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Il libro della settimana: Andrea Maria Erba e Pier Luigi Guiducci, La Chiesa nella storia

di Carlo Gambescia - 13/11/2008

Il libro della settimana: Andrea Maria Erba e Pier Luigi Guiducci, La Chiesa nella storia. Duemila anni di cristianesimo, Elledici, Torino 2008, nuova edizione, 2 voll. , pp. 770 complessive, Euro 45,00 – www.elledici.org

Spesso quel che oggi distingue, e non in meglio, il dibattito tra laici e cattolici, è l’assenza tra questi ultimi di una solida cultura storica. Non che non esistano bravi storici o pregevoli storie della Chiesa e del cristianesimo, anche a livello di alta divulgazione. Ci mancherebbe altro.
Il punto è che non si vuole prendere sinceramente atto di una questione. Quale? Nelle nostre società “presentiste” - e parliamo da sociologi - esiste e cresce una diffusa disattenzione verso la cultura storica (quella vera, non la cosiddetta storia vista dal buco serratura...). Di qui, per ricaduta, quella progressiva disaffezione del “cattolico medio”, magari con discrete doti di lettura, anche nei riguardi della “sua” storia, verso la quale prevale in libreria e biblioteca, nella migliore delle ipotesi, il "fai da te". E di conseguenza, salendo di livello intellettuale, l’incapacità di individuare, anche in sede di dibattito mediatico, le giuste linee di difesa storica, serie e oggettive, al dilagare di una visione post-moderna del mondo. Dove la Chiesa Cattolica è vista non più ( o non solo) come una sopravvivenza del passato, secondo l’antica lezione positivista, ma quale - ecco la chiave postmoderna - associazione tra le tante, rivolta a procurare quel supplemento psicologico di anima e dolcezza che difetterebbe all’insicuro uomo del Ventunesimo Secolo. Al riguardo si pensi ai contributi - in ordine qualitativo decrescente - di filosofi postmoderni (ma per alcuni "post-tutto") come Rorty, Vattimo, Savater, solo per ricordane alcuni. In questo modo però si rischia solo di fare una sorta di uso ateo del cristianesimo. Riducendo la Chiesa a una sorta di “Medici senza Frontiere”. E la religione cristiana a stampella terapeutica della società del rischio. Finendo così per perdere di vista un uomo in realtà dedito alla cura narcisistica del presente e sempre più estraneo a Dio, a se stesso, agli altri.
Una buona occasione per andare incontro al bisogno di storia, spesso inconsapevole, del “cattolico medio”, può essere rappresentato dalla pubblicazione, in nuova edizione, de La Chiesa nella storia. Duemila anni di cristianesimo (Elledici, Torino 2008, 2 voll. , pp. 770 complessive, Euro 45,00). Un’opera di altissima divulgazione, scritta in modo rigoroso da due noti storici della Chiesa: i professori Andrea Maria Erba, barnabita, già docente, oltre che in altri prestigiosi istituti, presso la Pontificia Università Urbaniana e Pier Luigi Guiducci, docente all’ ”Ecclesia Mater”, istituto facente parte della Pontificia Università Lateranense.
Ora, due osservazioni metodologiche in senso lato. E dunque non proprio da storici della Chiesa, anche perché non lo siamo. Ma che riteniamo stimolanti per i possibili lettori.
In primo luogo, siamo al cospetto di un piccolo gioiello di sintesi storica. Un primo uso del volume, può essere quello, come dire, enciclopedico. Infatti, il ricco indice dei nomi rende possibile risalire subito a qualsiasi personaggio storico interno o collaterale al tema del libro. Un secondo uso è quello classico: della lettura continuativa del testo. Resa molto facile dalla chiarezza di stile degli autori e dall’organica disposizione della materia. Ma anche dall’ accorto impiego, in sede di impaginazione, delle illustrazioni. Immagini, molto belle e non comuni, che alleggeriscono la pagina, pur mantenendo una giusta e ricercata sintonia con il testo, ben sottolineata dalle mai banali didascalie.
In secondo luogo, i due autori hanno conferito ampio spazio alla storia delle istituzioni religiose e all’interazione tra queste e la società. Con immenso piacere, tra le opere citate nelle ricca e puntuale bibliografia abbiamo scorto, tra le altre, quelle di Gabriel Le Bras, grande sociologo novecentesco delle istituzioni religiose: ancora oggi - abbiamo subito pensato - maestro prezioso per gli storici più preparati, riandando con nostalgia alle dense pagine dei suoi Prolégomènes all’ importante Histoire du droit et des institutions de l'Église en Occident.
Ma veniamo alla ricca materia trattata nei due volumi. Dal punto di vista strettamente storico vanno segnalate le parti dedicate ai ritrovamenti archeologici di reperti cristiani in Africa, Israele, Siria, nonché all’incontro tra cristianesimo ed ellenismo, con particolare riguardo allo sviluppo delle principali eresie, ovviamente anche di altra matrice culturale. Notevoli i capitoli dedicati alla nascita dello Stato Pontificio, all’età gregoriana e ai movimenti ereticali e di rinnovamento spirituale. Solide e informate quelle dedicate alle due Riforme, secondo la ormai classica lezione jediniana: Riforma Protestante e Cattolica. Con quest’ultima che precede e supera la prima, soprattutto come prepotente crescita della spiritualità e lento ma sicuro consolidamento delle istituzioni educative, caritative e pastorali. Eccellente, anche per equilibrio di giudizio, l’analisi delle incandescenti vicende della Chiesa otto-novecentesca, passata attraverso le fiamme del fuoco liberale, socialista e totalitario. E non sempre restandone indenne.
Il volume si conclude con la ricostruzione della storia della Chiesa post-Concilio Vaticano II e del pontificato di Giovanni Paolo II. Largo spazio è dedicato, in chiave problematica, al Grande Giubileo dell’Anno Duemila e alla capacità di risposta della Chiesa alle nuove sfide della secolarizzazione, e secondo alcuni, della postsecolarizzazione.
Interessante infine l’ aggiornata disamina delle nuove sétte e dei nuovi movimenti religiosi: segno delle continue sfide cui la Chiesa non si è mai sottratta fin dagli albori. In questo senso il libro sembra finire (provvisoriamente: come mettere limiti alla Provvidenza, in tutti i sensi?), così come inizia: dal momento che la Chiesa sembra essere oggi tornata a confrontarsi con una religiosità paganizzante. Si pensi solo alle ambiguità racchiuse nella religiosità new age.
Dicevamo all’inizio della necessità di buone opere storiche, capaci di risvegliare il “cattolico medio” e così vivacizzare il dibattito con i laici usando, se ci passa il tono non proprio pacifista, le “munizioni” offerte da una accurata ricostruzione della storia bimillenaria della Chiesa. Bene, La Chiesa nella storia ne è un ottimo esempio. Soprattutto perché oltre ad accettare l’aurea e condivisibile (da tutti, laici e cattolici), “regola di non dire nulla di falso, non tacere nulla di vero”, non perde mai di vista il piano metastorico; quello della Città di Dio, per dirla con Agostino. Il che può dispiacere al laico, ma non al credente e praticante (in senso integrale s'intende) : perché un discrimine deve pure esistere, proprio per evitare il rischio di un dannoso sincretismo laico-religioso da notte postmoderna delle idee (anche religiose) dove tutte le vacche sono grigie…
Pertanto riteniamo risolutiva questa citazione di San Vincenzo di Lérin (morto nel 450 circa) riportata dagli autori: “Come il seme di frumento germoglia e spunta, mette stello e spiga, ma rimane sempre frumento, così l’essenza della Chiesa si realizza nella storia in forme variabili, rimanendo uguale a se stessa”.
Il che significa che ciò che non cambia nella sua essenza - dalla Chiesa come corpo mistico di Cristo alla natura spirituale dell’ uomo - può essere solo indispensabile nutrimento e mai riduttivo supplemento d’anima o di dolcezza.
Esattamente l’opposto di quel che oggi invece pretendono i postmoderni.