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Censura sui blog

di Valerio Lo Monaco* - 20/11/2008

    

Prima una debita premessa, facile almeno per chi legge abitualmente questo blog: qualunque tentativo messo in atto dal Parlamento di limitare la libera espressione è, naturalmente, dovuto alla volontà di mantenere lo status quo.
Ovvero di evitare, con restrizioni sempre più soffocanti, che vi siano voci in grado di esprimersi liberamente e soprattutto arrivare a una audience più o meno elevata, comunque oltre la propria stretta cerchia di conoscenti. Come avviene spesso (almeno potenzialmente) attraverso internet. Voci, ovvio, che possano in qualche modo disturbare lo “stato delle cose” ed esprimere opinioni differenti rispetto a quelle che passano sui media ufficiali. Media ufficiali i quali, chiaro, sono strettamente collegati (conniventi?) proprio al Palazzo e ai suoi "derivati”.
Però c’è un però. Grosso come una casa. Che, onestà intellettuale vuole, non si può eludere: tutti possono dire ciò che vogliono, ma nessuno può permettersi di dire qualcosa senza prendersene la responsabilità.
Ora, è evidente che equiparare i blog a una testata giornalistica – di questo si parla, in riferimento al prodiano disegno di legge Levi – sia cosa abnorme. Così come abnorme, e da respingere con sdegno e forza, sia il fatto di voler imporre ai proprietari di siti e blog tutta una serie di clausole, iscrizioni e incombenze normalmente imposte alle testate giornalistiche di ogni tipo, dunque anche a quelle sul web.
Su questo non c’è molto da dire: tentare di equiparare i blog a testate giornalistiche significa mettere il silenziatore a tantissime voci scomode (oltre che a quelle inutili e dannose: cosa a margine del progetto in discussione ma comunque parte del tutto) che avrebbero vita non facile, quando non proprio impossibile, nel continuare la propria esistenza.
Una cosa è però inaccettabile: che dietro a siti e blog sia ancora possibile, oggi, non rendere pubblica la propria identità. Basterebbe questo, forse, per regolamentare non già il web – che non ha bisogno di regolamentazioni pelose piovute dall’alto – ma ripristinare la possibilità di rispettare regole comuni di civiltà (oltre che sani e giusti principi dell’informazione e della libera espressione).
Oggi è possibile aprire un blog sotto falso nome e dire quello che passa per la mente, offese e ingiurie incluse (o anche lasciare un commento su un qualsiasi altro sito o blog) senza firmarsi, ovvero senza prendersi la responsabilità di ciò che si dice. Basterebbe evitare questo, e la correttezza sarebbe ripristinata.
Perché invece il Parlamento tenta di apportare modifiche ancora più restrittive? Semplice: perché oggi, anche senza incorrere in reati di diffamazione o altro, basta raccontare semplicemente qualche verità per dare fastidio al sistema. E dunque, non si vuole colpire il fatto di dare nome e cognome a chi racconta la verità, ma si vuole viceversa colpire chiunque (con nome o meno) la racconta. Il che è, naturalmente, inammissibile.


*Direttore responsabile La Voce del Ribelle