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La verità sull’Ossezia scredita gli intellettuali-vedette. Il caso francese

di Dominique Vidal - 17/12/2008







glucksmann

Alcuni rapporti degli osservatori militari internazionali sull’inizio della guerra della scorsa estate tra la Georgia e la Russia, diventati accessibili solo recentemente, mettono in discussione la tesi dei georgiani secondo la quale il loro Paese ha agito per legittima difesa contro un’aggressione da parte dei separatisti e da parte della Russia.





Queste nuove relazioni, invece, mostrano come l’impreparato esercito georgiano abbia attaccato la capitale separatista dell’Ossezia del Sud, Tskhinvali, lo scorso 7 agosto, per mezzo dell’uso indiscriminato di artiglieria e razzi, rischiando di colpire la popolazione civile, le forze russe per il mantenimento della pace e gli osservatori inermi. Gli stessi osservatori hanno inoltre dichiarato di non essere stati in grado nemmeno di verificare se alcuni villaggi di popolazioni georgiane fossero stati bombardati quel giorno, contestando così una delle principali giustificazioni che il presidente Mikheil Saakašvili ha utilizzato per l’attacco.
Tali rivelazioni non potevano certo sfuggire ai giornalisti specializzati nelle questioni del Caucaso. Esse sono infatti apparse prima sul «New York Times», poi sull’«International Herald Tribune», per di più in prima pagina, per tre mesi consecutivi dall’inizio della guerra dell’estate scorsa, il 7 novembre. A maggior ragione se si considera che esse provenivano da una commissione militare internazionale indipendente, la quale era stata sul campo per ben due volte, ascoltando tutte le parti in questione. Inoltre gli osservatori hanno agito su mandato dell’OCSE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), che d’altra parte non ha mai nascosto le sue posizioni critiche nei confronti degli Stati Uniti e dei suoi alleati.
Invece i quotidiani francesi non hanno dedicato nemmeno un rigo - né all’indomani e tantomeno il giorno successivo  - a una simile “bomba”, probabilmente perché con essa stava esplodendo la tesi sostenuta dalla maggior parte di loro da più di tre mesi. Anche la dichiarazione dell’ Osservatorio sui Diritti Umani , che accusava i georgiani e i russi di aver largamente fatto uso di armi a frammentazione che la “comunità internazionale” aveva recentemente bandito con un trattato, è stata stranamente ignorata.
Può essere una simile brutale censura un semplice errore, un pasticcio? Essa, piuttosto, pare essere un riflesso mediatico: dalla Guerra del Golfo del 1991 a quella di Georgia del 2008, passando dal Kosovo (1999), il giornalismo francese e i suoi intellettuali-vedette si sono screditati nel mascherare sistematicamente la vera natura di tali conflitti. Operazione militare dopo operazione, ci sono voluti sei mesi, anche un anno, per concedere qualche frammento di verità, accompagnato da una parvenza di autocritica. Ciò non ha impedito loro di mentire nuovamente, in maniera grossolana, anche nelle occasioni successive. Come cantavano i pacifisti israeliani all’epoca dell’Intifada riferendosi ai soldati israeliani: “Sparano e piangono”…
Avvertimento per l’OCSE: il rapporto è arrivato troppo presto. Forse tra tre mesi, al massimo tra sei, i maestri in materia di manipolazioni saranno maturi per confessare una parte delle responsabilità del loro amico di Tblisi nello scontro dell’agosto 2008. Henri Lévy e André Glucksmann hanno già preso le distanze. Il 14 agosto, in un articolo su «Libération», scrivevano: «Chi ha sparato per primo? La questione è obsoleta.»

Titolo originale: “André Glucksmann l’a-t-il lu?”, «
http://www.monde-diplomatique.fr/2008/12/VIDAL/16590» «Le Monde Diplomatique»
Traduzione di Dafni Ruscetta - Megachip