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Che tempo (non) farà Obama

di Mario Tozzi - 08/11/2008

 
 
Se davvero la presidenza di Barack Obama cambierà il mondo non lo vedremo solo nella risoluzione dei conflitti o della crisi finanziaria globale, ma soprattutto nella via d’uscita dall’attuale ecological crunch, la «bolla ecologica» di un’umanità che vive ben al disopra delle possibilità che questo pianeta le offre. E da questo punto di vista è bene coltivare dei dubbi, che verranno misurati negli atti concreti del nuovo presidente, ma che sono talmente legati allo spirito nordamericano da mettere in guardia rispetto al diffuso ottimismo di questi giorni. Certo, rispetto alle idee del ticket McCain/Palin siamo passati dal giorno alla notte: laddove i repubblicani prospettavano solo il keep drilling a proposito del petrolio come unica fonte di energia del futuro (basta andarselo a prendere dove ancora c’è, magari a prezzo di una guerra), il senatore afroamericano sostiene che il mix energetico degli Stati Uniti sarà composto da una parte di nucleare e da energie rinnovabili. Ora, come questo possa accadere in quattro anni, visto che ancora oggi la metà dell’energia elettrica del Paese si fa con il carbone come un secolo fa, resta un mistero. Chi imporrà alle industrie statunitensi, in tempi di crisi economica, di dotarsi d’impianti di desolforazione molto più costosi? Certo Obama non perforerà i territori dell’Arctic Refugee dell’Alsaka (come aveva preannunciato la Palin) e non è espressione diretta dei petrocarbonieri come Bush, ma se la sentirà d’imporre alle case automobilistiche, intasate da decine di migliaia di suv invenduti, costosi dispositivi ecologici?

Ma se sulla questione energetica il nuovo presidente sarà chiamato a rispondere in un tempo ragionevole, su quella climatica (strettamente legata) lo dovrà fare subito. Obama ha dichiarato di voler sottoscrivere il Protocollo di Kyoto, però non è chiaro se si tratterà dell’adesione che manca dai tempi di Bill Clinton (con Al Gore in un ticket tradizionalmente ritenuto tra i più verdi, che però non riuscì a imporsi in questo campo) o se vorrà rinegoziarlo e, nel caso, in che termini. Gli scienziati ricordano che il cambiamento climatico sarà «faster, stronger and sooner», cioè che avverrà più velocemente di quanto essi stessi avevano già previsto nel 2007. Come a dire che non si dovrebbe perdere altro tempo e ridurre le emissioni clima alteranti dal 25 al 40% entro il 2020, mentre a Kyoto non ci si è accordati sul 6%! Quel protocollo non risolve certo la crisi climatica, ma almeno fissa vincoli di legge e crea un diritto internazionale dove prima c’era solo deregulation selvaggia, e consente uno sviluppo significativo delle energie rinnovabili. Rinegoziare Kyoto al ribasso perché Cina e India non hanno ratificato il protocollo è paradossale: i Paesi «effluenti» vanno aiutati dagli sforzi economici e tecnologici di chi per secoli ha depredato il pianeta inquinandolo e oggi scopre, guarda un po’, che anche gli altri vorrebbero svilupparsi. Potrà Obama far capire agli statunitensi che non sarà mai possibile portare tutti gli uomini della Terra al loro livello di benessere (o spreco), a meno di non avere altri tre pianeti a disposizione? E che questo si traduce inevitabilmente in rinunce e cambiamenti di abitudini?

Il problema è strettamente connesso all’American Way of Life che dovrebbe essere ridiscussa dalle fondamenta proprio in un momento di crisi, e questo non pare se lo possa permettere nemmeno un uomo che viaggia sulle ali di un entusiasmo fenomenale. Significa dire al cittadino del Mid-West che non potrà più pagare la benzina al gallone quanto un europeo la paga al litro; significa che il 5% della popolazione mondiale (quella degli Stati Uniti) non può continuare a consumare il 40% delle risorse e inquinare per il 35%. Di più: significherebbe affermare che l’economia viene necessariamente dopo l’ambiente e che nessun capitale economico può maturare al di là dei limiti fisici del capitale naturale. Come a dire che non c’è più alcuna crescita infinita da sostenere, nessuna frontiera da conquistare, e questo sembra troppo anche per il sogno di Obama.