Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L’islamofobia allo scanner

L’islamofobia allo scanner

di Giovanni Di Martino - 04/12/2008

Fonte: cpeurasia

Resoconto della presentazione del libro di Enrico Galoppini “Islamofobia. Attori, tattiche, finalità” (Ed. all’insegna del Veltro, Parma 2008), presso il al Centro Italo-Arabo “Dâr al-Hikma”, Torino, 28-11-2008. Con: Nadia Redoglia, giornalista; Costanzo Preve, filosofo e saggista; Younis Tawfiq, scrittore; Elvio Arancio, Centro Studi europeo Ibn Sina.

L'islamofobia nell'Italia del XXI secolo non è un problema, è invece un falso problema. E come tutti i falsi problemi è anche un'arma nelle mani di chi la agita. Questa è la conclusione che emerge dalla tavola rotonda che si è tenuta il 28 novembre 2008 presso il Centro Italo–Arabo "Dâr al-Hikma" di Torino, nel cuore della Porta Palazzo meta preferita dei ridicoli raid folcloristici di Borghezio. L'incontro, che rientra nei seminari 2008–2009 di Eurasia. Rivista di studi geopolitici, è stato organizzato per la presentazione del libro "Islamofobia. Attori, tattiche, finalità" di Enrico Galoppini, redattore della rivista.

Moderati dalla giornalista Nadia Redoglia, gli oratori hanno espresso il proprio pensiero sul tema del libro, partendo ciascuno dall'esperienza personale. Ha iniziato lo scrittore Younis Tawfiq, presidente di "Dâr al-Hikma", ricordando la propria esperienza di giovane iracheno appassionato dell'Italia, ed entrato nel nostro paese alla fine degli anni Settanta. Si può dire che Tawfiq sia entrato in Italia dalla porta principale, avendo conosciuto il nostro Paese attraverso la lettura in arabo della Commedia dantesca, e, non soddisfatto della traduzione, essendo venuto in Italia per imparare la lingua e poterla leggere in italiano. Tawfiq ha raccontato due episodi personali molto significativi per il tema della tavola rotonda: il primo era la diffidenza di suo padre nei confronti dell'Italia e del fatto che lui vi si volesse trasferire. Diffidenza che è assolutamente fisiologica quando non si conosce qualcosa che è lontano e diverso, e che lo stesso Tawfiq è stato ben lieto di smentire in una copiosa lettera che dall'Italia ha inviato al padre per spiegare com'è in realtà il nostro paese. Il secondo episodio raccontato da Tawfiq è l'improvvisa diffidenza anti-araba diffusasi all'epoca della Prima Guerra del Golfo (con annessa inutile corsa agli approvvigionamenti). Diffidenza che è cresciuta esponenzialmente con l'undici settembre, come precisa Elvio Arancio, del Centro studi europeo "Ibn Sina", il cui intervento è incentrato proprio sulla costruzione ad arte della vulgata delle Torri Gemelle, realizzata in modo così perfetto da non poter più essere cancellata dalla memoria della gente comune, malgrado le infinite e fondate smentite successive (quali il film "Zero"). Arancio conclude il proprio intervento presentando il progetto (condotto con Giulietto Chiesa) di creazione della redazione giornalistica Canale Zero, come testata giornalistica indipendente economicamente e, dunque, in grado di fornire una (contro)informazione sana, che è ciò che oggi manca del tutto.

Tra Tawfiq e Arancio ha parlato il filosofo Costanzo Preve, autore della postfazione al libro di Galoppini. Preve, filosofo poliglotta i cui libri sono stati tradotti in diverse lingue e professore di storia e filosofia nei licei di Torino per 35 anni, aggiunge un altro tassello al mosaico dell'islamofobia: oltre alla fisiologica diffidenza popolare ed alla artificiale malafede istituzionale e giornalistica (che alimenta la fisiologica diffidenza), Preve annovera una classe di intellettuali organici che definisce marci ed ignoranti. Estranei alla cultura dell'Islam, ma anche ignari della sua storia (oltre che della storia dell'est europeo), e dunque pericolosissime mine vaganti per avvalorare gli allarmismi di ogni tipo. Una classe di intellettuali sessantottini che non hanno accettato il fallimento della propria contestazione e vi hanno collocato la fine del mondo, riciclandosi al servizio del sistema che contestavano.

E Preve ha ragione. Chi scrive, per esempio, ha scoperto molto tardi che i Turchi non sono Arabi, perché una sua professoressa di storia della scuola media, spiegando la fine della Grande Guerra, gli aveva spiegato che Mustafa Kemal era chiamato "il padre degli arabi" (!). Con una simile corporazione di intellettuali (che ignora ad esempio, che l'Islam ha avuto un ruolo essenziale nella storia e nella cultura di molti stati europei, dalla Spagna alla Bulgaria), non si va di certo lontano. Come confermato dall'ultimo intervento, quello dell'autore Enrico Galoppini, il quale afferma senza mezzi termini che la questione va ricondotta ad un onnicomprensivo problema politico, che avvolge tutti i temi trattati e riguarda lo stesso grave malessere della società. Un problema anzitutto di sovranità, derivante dalla presenza militare, culturale e politica degli Stati Uniti in Europa, venuti per liberarci da Hitler, rimasti per difenderci da Stalin e trattenutisi per proteggerci da Bin Laden, nel frattempo diffondendo il proprio modello di civiltà affamatrice fatta di finanziarie, scuole ed ospedali privati e diabolici nemici. Una civiltà di questo tipo ha bisogno disperato di nuovi nemici da presentare in modo diabolico per additarli come la causa dei mali che procura. Portatori sani di democrazia – li chiamava Gaber – nel senso che a loro non fa male, però te l'attaccano.

E Tawfiq ha concluso affermando che l'Islam, pur additato ingiustamente come la causa di ogni problema, deve però essere visto per quello che in realtà è, e non deve diventare l'alfiere unico dell'antimperialismo. Anche questo, a pensarci bene, potrebbe essere un effetto cercato ad hoc.

Per ulteriori informazioni sul libro di E. Galoppini ed ascoltare la registrazione della conferenza, vedi: http://www.insegnadelveltro.it/catalogo/metropoli/galoppini_islamofobia.htm