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Come si ricostruisce l’economia contadina

di Waltraud Schwienbacher - 20/11/2008



La Val d’Ultimo è a 25 km da Merano e ha un’altitudine che
parte da 600 metri e arriva fino ai masi più alti che sono a
1810 metri. I campi dei masi sono quasi tutti molto piccoli,
molto ripidi e difficili di lavorare.
Sono contadina e con mio marito abbiamo uno dei masi più
antichi della valle, già citato nel 1357 e abbiamo ricevuto
dalla provincia il premio che danno quando il maso è da
almeno 200 anni della stessa famiglia
Sopravvivere all’usura umana in Val d’Ultimo
Nel cuore della Val d’Ultimo hanno fatto un lago e sono rimasti
sott’acqua i più bei masi della valle e diverse case, in tutto 32
aziende. Noi abbiamo perso quasi 9 ettari di terreno coltivabile e
circa 7 ettari di bosco, casa, fienile. Ci sono rimasti solo tre quarti
di ettaro di seminativo e circa 20 ettari di bosco. Ci concedono di
sfalciare una parte della diga ma non è più come un nostro possesso
perché se l’ENEL fa qualcosa alla diga non possiamo annaffiare,
concimare, pascolare ecc. A noi però piace molto essere
contadini e con questo poco terreno rimasto abbiamo dovuto
cambiare la nostra economia. D’estate coltiviamo le erbe che ora
sono il nostro guadagno principale e d’inverno lavoriamo la lana:
mio marito e il figlio tessono 3 mesi circa al telaio e io coloro tutta
la lana con erbe, fiori, cortecce e radici. Il vestito che porto l’ho
colorato con le radici.
Abbiamo cominciato del 1990 il progetto di sopravvivere
all’usura umana della Val D’Ultimo. Con i prezzi del latte, della
legna, della lana, i contadini in questi piccoli masi non potevano
più vivere ma se erano costretti a andare fuori a lavorare avremmo
avuto più traffico ma avremmo anche perso una cultura preziosa
perché se un contadino lavora tutto il giorno fuori, può fare
sui masi solo i lavori principali e deve tralasciare gli altri. In Val
d’Ultimo, per ricordarne solo tre, ci sono i tetti con le scandole,
i muri a secco, i recinti di legno: tutte cose per le quali non ci
sarebbe stato tempo. Non è bello abbandonare tutto questo, ma
anche pensare di vendere fuori le preziose ricchezze naturali che
abbiamo, oltretutto a prezzi bassissimi, non ci tornava. Poi c’era
l’aspetto sociale, se riuscivamo a trasformare i nostri prodotti nei
masi allora potevamo liberare dei posti di lavoro fuori valle per
chi non ha altre possibilità.
Perciò abbiamo fatto un’inchiesta fra tutta la popolazione per
scoprire i problemi più grossi e in base ai risultati abbiamo messo
in piedi dei gruppi di lavoro: uno per l’agricoltura, il commercio e
il turismo, uno per la pianificazione, uno per l’ecologia comunale,
uno per le questioni sociali e la cultura. In ogni gruppo di lavoro
ci siamo dati un programma e abbiamo cominciato a lavorare. Per
me come presidente, che ha avuto l’iniziativa del progetto, è stato
un anno molto laborioso con più di 60 riunioni, ma volevo essere
presente in ogni gruppo di lavoro per sentire i veri problemi della
gente. Alla fine dell’anno si è concluso che anche in Val d’Ultimo
ci sono molte possibilità.


La ricchezza della legna
Abbiamo tanto bosco ma per lo più un bosco molto ripido, difficile
da lavorare.
I contadini hanno detto che se non fanno quasi tutto il lavoro
da soli fino a portare la legna vicino alla strada pronta per essere
caricata, non gli rimane quasi nessun guadagno. Allora abbiamo
messo in piedi una scuola invernale, iniziata nel 1994, dove impariamo
a tagliare la legna nella giusta fase lunare, a usare quella di
prima qualità per fare mobili di legno massello, lavori di decorazione
e intaglio, la seconda qualità da costruzione, la terza per i
soffitti a cassettone ecc. e la quarta qualità per la bioenergia. Nella
nostra valle ci sono 4 paesi, in 3 abbiamo già ora il riscaldamento
centrale e tutta la legna è prodotta sul posto.
Ho parlato spesso con i nostri forestali i quali, quando fanno i
tagli, con i prezzi bassissimi del legname che ci sono oggi, lasciano
spesso in terra la legna nei posti più lontani o quella un po’ marcia
e i rami, ma per il bosco sarebbe meglio se fosse pulito e noi
abbiamo pensato che anche qui c’è la possibilità di un guadagno,
così quando hanno tempo i contadini vanno a fare un carico di
legna nei terreni demaniali e possono portarla al comune.
Infatti sono nati anche tanti impianti di riscaldamento ecologici.
Si sono dati da fare i contadini e ora il riscaldamento centrale
ce l’hanno non solo tutti gli edifici pubblici, i condomini, gli alberghi,
ma anche diversi agricoltori, artigiani, che scaldano tutti
a legna. Tre contadini si sono comprati le macchine spaccalegna
come investimento sul maso e adesso forniscono gli alberghi di
legna tagliata già finita, invece gli altri contadini vanno da loro a
spaccarsela da sé.
Questo tipo di riscaldamento è molto rispettoso dell’ambiente:
se un albero marcisce nel bosco o viene bruciato in una di
queste caldaie ecologiche la produzione di CO2 è la stessa.
Adesso abbiamo un nuovo progetto: scalderemo l’acqua a 280
gradi e col vapore si produrrà la corrente e in questo modo utilizzeremo
proprio tutto del legno. Potremmo arrivare a tagliare anche
50.000 metri cubi di legna l’anno ma per il momento usiamo
solo 8000 metri cubi per questi riscaldamenti.
La lana e il latte
Un tempo c’era anche un mercato delle pecore in un paese della
valle e 20 anni fa sono andata lì dai contadini delle pecore e ho
Val d’Ultimo. Trasporto di legna

chiesto come andava, perché a me erano sempre piaciute la lana e
le pecore. Gli agnelli li vendevano abbastanza bene ma la lana la
buttavano nella spazzatura perché nessuno la voleva più.
C’era qualcosa di irragionevole in tutto ciò. Un proverbio dice
che la lana fa metà farmacia in casa e noi la buttavamo nell’immondizia
e compravamo a caro prezzo la roba sintetica!
Perciò abbiamo cominciato a fare dei corsi per imparare a filare,
tessere e colorare la lana con sostanze naturali. Qualcuno però
ha detto che erano molto belle queste cose, ma pizzicavano troppo:
allora si è cercato di produrre maglioni con lana più sottile.
Abbiamo importato 4 capre d’angora e cachemire dalla Svizzera
e ora sul maso ne abbiamo più di 20 che sono come le capre normali.
Stanno in malga in alta montagna da metà maggio fino alla
fine d’ottobre, ma questa lana è così sottile che da sola non si può
filare a macchina, bisogna mescolarla col 30% di lana di pecore
da latte e abbiamo deciso di prenderle.
Dato che vado spesso a fare conferenze, a Salisburgo ho conosciuto
un pediatra molto famoso in Austria che cura tutte le
allergie con latte di pecora e di capra.
Lo abbiamo invitato in Val d’Ultimo pensando che se i contadini
sentono una volta quanto è sana la lana e i prodotti del latte
di pecora e di capra allora forse alcuni si decidono a cambiare
perché noi avremo veramente tanti masi adattissimi a tenere capre
e pecore, ma qualche volta è proprio una questione di prestigio
avere delle mucche nella stalla e per il vero contadino le capre
e le pecore restano ancora le mucche dei poveri.
Per l’occasione abbiamo invitato i pediatri delle nostre città,
che hanno riferito come anche da noi le allergie sono più che triplicate
e sarebbero molto contenti di poter avere delle alternative
perché al momento danno solo cortisone e sappiamo che non fa
molto bene.
Per la qualità della lana sottile mescoliamo lana di pecore da
latte e cachemire. Abbiamo ancora circa 2.000 pecore di monta256
gna da carne, la loro lana la usiamo per fare tende, tappeti, tutte
le cose col feltro, cappelli, guanti, pantofole, giocattoli per i bambini:
quelli che lavorano il feltro sono molto creativi. Da poco è
finito un triennio della scuola invernale, per l’occasione facciamo
sempre una grande mostra e una ragazza si è fatta un bellissimo
vestito da sposa di feltro molto sottile con dentro la seta. Abbiamo
ancora un’altra razza di pecore che hanno una lana grezza
piuttosto lunga e quella la usiamo per i tappeti e i materassi.
Facciamo anche la stoffa dei materassi, di seta grezza, e la riempiamo
con questa lana. La fibra più sana per l’uomo è la lana,
poi viene la seta.
La lana è proprio meravigliosa. Sapete tutti che una pigna è
fatta di lamette, anche la lana se guardiamo al microscopio ha le
lamette e funziona nello stesso modo: quando è caldo e asciutto
si apre, invece quando piove si chiude. È come un regolatore del
clima. Se guardiamo i beduini nel deserto portano solo vestiti di
lana perché di notte fa fresco, di giorno caldo e nessun’altra fibra
può regolare la temperatura come la lana. La lana contiene anche
ossigeno dell’aria, acqua e zolfo, queste cose sono buone per la
pelle, per i capelli, per i muscoli, per le ossa, lo zolfo anche per il
sangue e le cellule, insomma è meraviglioso poter fornire queste
cose al nostro corpo attraverso la pelle.
Oggi portiamo spesso vestiti che al corpo non fanno bene.
Mi tengo sempre in contatto con i medici che controllano queste
cose e dicono che se indossiamo vestiti di fibre sintetiche, o
trattate chimicamente, non ci fanno bene. Il nostro sudore è fatto
di acqua, sale, ma anche di sostanze tossiche, le quali con quei
vestiti rimangono sulla pelle. Uno dei motivi per cui la gente è
nervosissima, aggressiva, depressa e ha tante allergie, è anche perché
porta vestiti completamente dannosi giorno e notte. Invece
la lanolina è molto sana, è un rimedio contro l’infiammazione e
serve anche molto alla bellezza.
Nel mio maso facciamo creme, ma anche saponi col miele e
dappertutto mettiamo anche lanolina. Ideale sarebbe portare sot257
tovesti di lana sottile o anche misto lana e seta perché se portiamo
lino o cotone, che come fibre sono sane, ma mai sane come la
lana e anche la seta. Se sudiamo, al cotone e al lino occorre il nostro
calore per far evaporare questo sudore, invece alla lana no.
Si dice spesso che bisogna mettersi qualcosa addosso quando si
suda sennò si prende freddo, invece con le fibre della lana non ci
si raffredda. Con la lana facciamo anche bagni di sola lana cardata
con erbe in vasche di cirmolo.
Gli alberi come medicina
Il vestito dovrebbe essere la nostra seconda pelle e la casa la terza
pelle. Dico sempre lasciamo la casa anche mezza vuota, ma mettiamoci
dentro mobili di legno massello, tende o tappeti di fibre
naturali.
Me la intendo molto col bosco: anche la settimana scorsa abbiamo
avuto in Val d’Ultimo un seminario intitolato «La voce del
bosco» in cui si è imparato che ogni albero ha un diverso effetto
terapeutico sia sul corpo che sull’anima. Solo per fare due esempi:
la betulla se l’abbiamo in casa ci dà allegria, leggerezza e aiuta,
come del resto il larice, specialmente le persone molto attaccate
alla materia a lasciare la presa, perché sono alberi che a ogni
autunno perdono il loro vestito che si riprendono a primavera.
Noi oggi siamo troppo preoccupati e abbiamo paura che domani
non avremo abbastanza da mangiare, eppure ci ammaliamo di più
quando abbiamo troppo invece che troppo poco da mangiare.
Il cirmolo mi piace molto: nessun albero cresce in così poco
tempo d’estate e viene schiacciato così spesso d’inverno dalla
neve e dalle valanghe, ma in primavera si rialza. Così se mettiamo
legno di cirmolo nella nostra casa, quando la vita qualche volta ci
schiaccia ci rialziamo di nuovo.
Hanno fatto degli studi all’Università di Graz in Austria mettendo
studenti in diverse stanze di legno e anche in letti di legno:
quelli che hanno messo in letti di cirmolo avevano ogni giorno
circa un’ora in meno di alta frequenza nei battiti del cuore, cioè
un’ora al giorno di vita in più, e erano anche molto più aperti, più
calmi, parlavano di più con gli altri. Anche i soggiorni nei nostri
vecchi alberghi sono quasi tutti di cirmolo.
Le noci dei cirmoli contengono 19 proteine, cioè tutte quelle
conosciute.
Siamo diventati poveri perché non vediamo più la ricchezza
che abbiamo attorno, c’è tutto quello che serve per vivere una vita
semplice, sana e felice.
Val d’Ultimo. Un maso tra i boschi
I materassi di lana per esempio. Col sudore emettiamo ogni
notte da un quarto di litro a un litro d’acqua e alcune persone
anche di più, il materasso di lana assorbe questo sudore e dà via
l’aria: questo è molto importante perché almeno un terzo della
nostra vita lo passiamo a letto.
E così lavoriamo centinaia e centinaia di chilogrammi di lana
e cerchiamo sempre di sviluppare questo lavoro, perché è importante
vivere in modo sano e lavorare la lana rende più sano il
mondo. Coltiviamo anche un po’ di lino e conciamo la pelle. Il
programma «Sopravvivere in modo umano in Val d’Ultimo» si
propone di usare ogni prodotto della terra fino in fondo.
Non si butta via nulla
Sono stata per 10 anni, nel comune di Val d’Ultimo, assessore
all’ambiente, alla gioventù, alla sanità ecc. e come tale ho pensato
che se un domani non diminuiamo i rifiuti arriveremo a non sapere
dove metterli e i costi aumenteranno, anche per questo mi dispiaceva
quando mi hanno detto che buttavano la lana nei rifiuti, lo
stesso succedeva con la pelle. I contadini dicevano che ricevevano
solo 50 centesimi per una pelle di capra o di pecora perciò non
conveniva trasportarle e costava meno buttarle nell’immondizia.
Adesso nei corsi della scuola invernale conciamo le pelli: le
puliamo e mettiamo in acqua con corteccia tritata e sale marino.
Il lavoro della concia lo facciamo tutti i giorni e dopo una decina
di settimane si hanno pelli conciate in modo completamente
naturale. Il cuoio lo si mette nella calce così viene via il pelo, poi
si sciacqua bene e si aggiunge questo concentrato di corteccia.
Anche la pelle da mocassini la mettiamo in questo concentrato di
corteccia e ci facciamo poi borse, vestiti e scarpe.
Per produrre la pergamena mettiamo la pelle nella calce a levare
il pelo, poi la passiamo nella cenere di legna con acqua, al260
lume di rocca e sale: così dopo circa 10 settimane abbiamo una
pergamena conciata tutta al naturale.
Invece il cuoio in commercio è conciato di solito con sostanze
molto tossiche. Abbiamo un corso che si chiama «Fare bottoni e
gioielli con le corna, il cuoio grosso, le ossa»… usiamo anche legna
e sassi e vengono fuori dei gioielli bellissimi: orecchini, anelli,
collane, spille per i capelli ecc.
Di latte ne produciamo parecchio: la maggior parte viene portato
alla latteria di Merano, solo alcuni contadini fanno il formaggio
a casa e hanno una richiesta maggiore di quanto possono
produrre.
Già da 6 anni abbiamo nella scuola invernale i corsi su come
fare il formaggio nei masi, sia dal latte di mucca che di pecora e di
capra ma anche lì con tante erbe e tanti fiori. Possiamo vendere
solo se facciamo delle specialità perché siamo piccoli.
Erbe officinali
Altri tre contadini oltre a noi coltivano erbe officinali nei masi,
noi abbiamo una coltivazione biologica. Normalmente fino alla
fine della stagione teniamo 25 diversi tipi di tisane.
Abbiamo invitato una volta un professore molto noto di Vienna
e ha detto che sarebbe bene bere tutti i giorni fino a 2 litri di
tisana ma la stessa solo per 3 settimane, poi bisogna cambiare.
Così abbiamo per la primavera fiori di campo, di prato, tisane per
il cuore, per l’ugola d’oro, per gli anziani, per le donne, per gli
uomini, poi vari sali con erbe aromatiche, creme, oli, ecc.
La specialità del nostro maso sono le rose. Coltiviamo tante
varietà di rose molto profumate e ne facciamo varie tisane. Si dice
che la rosa è la tisana per corpo, anima e spirito. Santa Ildegarda
scrive che l’olio di rosa è il migliore per curarsi e così abbiamo
tisane, profumi di rose, fiori di rose, rugiada, sogno per la fami261
glia, fiabe di rose per i bambini. Abbiamo preparati per l’estate,
per l’autunno, per l’inverno, poi aceto al miele con petali di rose,
fragole, lamponi, facciamo il sapone al miele di rosa, di rose alla
panna, abbiamo olio di rosa, lavanda, gigli o anche viole, poi creme,
acqua di rosa e diversi altri prodotti di cosmetica naturale e
un piccolo angolo con il rododendro.
In tedesco il rododendro è chiamato «rosa delle alpi» e così
anche lì abbiamo tisane con vari nomi: ghiacciaio, serenità dei
monti o fiore dei monti, poi anche sali per il bagno, insomma tante
cose diverse, facciamo cuscini con dentro le erbe calmanti.
Ci sarebbe ancora tantissimo altro da fare solo che è molto
lavoro perché trasformiamo proprio tutti i prodotti sul maso. Per
fortuna alla mia famiglia piace molto lavorare con queste erbe.
La scuola invernale
Nel 1994 abbiamo cominciato la scuola invernale. Prima avevamo
organizzato d’inverno dei laboratori dove i contadini, le casalinghe,
i pensionati e chi voleva, poteva parlare e verificare se gli
sarebbe piaciuto fare sul suo maso come hobby, o anche come
guadagno, quello che aveva visto al corso. Poi abbiamo iniziato la
scuola invernale con circa 20 scolari. Abbiamo 430 scolari e 150
sono in lista d’attesa, un quarto viene dalla valle, tanti da tutta la
provincia, poi ne vengono dall’Austria e dalla Germania e oggi è
venuta una signora anche dalla Sicilia che ha sentito di noi e ha
detto che anche lì buttano la lana e lei dopo i corsi farà qualcosa
per la lana.
Come funziona la scuola invernale?
Sono solo 7 fine settimana all’anno, venerdì e sabato tutto il
giorno, dura 3 anni per i settori principali, poi abbiamo i settori
secondari, che coprono 2 fine settimane all’anno ma si possono
fare anche come moduli, per questo ho pensato soprattutto alle
donne che sono sempre impegnate e non possono frequentare.
Si può fare anche per 3 anni un settore principale con un piccolo
esame e per altri 3 anni due settori secondari e si riceve il
diploma di specializzazione nella lavorazione delle fibre naturali
o nel legno, nel tessile, nelle erbe, nel settore bagni per la salute
preventiva, cioè la specializzazione nell’uso dell’acqua secondo il
metodo dell’abate Kneipp e poi nel vetro soffiato. Nel settore del
legno si impara a tagliare la legna nella giusta fase lunare, a preparare
le assi e a fare dei piccoli mobili. Si fanno diverse creazioni
con il legno e si lavora col tornio. Poi ci sono i vimini. Lungo i
fiumi crescono tanti salici che non vengono usati e invece sono
molto utili e possono essere un’importante fonte di attività, artistica
ed economica insieme. Non si usano solo i salici ma anche i
rami più fini delle betulle e dei larici per fare bellissimi cesti. Alla
fine del corso, il terzo anno, si fanno anche mobili con una parte
intrecciata di vimini.
Abbiamo un ragazzo, è un esempio molto bello, che ha un
maso a più di 1.600 metri: sono 7 figli e lui doveva fare sempre
un po’ da padre perché il padre è morto anni fa. Nove anni fa è
bruciata anche la casa e ha fatto il corso del legno ma anche dei
vimini. Adesso lavora 3 volte la settimana a Silandro coi malati
psichici e sono stati premiati 2 anni fa per quello che producono
perché fanno cose molto belle e innovative.
Abbiamo avuto una maestra che è venuta tre volte dalla Germania
a insegnare la lavorazione dei vimini: lì c’è una scuola professionale,
ma oggi questo ragazzo può già insegnare al suo posto.
È una filosofia del nostro progetto: quando abbiamo gente che sa
farlo diventano insegnanti.
Nel reparto tessile imparano a lavorare al telaio, a fare il feltro
e la maglia; abbiamo un laboratorio dove imparano a cucire, a
conciare la pelle, a filare la lana, a fare il patchwork per usare tutti
gli avanzi.
I colori, i fiori, la cucina con le erbe selvatiche
Poi ci sono i colori: ho imparato molto dai colori, una delle terapie
che si usava già nell’antichità era la terapia del colore. Per ogni
parte del corpo esiste un colore terapeutico e ho a che fare con
molta gente che, se non ho un seminario o una conferenza, allora
tutti i giorni viene a parlarmi perché non sta bene. Ho tutti i colori
nelle lane esposte e tanti intuitivamente prendono un colore e
poi parlando vedo che per la zona del corpo a cui si riferisce quel
colore hanno bisogno di aiuto.
Per un periodo abbiamo un colore che ci piace, poi cambiamo.
La mattina, prima di cominciare la mia giornata, faccio quasi tutti
i giorni una passeggiata e guardo molto la natura, per esempio il
Val d’Ultimo. Tipici recinti in legno
colore giallo è il colore della gioia, allora quando il lungo inverno
finisce abbiamo bisogno del colore della gioia, e così incominciano
a fiorire il dente di leone, le primule eccetera e in natura prima
del lungo inverno domina ancora il giallo.
Nel settore delle erbe si impara a cucinare le erbe selvatiche
e abbiamo più di 20 ricette solo con l’ortica o il dente di leone.
Quando gli studenti hanno fatto l’esame avevano un menù da
gourmet: in un metro quadro di un prato fiorito riuscivano a fare
un menù completo. Quante cose abbiamo dimenticato!
Abbiamo cominciato anche l’attività della decorazione floreale
con la natura, l’idea me l’hanno data delle fioraie che sono venute
sul nostro maso dalla Germania a comprare tisane. Una soffriva
di fegato, all’altra si gonfiavano le dita, un’altra aveva un’infiammazione
in bocca e dopo una lunga terapia i medici hanno visto
che queste cose erano provocate dal fatto di lavorare coi fiori importati
dalla Colombia, dall’Ecuador e dall’Olanda tutti irrorati
con potenti veleni. Allora ho pensato ma è possibile che noi dobbiamo
sempre ammalarci prima di cambiare modo di pensare?
Ora compriamo solo il filo di ferro, tutto il resto viene dalla
natura, che spontaneamente offre tante belle decorazioni e ci
possono guadagnare le nostre donne, infatti prima gli alberghi
compravano decorazioni ad alto prezzo da non si sa dove.
Vicino a noi ci sono diversi alberghi dai quali i cuochi vengono
sempre nel nostro orto a prendersi le erbe: ho parlato spesso con
gli ospiti che sono entusiasti dei menù con queste erbe perché
sono sempre più sensibili al problema della salute e così riusciamo
a dare anche al nostro turismo un’alta qualità.
Facciamo anche le candele, la carta con le ortiche e le bucce
di asparagi, il vetro soffiato, i bagni di lana, di fieno, di corteccia
e di erbe. Abbiamo cominciato da poco con la permacultura,
per vivere più liberamente il ciclo della natura, e cercheremo di
fare anche nella scuola invernale il cambiamento, perché vivere
in modo semplice e sano non deve essere un privilegio di chi ha
i soldi. D’estate teniamo diversi seminari estivi e adesso anche
la «Scuola di vita in Val d’Ultimo» dove offriamo agli asili, alle
scuole elementari e superiori, ma anche a diversi gruppi di persone,
la possibilità di frequentare seminari da un minimo di mezza
giornata fino a una settimana.


Intervento tenuto nel settembre 2006 alla Fira de’ Sdaz (Fiera dei Setacci) di
Sasso Marconi durante il Convegno sull’Utilità delle Certificazioni, organizzato
da Pierpaolo Lanzarini assessore all’Ambiente di quel Comune.