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Le manette sulla città

di Vittorio Feltri - 18/12/2008


Il nostro titolone di ieri era profetico: "Compagni nel fango, frana la sinistra". Ma come sempre la realtà ha superato la fantasia. A Napoli sta succedendo di tutto e ormai la notizia è nota: ammanettati due assessori e due ex assessori della giunta rossa Iervolino e l’imprenditore factotum Alfredo Romeo, costruttore e affittacamere della Repubblica; chiesto l’arresto dei parlamentari Italo Bocchino (PdL) e Renzo Lusetti (Pd). E così l’amministrazione comunale è stata decapitata.  Inoltre, per completare il panorama, si registra l’apertura di una inchiesta giudiziaria (bancarotta) a carico di tutti i cervelloni di Alitalia dal 2000 al 2007, periodo durante il quale la compagnia aerea si avvitò precipitando verso un vergognoso fallimento, tra organici pletorici (zeppi di raccomandati poli tici), sindacalisti efferati, regolamenti improbabili e antieconomici.  Il Paese, già allo sbando causa crisi finanziaria e terrore della gente, non capisce più: non sa se ridere davanti ai promotori della questione morale ridotti in mutande, o se piangere nel costatare che Tangentopoli sì ripropone sotto uno strato di pommarola.  Il disastro è evidente; difficile valutarne le conseguenze.   Forse siamo solo all’inizio di un nuovo cataclisma destinato a mutare ancora la mappa politica. Gli ex inquilini di Botteghe Oscure si ostinano a ribadire un concetto in cui credono soltanto loro: il nostro partito è diverso dalla Dc e dal Psi; il fatto che qualcuno dei nostri sia nei pasticci non autorizza a considerarci una banda di ladri. Questo è ovvio e infatti nessuno lo dice. Ma anche i democristiani e i socialisti non erano tutti ladri eppure sono stati spazzati via da Mani pulite tra gli osanna degli ex comunisti.  La sensazione, dopo il risultato elettorale abruzzese, è che provvederanno i cittadini a prosciugare il Pd evitando con cura di votarlo. Chi ha predicato per anni e predica ancora la necessità di essere onesti e non si accorge di avere in casa una folla di disonesti fatalmente perde la reputazione. Non si deve stupire se subisce ora gli effetti devastanti della Nemesi storica. Prendiamo Cardillo, sindacalista "impacchettato"; si è atteggiato a verginello per lustri, e adesso è in lacrime.  Peggio. Gambale: esegeta campano del pensiero di Orlando, organizzò nel 1993 una manifestazione allo scopo di chiedere l’arresto di Bettino Craxi. Il suo motto era di sapore biblico: liberiamo il tempio dai ladroni. Bravo Gambale. Quindici anni dopo tocca a lui essere sbattuto fuori dal tempio a pedate nel sedere. Umanamente dispiace, immagino il suo stato d’animo, la sua prostrazione. Ma si rassegni se i suoi avversari cinicamente grideranno: ben gli sta.  Ciò è paradigmatico di una situazione ai limiti del grottesco: il mondo si è rivoltato. E il risultato è sempre lo stesso: linciati e linciatori si sono soltanto scambiati il ruolo. Doveva succedere, è successo.  Veltroni che fa? Cosa volete faccia... Si ripara con l’ombrello dalle frane che si staccano dal partito e gli cascano addosso. Già ieri gli abbiamo consigliato di andarsene con le sue gambe; gli rinnoviamo l’invito. Si dimetta e salvi almeno l’onore dato che i voti sono volati via. Rimanere aggrappato a una poltrona traballante e immiserita dagli insuccessi dà luogo a uno spettacolo desolante.  Lo smarrimento del Partito democratico è giustificato. I compagni non erano preparati a difendersi dagli eventi; sono privi di argomenti e vivono nell’angoscia temendo che lo scandalo venga alimentato da altri episodi. Non sono certi che Bologna sia un’isola felice e sana. E che dire di Firenze e di Genova? Il tintinnio sinistro delle manette agita il sonno dell’intera dirigenza Pd. I nomi dei personaggi sotto tiro circolano alla velocità della luce. Nomi grossi. Si attende (forse invano) l’autorizzazione del Parlamento a utilizzare le intercettazioni; intanto non c’è pace tra gli ulivi dei corrotti e dei corruttori.  Troppo tardi per correre ai ripari? No, non è tardi. Paradossalmente i progressisti confidano in Berlusconi, nella sua riluttanza a divulgare le spiate telefoniche e a trasformare i magistrati in giustizieri della notte, in giacobini tagliatori di teste in piazza fra il giubilo popolare. 11 premier memore di esperienze personali odia le esecuzioni pubbliche e ha orrore del sangue quanto di chi sotto la toga indossa i panni del boia.  Il Cavaliere e il suo partito troveranno il modo affinché le inchieste in corso, benché riguardino in prevalenza i "nemici", non si svolgano secondo il copione di Mani pulite. Poi passeranno all’incasso sicuri che il Pd pagherà il prezzo della salvezza approvando con entusiasmo l’agognata riforma della Giustizia. Che è indispensabile. Ma fatta così, ispirata dal panico e realizzata sotto la tempesta delle inchieste, ci disgusta anche solo immaginarla.  L’unica soddisfazione sarebbe guardare in faccia quelli che dopo aver applaudito il partito dei giudici si mettono a fischiarli e li imbrigliano con gioia.