione individuale e sociale. Il capo carismatico e "mitologizzato" - esistono anche carisma e mitemi democratici... -rafforza la fiducia in se stessi e negli altri. E di conseguenza fa vivere meglio, ma in misura correlata alla qualità del carisma del potere mobilitante e all’effettivo miglioramento delle condizioni sociali ed economiche. Il bisogno di identità trova perciò un limite nel successo o insuccesso effettivo del potere mobilitante al centro del processo di identificazione collettiva.
In terzo luogo, e al di là di questi due fattori strutturali (demografico e socioculturale), ne va considerato un terzo, squisitamente politico: la negatività assoluta sprigionata, o comunque recepita come tale, all’interno di una blogosfera sostanzialmente pacifista, dal “guerrafondaio” George Bush jr. Un “tasso di negatività” così elevato che non poteva non tradursi in “tasso di positività” nei riguardi di un candidato fin dall’inizio rappresentato e percepito come l’esatto contrario di Bush jr.
E qui sarebbe interessante indagare il rapporto nella blogosfera tra rappresentazione pubblica e percezione collettiva del candidato Obama, dal punto di vista della documentazione. Come e dove il blogger filo-Obama ha attinto e consolidato le sue idee? In che modo si è realizzato il perfetto allineamento comunicativo fra rappresentazione mediatica e percezione sociale del candidato democratico?
Il punto non è secondario, perché se dal punto di vista della rappresentazione pubblica si accetta l’ipotesi di una presidenza Obama costruita a tavolino da un’onnipotente macchina mediatica al servizio di precisi interessi sistemici, si deve anche accettare, dal punto di vista della percezione sociale identificante, l’idea di una eccessiva permeabilità della blogosfera a input di tipo sistemico. E questo a fronte di una blogosfera che tende tuttora orgogliosamente a qualificarsi come libera avanguardia antisistemica.
Ora, che negli Stati Uniti Obama abbia vinto anche grazie all’intervento dei blogger democratici(in senso strettamente partitico) è perfettamente comprensibile, nel quadro di una dinamica interna al Partito democratico Usa. Lo è meno nel resto del mondo, dove lo spirito critico, non vincolato a dinamiche partitiche Usa, doveva - e dovrebbe - farla da padrone, anche in ragione delle differenti tradizioni politiche nazionali e continentali. Il che deve far riflettere non tanto ( o non solo) sulla marcia della globalizzazione in sé, quanto sulla progressiva globalizzazione del modello pubblipolitico e bipartitico statunitense e sulla conseguente assimilazione ed estrema povertà di un linguaggio politico "mondializzato", ridotto come negli Stati Uniti, se ci si passa la battuta, a infiocchettare i candidati politici come una scatola di bon bon . E andrà sempre peggio.
Certo, ci si può sempre rispondere che non esiste alcuna onnipotente macchina mediatica, eccetera. E che Obama ha vinto per meriti propri “catturando” simpatie e consensi in tutto il mondo. E dunque inevitabilmente anche nella blogosfera.
Giustissimo. Ma - per dirla fuori dai denti - dopo tanto agitarsi in rete, da parte dei blogger, sulla necessità della pace universale e di grandi riforme economiche strutturali, considerarsi soddisfatti della vittoria di un neo-presidente che alla sua prima uscita dichiara, in modo pericolosamente generico, di voler sconfiggere "coloro che vorrebbero distruggere il mondo", e che per giunta ci racconta, che in un paese con decine di milioni di poveri e un tasso di mortalità infantile tra i più alti al mondo, “niente è impossibile”, non è ancora meno del classico piatto di lenticchie?