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La battaglia per Gerusalemme

di Andrea Dessi* - 27/11/2008




Secondo numerosi fonti palestinesi ed internazionali, Israele sta incrementando la sua linea politica mirata all’espansione nell’area di Gerusalemme Est. L’ormai nota questione dell’appropriamento da parte di coloni israeliani di case e terreni precedentemente occupati da famiglie palestinesi in varie parti della Cisgiordania è entrata in una nuova fase; fase che appare concentrarsi sui quartieri prevalentemente arabi di Gerusalemme Est.

Nonostante le numerose proteste provenienti dalla comunità internazionale e dalle varie organizzazioni umanitarie attive in Palestina, durante le ultime tre settimane il numero di case demolite a Gerusalemme Est è salita a sei; l’ultima lunedì 23 novembre, nel quartiere arabo di al-Ezariya.

L’obbiettivo apparente è quello di assicurare una presenza israeliana nel cuore dei vari quartieri arabi di Gerusalemme Est che accerchiano la città vecchia sulla sponda orientale. Tale presenza renderebbe ancora più difficile una possibile divisione territoriale della città vecchia di Gerusalemme. La maggior parte delle demolizioni e dell’appropriazione di terreni accade infatti nei quartieri di Silwan (situato a sud della città vecchia), al-Ezariya (est) e Sheikh Jarrah (nord-est), luoghi di maggioranza araba e di estrema importanza come vie principali per l’accesso ai luoghi sacri della città vecchia.

Secondo fonti ufficiali vicine all’Olp il numero di coloni israeliani che attualmente vive illegalmente a Gerusalemme Est sarebbe intorno ai 250mila; un numero destinato a crescere ulteriormente nel caso di un mancato intervento da parte del governo israeliano per bloccare ulteriori sfratti e occupazioni.

Un esempio di quello che accade quasi giornalmente a Gerusalemme Est, e dell’impotenza della comunità internazionale dinanzi a questa chiara contravvenzione del diritto internazionale, è la questione della famiglia  al-Kurd. Residente nel quartiere di Sheikh Jarrah sin dal 1956, la famiglia è stata brutalmente sfrattata dalla propria abitazione il 9 novembre 2008 intorno alle 3 e 30 del mattino. Durante l’operazione di sfratto, in cui hanno preso parte membri delle forze armate e della polizia israeliana, l’abitazione, ospitante marito e moglie anziani insieme ai loro cinque figli e le loro rispettive famiglie, è stata posta sotto sequestro e resa disponibile per una famiglia di coloni Israeliani che, protetti dalle forze armate, si sono immediatamente insediate all’interno. Lo shock e la violenza delle azioni dei militari israeliani sono state tali che il padre, Abu Kamel, già malato è parzialmente paralizzato e stato trasportato direttamente all’ospedale St. Joseph di Gerusalemme dove la sera del 22 novembre ha perso la vita per un attacco di cuore. Sua moglie trovandosi sola, senza dimora, e con i pochi oggetti personali che è riuscita a salvare è stata costretta a rivolgersi ai vicini che l’hanno ospitata per il resto della notte. La mattina seguente, con l’aiuto di varie organizzazioni locali ed internazionali, e con l’espresso consenso del proprietario di un terreno privato non poco distante, la signora al-Kurd vi ha allestito una tenda dove intende rimanere per protestare l’occupazione della sua casa.

Secondo le dichiarazioni rilasciate dalla moglie alle agenzie di stampa locali, la morte di Abu Kamel è stata prevalentemente causata dalle azioni delle forze armate israeliane che senza alcun ritegno hanno trascinato il suo corpo paralizzato dal letto sino al cortile esterno della casa nel bel mezzo della notte. Attualmente la signora al-Kurd vive ancora in ciò che è stata ribattezzata la “tenda della solidarietà”, a pochi metri dalla casa in cui lei e la sua famiglia vivevano dopo essere fuggiti da un’area che è ora una zona riservata agli ebrei nell’attuale Gerusalemme Ovest.

Il quartiere di Sheihk Jarrah fu costruito nel 1956 come iniziativa congiunta tra le Nazioni Unite e il governo Giordano per mettere delle abitazioni a disposizione dei rifugiati palestinesi della guerra del 1948. Parte dell’accordo assicura alle famiglie abitanti nelle case che il passaggio di proprietà sarà ufficializzato al termine del trentesimo anno di residenza nella propria abitazione. All’indomani della guerra dei sei giorni (1967) e dell’occupazione israeliana di tutta Gerusalemme, queste abitazioni sono divenute area contestate, e alcuni elementi all’interno del governo israeliano ne hanno dichiarato il controllo basato sugli acquisti di terreno dall’Impero ottomano nel XIX secolo. Attualmente, secondo il Parlamento europeo, altre 26 famiglie palestinesi abitanti a Sheikh Jarrah rischiano l’espulsione; secondo altre fonti sarebbero 500 le persone a rischio.  

A nulla sono servite le proteste della comunità internazionale, che includono una raccomandazione ufficiale da parte degli Stati Uniti e una risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 20 novembre 2008 che definisce l’evento in contrasto con il “diritto internazionale” e “ribadisce alle autorità Israeliane di porre immediatamente termine a qualsiasi espansione delle colonie”.

Nonostante la tenda si trovi su un terreno privato circondato da un recinto, le autorità israeliane l’hanno abbattuta con l’aiuto di una ruspa per ben tre volte in una settimana, arrestando anche un gruppo di internazionali affiliati alla International Solidarity Movement (Ism) che si trovavano in compagnia della signora al-Kurd al momento dell’arrivo dei militari. Dopo ogni demolizione la tenda viene prontamente ricostruita, ed è ora diventata un simbolo della resistenza non-violenta non solo al riguardo dell’occupazione in sé, ma bensì all’espansione di tali procedimenti mirati a rendere impossibile l’indipendenza palestinese a Gerusalemme.

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per Osservatorio Iraq

(fonte: Ma'an News Agency, Parlemento Ue, Palestinian Media Centre, Alternativenews.org)