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Se ne torneranno a casa loro?

di Debora Billi - 19/12/2008

 
 
Qualche tempo fa ebbi una discussione, non ricordo dove e con chi, sulla sorte degli immigrati durante la crisi. La scuola di pensiero dominante è la seguente: arriva la crisi, ci sarà la fame, saremo invasi dagli immigrati in fuga da Paesi disastrati, ci troveremo tutti nei guai.

A me pare che non debba necessariamente andare così. Anzitutto, la crisi colpirà i Paesi "industrializzati" (si fa per dire...) in proporzione maggiore rispetto ai Paesi in via di sviluppo. Certo, nello Zimbabwe una pagnotta costa 23 milioni di dollari locali, ma ricordiamoci che finora il fenomeno dell'immigrazione è stato causato in gran parte da gente in cerca di una vita migliore mentre solo una minoranza fuggiva dalla fame o dalla guerra. Se si deve vivere senza lavoro e con pochi soldi in tasca, ci si muove meglio nel proprio Paese, di questo resto convintissima.

Ne abbiamo già parlato in un post riguardo al Messico, su Petrolio. Gli immigrati messicani, che tanto stracciamento di vesti ed ipotesi apocalittiche hanno causato in USA, stanno facendo armi e bagagli per tornarsene al proprio Paese. Che ci stanno a fare in America se devono vivere con 10 dollari al giorno? Si campa meglio in Messico con 5.

Inoltre, i famosi lavori "che i nostri giovani non vogliono più fare", e che quindi vengono affidati agli stranieri, diventano improvvisamente appetibili. In Florida, per un lavoro alla locale discarica si sono presentati in 136 e alcuni di essi hanno pregato letteralmente in ginocchio per avere il posto. A Las Vegas, per 50 posti ad un fast-food si sono presentati in 1000: alcuni anziani, altri disperati, altri ancora che minacciavano addirittura il suicidio.

In Italia siamo abituati a concorsi con 20 mila candidati. Ma siamo anche molto meno adusi a certe scene di disperazione: forse perché qui la disoccupazione è endemica, o forse perché esistono ancora certi puntelli... le scuole gratuite, la sanità gratuita, i genitori con buone pensioni che mettono una pezza. Ma gli stranieri? Saranno ancora disposti a rischiare la vita sui gommoni per finire in Paesi che stanno colando a picco? E coloro che vivono qui, quanto manca al momento in cui sentiranno tremare la terra sotto i piedi, perché perderanno il lavoro o perché qualcuno comincerà a guardarli ancora più in cagnesco di quanto abbia fatto finora?

Non manca molto. Torneranno, in tanti, a casa propria. Ma chi tanto li ha odiati avrà proprio poco da festeggiare...