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Energie rinnovabili? L`Italia dice no

di Marco Zatterin - 05/12/2008

Stallo nel negoziato sul pacchetto «verde» dell` U nione E uropea A Ile due della notte di mercoledì, quando ormai tutto sembrava fatto, è arrivato un fax e l`intesa è saltata. L`Italia, ha comunicato il rappresentante del Consiglio (cioè dei governi) a Commissione e Parlamento, non poteva accettare il testo di compromesso della direttiva per lo sviluppo delle energie rinnovabili nell`ambito del pacchetto clima. Semplice il motivo: Roma vuole una clausola di revisione al 2014, ovvero chiede di avere facoltà di ridiscutere l`impegno di ricorrere alle fonti alternative per produrre il 20% dell`energia continentale nel 2020 (il target per noi è del 17%). La riunione è stata sospesa sul punteggio di ventisei a uno nel disappunto generale, ma la mediazione non è ancora conclusa.

Il tempo stringe. Fra una settimana si riunisce il vertice dei capi di Stato e di governo dell`Ue, determinato a trovare una quadra sul pac- chetto clima, in un modo che non scontenti nessuno e tenga alte le ambizioni di tutti, soprattutto in vista della Conferenza di Copenhagen (la nuova Kyoto) dell`anno prossimo. Il pacchetto delle emissioni auto, che procede su un binario parallelo, è chiuso. Sui cardini principali della strategia contro i gas serra - settori industriali e borsa delle emissioni;

comparti non industriali; cattura e stoccaggio di C02 - il negoziato avanza sui nodi tecnici e si pensa che si riuscirà a chiudere. Le fonti rinnovabili sono invece bloccate dal nostro veto.

Il ministro dell`Ambiente, Stefania Prestigiacomo, non intende mollare.

Ammette che «si sono fatti dei passi avanti» eppure riafferma che, «se ci sarà un "no" su tutto», l`Italia non darà l`assenso al pacchetto. L`esponente del governo giura che l`intenzione non è quella di far saltare il progetto. Si tratta però di «garantire che le nostre esigenze siano riconosciute», a partire dall`inserimento nei settori industriali che avranno accesso gratuito ai permessi di emissioni nella Borsa dei diritti ad inquinare, di comparti strategici quali carta, vetro e ceramica. Roma vuole anche che, nel computo dei crediti di C02, siano considerati anche quelli derivanti dai progetti avviati fuori dai confini nazionali. E auspica più flessibilità per il termoelettrico con un`introduzione graduale dei permessi a pagamento e con quote gratuite decrescenti dal 2013 al 2020.

Altro paletto irremovibile, secondo la Prestigiacomo, la rivalutazione generale degli impegni all`indomani del vertice sul Clima di Copenhagen.

Qualora il summit fallisse, ha spiegato, «sarebbe doveroso ragionare nuovamente su tutti gli impegni assunti a livello europeo». Questo passaggio, alla stregua della clausola di revisione al 2014 per le rinnovabili, è considerato una priorità «irrinunciabile». «Respingiamo le accuse che ci sono rivolte - ha detto il ministro verde - non è vero che proteggiamo gli interessi di qualcuno, se non quelli del paese. Vogliamo verificare gli obiettivi. Non è una richiesta scandalosa». Fallirà il summit? «Spero di no» dice la Prestigiacomo che, comunque, considera l`ipotesi di «uno spacchettamento del pacchetto»,un accordo parziale che «mantenga in equilibrio i costi e eviti una delocalizzazione dell`industria verso paesi più permissivi» Lo stop sulle rinnovabili ha irritato parecchi spiriti. Il relatore del parlamento europeo Claude Turmes (Verdi) ha affermato di non capire le motivazioni italiane e l`atteggiamento «poco ragionevole» di un paese che potrebbe essere forte per ragioni naturali proprio nel settore. Spazientito il presidente di turno del Consiglio Ambiente, il francese Borloo: «Non bisogna consentire che un solo paese renda impossibile l`accordo». Legambiente etichetta la posizione italiana come «vergognosa e scellerata». Diatribe negoziali? Venerdì prossimo vedremo.