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Dove porta la politica del bastone e della carota

di redazionale - 29/12/2008





Se vi state chiedendo quale potrebbe essere la storia di copertura che porterà con sé l'approvazione ufficiale americana dell'attuale carneficina a Gaza, potrebbe essere d'aiuto ricordare il cosiddetto Piano d'azione del marzo 2007. In tale documento, fatto trapelare a un giornale giordano, si profilava una duplice politica: umiliazione e vessazione del governo di Hamas nella Striscia di Gaza, e cooperazione internazionale per una West Bank economicamente e politicamente prospera. (Link e altro materiale sono disponibili se si cerca "Action Plan" nella casella di ricerca in alto a sinistra di questa pagina*).

Un articolo di qualche giorno fa (pubblicato sul
New York Times, giusto per non farsi notare), in cui si parlava dell'ultima visita di Condoleeza Rice a Jenin, in Cisgiordania, conteneva una celebrazione della storiella della rinascita economica della Cisgiordania:
Oggi, però, Jenin è una vetrina di successo per l'Autorità palestinese, dopo la campagna di ordine e giustizia compiuta la scorsa primavera da forze di sicurezza palestinesi appositamente addestrate, e un esempio di come una situazione particolarmente spinosa possa essere capovolta.
L'attuale ferocia scatenatasi su Gaza può essere vista come il rovescio di questa politica israeliana, vale a dire l'umiliazione e la vessazione di Gaza fintanto che è controllata da Hamas. Questa umiliazione doveva essere messa in pratica soprattutto nel settore delle forze di sicurezza con il finanziamento di una nuova agenzia di sicurezza fedele ad Abbas e Fatah, sotto la sapiente supervisione del generale americano Keith Dayton, il cui lavoro è celebrato nel citato articolo del NYT in questo modo:
Nel mese di maggio a Jenin sono stati dispiegati circa 600 membri del personale di sicurezza palestinese, alcuni dei quali addestrati in Giordania nel quadro di un programma sponsorizzato dagli Stati Uniti in appoggio alle forze già dispiegate. La maggior parte di questi uomini è stata riassegnata ad altre parti della Cisgiordania, compresa Hebron.

Il Luogotenete Generale W. Keith Dayton, coordinatore della sicurezza americano, ha detto ai giornalisti che l'esercitazione era stata un "grande successo", e che gli israeliani avevano detto di aver ridotto le loro incursioni a Jenin di circa il 40 per cento.
Ovviamente il "grande successo" nella parte relativa a Gaza di questa duplice strategia è stao più difficile da ottenere: du qui la decisione israeliana, sostenuta dagli Stati Uniti, di ricorrere a ciò che stiamo vedendo.

Proprio come il bombardamento americano di Sadr City durante le campagne di sicurezza di Maliki fu dettato dalla strategia di dividere l'Iraq per conquistarlo (il nuovo aeroporto di Najaf fu aperto più o meno in quel periodo, con lo stesso tipo di celebrazioni per la "rinascita economica" che abbiamo visto sul NYT in relazione a Jenin), così il bombardamento di Gaza nel contesto globale della strategia americana per la Palestina. I nostri amici devono prosperare, e la resistenza languire.

Allora la cieca arroganza di tutto ciò era forse meno ovvia di ora, perché con il fallimento continuo della politica i mezzi diventano sempre più feroci e barbari. Ed è sempre più chiaro che è l'America ad essere fuori controllo, non la resistenza.

Sarebbe bene, al tempo stesso, ricordare da dove proviene questo potenziale distruttivo, in termini di quadro strategico globale in cui è cresciuto l'establishment americano. Per esempio, tanto per cominciare, ne fa parte la natura di ispirazione politica della filosofia dello "sviluppo economico" della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale.

A proposito, dov'è finita l'idea di "diplomazia pubblica" di cui abbiamo tanto sentito parlare negli ultimi tempi?

* Qui il
link all'articolo in cui si parla del piano in questione, altri approfondimenti qui, qui e qui [N.d.T]
da Missing Links
traduzione di Andrej Andreevič