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Medioevo, tempo di maghi. O no?

di Franco Cardini - 18/11/2008

       
 
 
 
Prendendo spunto dal libro Medioevo magico di Graziella Federici Vescovini, lo storico Franco Cardini analizza l’evoluzione del rapporto fra cristianesimo e magia durante tutto il Medioevo europeo. Alla netta opposizione di sant’Agostino, che rifiutava la differenza fra magia positiva e negativa propria del diritto romano e condannava tutta la magia come idolatria, seguì la fase di dialogo bassomedievale, quando la diffusione dei testi astrologici arabi stimolò il dibattito con i teologi cristiani. La nascita dell’Inquisizione rappresentò la svolta certamente negativa per la pratica della magia, ma, secondo Cardini, fu solo con il Rinascimento e la Riforma protestante che la condanna fu totale e si diffusero i processi contro le “streghe”.

Fu tempo di magia, il Medioevo? Ecco la tipica domanda alla quale tutti gli amateurs, gli aficionados, i voyeurs e i bricoleurs della storia risponderebbero subito, corali ed entusiasti, di sì. E in risposta alla quale ci si buscherebbe invece, da parte degli studiosi seri e degli ‘addetti ai lavori’, un’occhiata di noia e di disprezzo. Ma è poi una domanda tanto stupida? Certamente no. A patto di circoscrivere il senso del termine ‘Medioevo’ (non solo quanto alla sua durata cronologica, ma anche quanto ai suoi limiti geo-storici) e d’intenderci sulla natura della magia. [...] In realtà, nonostante nel mondo antico non fosse ignota la ‘scienza dei magi’, vale a dire dei sacerdoti-astrologi persiani della religione mazdaica, e fossero ben note le arti di Circe e di Medea indicate con una serie di termini che andavano a costituire un ampio campo semantico, fu con la diffusione del Nuovo Testamento e quindi con al cristianizzazione che si andò affermando e precisando quell’attività che Aurelio Agostino riuscì per primo a definire in modo preciso, qualificandola come ‘arte’ piuttosto che come ‘scienza’, riconoscendone il carattere pratico ancor prima che speculativo e rilevando che, nella sua pretesa di dominar la natura con l’aiuto di conoscenze e di tecniche liturgiche le quali includevano l’evocazione di esseri spirituali, essa palesava il suo carattere anzitutto idolatrico, quindi illusorio e fraudolento in quanto le entità spirituali non si lasciano dominare dalla volontà umana. Se nella legislazione imperiale romana si era distinto tra una magia positiva, a carattere pubblico, e una negativa a scopi arbitrari e privati, Agostino – e con lui, dopo di lui, l’intera tradizione cristiana – negò con forza che potessero esistere forme di magia di tipo positivo: anche quando l’atto magico mirava in sé a un buon fine – ad esempio la guarigione di un malato –, condannabile e illusorio era il ricorso ad invocazioni o a evocazioni idolatre. Ma a partire dal IX-X secolo, con l’arrivo in Occidente – soprattutto, per quanto non esclusivamente, dalla Penisola iberica – delle fonti arabe, a loro volta veicolanti un sapere più antico e remoto (greco, ma anche persiano e indiano), le prospettive della scienza occidentali andarono mutando. È l’argomento studiato nel bel libro di Graziella Federici Vescovini, Medioevo magico, dove si parte dall’accoglienza riservata nel mondo latino alle fonti arabe che profondamente ne rinnovarono il sapere e dal nuovo rapporto imposto dall’astrologia arabo-musulmana alla scienza dell’evocazione degli spiriti angelici e diabolici per esaminare i profondi e articolati rapporti della magia con le scienze della natura, l’eresia cristiana e le religione. Il quadro che la Federici Vescovini traccia della magia è molto rigoroso: la studiosa rifiuta ogni forma di troppo facile ‘unificazione’ di fenomeni tra loro eterogenei, non si nasconde dietro nessuna «teoria generale della magia», ma, al contrario, si dedica con acribia a rintracciare discussioni e perfino polemiche tra i vari adepti delle arti magiche fra loro e con teologi quali Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, Ruggero Bacone, Cecco d’Ascoli, Pietro d’Abano e Biagio Pelacani. Al centro del dibattito magico si presentano così alcuni temi, rispetto ai quali si mantenne sempre una qualche ambiguità. Esistevano davvero tecniche efficaci per ‘obbligare’ gli spiriti a obbedire al mago, o si trattava sempre di illusione? Fino a che punto gli astri influivano sulla natura umana, ed era possibile coniugare arte della lettura del futuro nelle stelle e libero arbitrio? Era possibile la dimensione di una magia tutta ‘naturale’, ispirata cioè alla conoscenza delle proprietà delle cose? [...] Certo, comunque, la nascita dell’Inquisizione segnò in un modo o nell’altro lo sviluppo della dimensione della magia, relegandole alcuni aspetti a un mondo superstizioso ed oscuro che tuttavia soltanto l’umanesimo e la Riforma protestante conversero nel condannare totalmente. La ‘caccia alle streghe’ è figlia della lotta contro l’autorità pontificia, dell’esperienza e del luminoso Rinascimento, non già del buio Medioevo.

G. Federici Vescovini, Medioevo magico. La magia tra religione e scienza nei secoli XIII e XIV, Torino, UTET, 2008, pp. 498, € 29