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Obama: dopo il sogno, il risveglio.

di Uriel - 08/11/2008

Fonte: Wolfsteep

Mi sono sempre chiesto cosa spinga la gente a scendere in strada quando un tizio del quartiere (che non rivedranno probabilmente piu') ha vinto al superenalotto. E' importante, perche' credo che la stessa forza stia spingendo le persone a credere che il mondo sia un posto migliore adesso che c'e' Obama.

Io mi reputo troppo marxiano per credere a delle scemenze del genere. Innanzitutto, la pelle non e' un problema in nessuna societa' classista. Cosi' come non lo e' l'omosessualita'. Se sei povero sei frocio, se se ricco sei gay. Se sei povero sei negro, se sei ricco sei di colore, se sei il presidente degli USA non sei neanche abbronzato perche' non si puo' dire.

La convinzione che il ghetto fosse stato dovuto al colore della pelle era una convinzione molto diffusa negli USA per via della solita apologetica: ma e' una dialettica falsa, perche' i neri erano svantaggiati in termini di entrypoint. Se chiamiamo t0 il momento in cui venne abolita la schiavitu' negli USA, la fotografia di quel momento e' di una borghesia bianca possidente e scolarizzata, piu' un sottoproletariato di neri senza risorse e senza scolarizzazione. E questo era il problema.

Ma questo non descrive una situazione legata alla pelle, descrive semplicemente una suddivisione in classi. Poiche' descriviamo una societa' piu' classista che razzista, l'attenzione dovrebbe concentrarsi piu' sulla classe sociale che sul colore della pelle.

E su questo piano non e' cambiato nulla: un ricco avvocato americano e' diventato presidente degli USA.La vittoria non e' stata nel punto d'arrivo, ma nell'entry point: la vera vittoria e' che Obama sia potuto arrivare ad essere avvocato, professore universitario, ricco. Si e' trattata cioe' di una vittoria di tipo economico, e la sua condizione economica (derivante da quella professionale)  gli ha aperto le porte: il motivo per cui un negro e' presidente USA e' riassumibile nel vecchio "pecunia non olet". Chiunque sia abbastanza ricco da frequentare una buona universita', affermarsi economicamente come professionista e fare politica attiva puo' (in potenza) diventare presidente degli USA. Ma questo lo sapevamo gia'.

La massa di aspettative che si concentrano su di lui ha molti punti in comune con la superstizione. Casomai  ve lo foste dimenticati, gli USA stanno entrando nella piu' grande crisi economica del mondo occidentale , dopo aver subito perdite pari al loro PIL. Hanno un indebitamento mostruoso con Cina ed altri, un sistema di infrastrutture che cade a pezzi, un'economia che rallenta ogni giorno di piu', uno sbilanciamento pazzesco della bilancia commerciale, un indice M3 da panico.

Obama sara' anche bravo, ma difficilmente (se non capita qualcosa di clamoroso) potra' uscire da questa situazione , specialmente perche' ha una popolazione che rifiuta ostinatamente di capire il mondo circostante pensando che tutto cio' che non avviene in USA sia irrilevante. Mentre in un mondo multipolare ci sono degli "altri" che non sono per questo "il nemico" ma potrebbero anche non concordare sui tuoi obiettivi. Cosa che l'americano non puo' capire: o il mondo gli appartiene, o c'e' un nemico che glielo vuole togliere. Un mondo multipolare che ti porti a trattare con dei pari grado senza finire nell'inevitabile conflitto sfugge all'orizzonte intellettuale del popolo americano: sicuramente Obama lo comprende, ma se vuole il secondo mandato, dovra' convincere gli elettori.

Un bravo ,bravissimo presidente in qualcosa come otto anni potra' al massimo pensar di recuperare il 50% del PIL perso in questa crisi. Teniamo conto che gli USA hanno perso il 100% dl PIL di un anno in 2 mesi, e recuperarlo in 8 anni significa crescere del 12.5% annuo. Il che e' improbabile persino in nazioni come la Cina.

Lo stesso avviene nel campo culturale. Obama e' un uomo degli anni '80, e non mi stanchero' mai di ribadire questa differenza, perche' sara' la fonte di 4 (oppure 8) anni di delusioni per la sinistra di tutto il mondo.

L'abisso tra le aspettative  e la realta' potrei riassumerlo in alcuni punti specifici:

  • Le sinistre europee si aspettano che Obama sia interessato al tema di un'equita' livellante. Ma Obama e' figlio di una sinistra NON socialista, e crede che l'equita' vada realizzata in potenza, e non nell'atto. "Equita' in potenza" significa avere pari opportunita', ma l'opportunita' ed il successo sono cose molto diverse. E' possibile che Obama livelli le opportunita' , ma questo non modifichera' troppo la societa' americana, ne' produrra' messaggi accettabili all'estero. Il fatto che tutti abbiano pari opportunita' non implica assolutamente che tutti abbiano MOLTE opportunita': la mentalita' di Obama parte dal presupposto che ogni cosa sia possibile "working hard" , ma quell' "hard" ridimensiona molto la dimensione delle opportunita': con ogni probabilita' il concetto di "merito" che ha in mente Obama non e' nemmeno lontanamente sfiorabile da una persona dalle capacita' normali. "Pari opportunita'" puo' anche voler dire che "qualsiasi Einstein puo' vincere il Nobel", ma questo e' ben lungi dal dire "chiunque puo' vincere il Nobel" perche' c'e' la clausola "a patto che sia Einstein e lo dimostri vincendo il Nobel".
  • La seconda entita' mancante in Obama e' l'ideologismo. Se nell'esempio di prima ponessimo il problema in europa, si parlerebbe immediatamente di persone "potenzialmente Einstein". Si parlerebbe dell'individuo in termini di potenza, perche' l' Europa e' figlia del pensiero ideologico. Obama viene dalla cultura materialista americana, e come se non bastasse viene dagli anni '80: per lui e' un problema di atto, e non di potenza. Sei Einstein, quindi vinci il Nobel. Ma sappiamo che sei Einstein solo quando lo vinci. Quindi, comunque vadano le cose devi farti un culo quadro senza MAI sentirti dire che potresti essere Einstein: essere Einstein e' il premio che ti daremo se riesci a dare i risultati di un Einstein. L'opportunita' si concretizza solo se e' vissuta come premio per la riuscita. La frase in uso nella scuola italiana "e' intelligente ma non si applica" e' impensabile per loro: se non si applica non produce risultati, e se non produce risultati non puoi dire che sia intelligente. "Potenzialmente intelligente" e' un concetto estraneo. Quindi il concetto e': le opportunita' te le diamo nel momento in cui materialmente te le prendi. Ma non siamo noi che ci sforziamo a dartele, sei tu che ti sforzi di prenderle. Quando ci arrivi, le hai. In pratica, l'opportunita' come premio per chi ce la fa.
  • Il problema delle classi. Come uomo degli anni '80, Obama non crede nelle classi. Crede nel merito individuale. Una classe di operai che scende in sciopero e' una classe di falliti che non hanno trovato mai nulla di meglio che fare gli operai, non ci sono persone in gamba li' perche' se fossero in gamba non sarebbero li'.  Il sessantottino rispondera' che anche quello bravo scende in piazza coi compagni meno bravi per lottare insieme. Ma Obama e' un uomo degli anni '80: quello bravo poteva lavorare per ottenere quello che voleva , gli altri si sarebbero dati una mossa oppure meritano il proprio destino. La differenza tra identita' dell'uomo come frutto del gruppo di appartenenza e l'identita' in termini di successi ottenuti e' un abisso che presto rendera' difficilissimo il dialogo tra Obama e i partiti di sinistra europei.
La differenza tra Obama e la destra americana non sta nella visione sociale o meno dell'uomo. Come uomo degli anni '80, ad Obama la parola "sociale" fa venire l'orticaria. Tantevvero che la sua riforma sanitaria e' una riforma che allarga la base degli aventi diritto, ma non fornisce un'assistenza sanitaria universale.(1)

E' ovvio che l'uomo di sinistra italiano allora chiede "ma perche' allora Obama si dice di sinistra?" Si dice di sinistra perche' crede in un'economia piu' regolata, e quando si parla di opportunita' sostituisce alla ricchezza il merito. Ma occorre fare attenzione, perche' essere meritevoli e' di gran lunga piu' difficile che essere ricchi, e con ogni probabilita' il numero di "meritevoli" nella visione di Obama e' ancora piu' piccolo del numero di ricchi. E' probabile che i meritevoli potranno, con Obama, arrivare nelle universita' e farsi pagare gli studi, ma e' del tutto impossibile che i test di ammissione siano resi piu' semplici: il risultato di questa selezione e' che i "meritevoli" saranno si e no il 5% rispetto ai ricchi. E questo perche' il meritevole lo decidono nell'atto (quello di superare la selezione) e non nella potenza: semmai  le selezioni diverranno piu' dure!

Quando Veltroni dice "Yes we can", dal punto di vista di veltroni sta dicendo che potenzialmente puo' farcela, ma dal punto di vista di Obama non si puo' permettere quell'aggettivo perche' non ce l'ha fatta. Obama non ha mai parlato di potenzialita', "yes we can" ha sempre avuto un sottinteso "yes we can (since we did)".

La mancanza completa di valutazioni delle potenzialita' nella valutazione dei meriti (derivante dalla cultura USA) unita alla mancanza completa di valutazioni collettive (o di gruppo) dovuta al suo essere un uomo degli anni '80 sara' presto la fonte delle peggiori delusioni nel mondo della sinistra italiana e mondiale.

Tradotto in soldoni: in confronto ad Obama il nostro Brunetta e' un tollerante levantino,  in confronto all'idea di scuola che ha Obama la Gelmini e' quasi sovietica, il diritto di sciopero non e' neppure compreso nell'orizzonte di un individuo che ritiene il successo personale come unica speranza di vittoria: se oggi non lavori stai minando il TUO successo personale, ergo scioperare e' assurdo perche' il successo del gruppo non e' l'unione degli sforzi, ma l'unione dei risultati individuali: un gruppo di sfigati rimane un gruppo di sfigati, per quanto numeroso sia il gruppo.

Ah, si': dalle parti di Obama chi perde le elezioni scompare e non ci prova piu'. Weltroni e' un essere paradossale ed incomprensibile, visto da lui: e' un perdente (in quanto ha perso le elezioni) ma si ostina a non andarsene. Quanto di meno "americano" possa esistere: nemmeno l'ottimo Kerry ci ha riprovato, ed era di un livello intellettuale superiore persino ad Obama.

Sul piano politico italiano e' inutile illudersi: man mano che queste differenze si faranno visibili, diventera' sempre meno chiaro il perche' questa vittoria sia una "vittoria per la sinistra", dal momento che ogni giorno che passa rimarchera' le differenze tra Obama e i cialtroni locali.



A questo bisogna aggiungere il fatto che Obama come tutti gli americani e' un pragmatico, cioe' ha l'abitudine di parlare col capo considerandolo tale nella misura in cui ha davvero il comando: magari e' Putin, magari e' Saddam Hussein, questo non importa, basta che sia materialmente il capo.  Il che significa che al momento in cui vorra' parlare col capo in Italia, parlera' con Berlusconi. Non fatevi illusioni su questo.

Uriel

(1) Quella era nel programma della malvagia Hillary Clinton, quella che mangiava i bambini, frullava gli opossum vivi per farsi le maschere antirughe,  e non era abbastanza negra per fare il presidente.
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Obama , il '68 ed i negri.

( Categorie: Entomologia umana.)
Mi chiedono di scrivere un post serio su Obama e sulla sua vittoria alle presidenziali. Come al solito, vi accontento con la consueta logorrea.

Per prima cosa, con Obama e' finito il 1968, e si e' chiuso il ciclo delle sue conseguenze culturali. La X-Generation, sia essa Hillary Clinton sia essa MCCain, e' finita qui. Obama non ha fatto il 1968, all'eta' dei contestatori lui faceva gli anni '80.

E' importante stabilire questo per sancire l'abisso tra lui e la politica italiana, che giusto quest'anno e' riuscita a liberarsi del 1900, trovandosi ferma al 1968. Al pessimo 1968 che e' stato quello italiano.

Tutta la dialettica della protesta, della lotta, del vittimismo, tutta la dialettica dei "movimenti", dei "collettivi", della guerra dei sessi, degli scontri urbani non gli appartengono. La sinistra italiana, che non ha mai digerito gli anni '80 limitandosi a rimuoverli, non ha gli strumenti culturali per capire Obama. Ha rinunciato a questi strumenti quando ha condannato Craxi al ruolo di male assoluto e capro espiatorio, e quando ha deciso di abolire gli anni '80 come se fossero stati semplicemente gli anni di Drive In.

Ah, i negri.

Punto primo: Obama non e' un negro. Se per negro in America intendiamo una categoria sociale e dialettica caratterizzata dalla figura dell'uomo del ghetto, se per negro intendiamo il prodotto di una cultura che accolla al sistema ed al razzismo tutte le colpe dell'emarginazione dei neri, se per negro intendiamo il figlio delle pantere nere, ebbene Obama non e' un negro.

Ed e' per questo che adesso i negri dei ghetti avranno vita piu' difficile e non piu' facile. Finora la cultura del negro americano si e' nutrita di un vittimismo fatalista col quale giustificavano una condotta fancazzista e criminale accusando la societa' di emarginarli, di non accettarli. Il negro pimp, tutto bling-bling e hooker commetteva crimini contro la societa' americana, rifiutava per primo di impegnarsi in un percorso di vita legittimo grazie ad uno stratagemma dialettico , lo stratagemma di accusare la societa' americana di non accettarlo.


Oggi, questa dialettica (figlia degli anni '70) e' finita. Da oggi il "gangsta" ha una scusa in meno. Da oggi, essere uno spacciatore , un parassita nullafacente , un gangster, essere un magniaccio saranno semplicemente scelte, scelte delle quali sara' meno facile accusare la malvagia societa' razzista.

Finisce oggi il sogno di Martin Luther King. Finisce oggi la parabola di Malcolm X. Obama non e' il loro acme. E' la loro nemesi. E' la nemesi di un'idea di negro che non prova neanche a vincere e si ritira in un ghetto ove vive di espedienti e crimine , giustificato dal razzismo dei bianchi.

Razzismo che era un'ombrello protettivo dietro al quale troppa inerzia e troppo assistenzialismo alleggerivano il giudizio sui neri. Da oggi, ricordiamolo, se la gran parte dei carcerati e' di colore nessuno potra' piu' accusare la societa'.

In definitiva, Obama da' un bruttissimo colpo alla "cultura del piagnisteo" che alimento' tutti gli anni '70 e tutti i movimenti dei negri americani.

E no, non e' negro nemmeno per un altro motivo: e' stato eletto come presidente. Se una nazione fa questo, ha evidentemente superato il problema del colore della pelle, o lo ha fatto almeno in massima parte. Questo non significa che siano scomparsi i razzisti. Significa pero' che tutti i discorsi sulla pelle di Obama potrebbero persino risultare offensivi per gli americani: se lui e' presidente, il colore della pelle per loro conta poco. Se per noi conta, sia nel bene che nel male, allora siamo NOI ad avere un problema.

E ancora: spicca la scomparsa della destra religiosa dalle scene. E' durata pochissimi anni la parabola dei teo-qualcosa, siano teodem , teolib o teocon. Nei sondaggi non sono neppure comparsi.

Alcuni si sentono presi in giro dalle amministrazioni Bush e hanno smesso di votare. Altri hanno capito che non basta prendere il comando del paese piu' ricco del mondo per mandare indietro le lancette dell'orologio. Altri ancora hanno semplicemente deciso di seguire un'altra moda.

Il dato di fatto e' che oggi sara' piu' difficile chiamare "teodem" un bigotto, perche' non avra' termini di paragone negli USA. E sara' piu' difficile tenere "sdoganata" quella cultura che otto anni fa venne aizzata ad uscire dalla sua gabbia , nella "bible belt" americana.

Cosi', in definitiva finisce una moda, quella della religione come categoria politica americana. Finisce una stagione, quella dei leader negri spinti dalla cultura del piagnisteo, ove se un negro prendeva una multa per divieto di sosta era vittima di razzismo e non un semplice cittadino pizzicato. Le Pantere Nere vanno in soffitta.E finisce una generazione, quella dei post-sessantottini.


Le conseguenze si faranno sentire presto, ma nessuno degli schieramenti italiani, uno sessantottino e uno pre-sessantottino, hanno gli strumenti culturali per capirle in tempo.

Non capisco di che cosa si rallegri Veltroni: per un rottame del sessantotto come lui, Obama uomo degli anni '80 e' letteralmente un alieno.