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Se Hamas non esistesse. Israele non ha alcuna intenzione di garantire uno Stato palestinese

di Jennifer Loewenstein - 06/01/2009

 

 


 


Chiariamo una cosa definitivamente. Se la degradazione e la mutilazione all'ingrosso di Gaza continuerà; se la volontà di Israele è all'unisono con quella degli Stati Uniti; se l'Unione Europea, la Russia, le Nazioni Unite e tutte le agenzie ufficiali internazionali e le organizzazioni di tutto il mondo continueranno a star ferme come manichini, senza far nulla, ripetendo "appelli" per un "cessate il fuoco" da "entrambe le parti"; se i codardi, ossequiosi stati arabi rimarranno a guardare i loro fratelli che vengono massacrati di ora in ora mentre l' arrogante superpotenza li tiene minacciosamente d'occhio da Washington per evitare che dicano qualcosa che le dispiaccia; diciamo almeno la verità sul perché questo inferno in terra sta avendo luogo.

Il terrore di stato scatenato dai cieli e sulla terra contro la Striscia di Gaza mentre parliamo non ha niente a che fare con Hamas. Non ha niente a che fare con il "Terrorismo". Non ha niente a che fare con la sicurezza a "lungo termine" dello Stato Ebraico o con Hetzbollah o con la Siria e l'Iran, se non forse perché ciò può aver aggravato le condizioni che hanno portato a questa crisi. Non ha niente a che fare con qualche immaginaria "guerra" -- un logoro e cinico eufemismo per la posta in schiavitù di qualunque nazione osi rivendicare i suoi diritti sovrani; che osi asserire che le sue risorse gli appartengono; che non vuole una oscena base militare dell'Impero sulla sua amata terra.

Questa crisi non ha niente a che fare con la libertà, la democrazia, la giustizia o la pace. Non riguarda Mahmoud Zahar o Khaled Meshal o Ismail Haniyeh. Non riguarda Hassan Nasrallah o Mahmoud Ahmadinejad. Questi sono elementi circostanziali che hanno giocato un ruolo nell'attuale tempesta solo ora, dopo che si è tollerato per 61 anni lo sviluppo di una situazione nella catastrofe di oggi. Il fattore islamista ha colorato e continuerà a colorare l'atmosfera della crisi; ha arruolato gli attuali leader e ha mobilitato ampi settori della popolazione mondiale. I simboli primari oggi sono islamici -- le moschee, il Corano, i riferimenti al profeta maometto e alla Jihad. Ma questi simboli potrebbero sparire e l'impasse continuerebbe.

C'è stato un tempo in cui Fatah e il PFLP tenevano la scena; quando pochi palestinesi volevano avere a che fare con le politiche islamiste. Questa politica non ha niente a che fare con i primitivi razzi che vengono lanciati oltre la frontiera, o il contrabbando e il mercato nero delle armi nei tunnel; come il partito Fatah di Arafat aveva poco a che fare con il lancio di sassi e gli attentati suicidi. Le somiglianze e i dati salienti di un dato ambiente politico sono incidentali. Esse sono il risultato di qualcosa di diverso da ciò che mendaci politicanti e i loro analisti vi stanno raccontando. Sono diventati parte di un paesaggio di eventi umani nel moderno Medio Oriente, ma comunque incidentali, per quanto letali e incorregibili.

Togliete i cliche e il vuoto blaterare giornalistico dei media servili e del suo patetico corpo di volontari funzionari di stato nel mondo occidentale, e ciò che troverete è il nudo desiderio di egemonia; di potere sui deboli; e di dominio sulle ricchezze del mondo. Peggio ancora, scoprirete che egoismo, odio e indifferenza, razzismo e bigotteria, egotismo ed edonismo che a stento riusciamo a nascondere sotto il nostro gergo, le nostre raffinate teorie accademiche, in effetti aiutano a realizzare i nostri ignobili e spregevoli desideri. Il cinismo con cui indulgiamo a essi è completamente interno alla nostra cultura; prospera in essa come le mosche su un cadavere.

Togliete gli attuali simboli e linguaggi delle vittime dei nostri capricci devastanti ed egoistici e troverete i semplici e appassionati gemiti degli umili e degli offesi; dei "reietti della terra" che ti implorano di mettere fine alla tua aggressione contro i loro bambini e le loro case; le loro famiglie e i loro villaggi; che ti chiedono di lasciarli in pace perché abbiano i loro pani e i loro pesci, e i loro aranceti e i loro oliveti e il loro timo; che ti chiedono prima con gentilezza e poi con crescente sconcerto perché non riesci a lasciarli in pace sulla terra dei loro antenati; non sfruttati e liberi dalla paura di essere scacciati; del saccheggio e della devastazione; liberi dai permessi e dai posti di blocco e dai controlli; dai mostruosi muri di cemento, e dalle torri di guardia, dai bunker di calcestruzzo, e dal filo spinato; dai carri armati e dalle prigioni; e dalla tortura e dalla morte. Perché la vita senza queste pratiche e strumenti infernali sembra impossibile?

La risposta è perché Israele non ha intenzione di permettere un vero e sovrano stato palestinese ai suoi confini. Non aveva intenzione di permetterlo nel 1948, quando si prese il 24% in più della terra che gli era stata legalmente concessa, sebbene ingiustamente, dalla Risoluzione 181 delle Nazioni Unite. Non aveva intenzione di permettere due stati quando concquistò il rimanente 22% della Palestina Storica nel 1967 e reinterpretò la Risoluzione 248 del Consiglio di Sicurezza a suo piacimento, nonostante lo schiacciante consenso internazionale sul principio che Israele riceverebbe pieno riconoscimento internazionale all'interno di confini sicuri se si fosse ritirato dalle terre recentemente conquistate.

Non aveva intenzione di riconoscere i diritti nazionali palestinesi alle Nazioni Unite nel 1974, quando - solo insieme agli Stati Uniti - votò contro una soluzione a due stati. Non aveva intenzione di permettere un ampio accordo di pace quando l'Egitto stava per ottenerlo ma ricevette, e obbedientemente obbedì, una pace separata che escludeva i diritti dei palestinesi e degli altri popoli della regione. Non aveva intenzione di lavorare per una soluzioe a due stati nel 1978 e nel 1982 quando invase, incendiò, fece esplodere e demolì Beirut per poter annettere la West Bank senza resistenza. Non aveva intenzione di concedere uno stato palestinese nel 1987 quando la prima Intifada esplose in tutta la Palestina occupata, nella Diaspora e nello spirito globale degli oppressi, o quando Israele deliberatamente aiutò il movimento di Hamas di nuova formazione così da indebolire le fazioni laiche e nazionaliste.

Israele non aveva intenzione di concedere uno stato palestinese a Madrid e a Olso, quando l'OLP fu rimpiazzato dalla debole e collaborazionista Autorità Palestinese, quando troppi dei suoi corrotti elementi guadagnarono sulle sue ricchezze e sul suo prestigio a spese dei loro fratelli. Quando Israele fece trapelare attraverso i satelliti e i microfoni del mondo il suo desiderio per una soluzione di pace basata su due stati, riuscì a più che raddoppiare gli insediamenti ebraici nella West Bank e attorno a Gerusalemme Est, annettendoli mentre li costruiva e mentre continua a costruire una rete viaria che divide e isola le rimanenti città della Palestina. Ha annesso la Valle del Giordano, la frontiera internazionale con la Giordania, espellendo la gente 'locale' che risiedeva su quella terra. Parla con lingua di vipera della mutilata Palestina, la cui testa sarà presto tagliata dal corpo in nome della giustizia, della pace e della sicurezza.

Attraverso la demolizione di case, gli assalti alla società civile che cercavano di gettare la storia e la cultura palestinese nell'oblio; attraverso l'indescrivibile distruzione degli assedi ai campi profughi e dei bombardamenti di infrastrutture della seconda Intifada, attraverso gli assassinii e le esecuzioni sommarie, passando per la grandiosa farsa del "disimpegno" fino all'annichilimento delle libere, corrette e democraticje elezioni palestinesi, Israele ha fatto ripetutamente conoscere le sue vedute nel linguaggio più chiaro possibile, il linguaggio della forza militare, delle minacce, dell'intimidazione, dell'abuso, della diffamazione e della degradazione.

Israele, con l'incondizionale e approvante appoggio degli Stati Uniti, ha reso drammaticamente chiaro al mondo intero, ripetutamente, azione dopo azione, che non accetterà uno stato palestinese sui suoi confini. Perché il mondo non ascolta? Cosa riuscirà a interrompere il criminale silenzio della 'comunità internazionale'? Cosa occorre perché si riesca a vedere al di là delle menzogne e della propaganda a ciò che sta prendendo luogo giorno dopo giorno sotto gli occhi del mondo? Più le azioni sono tremende, più insistenti si ripetono parole di pace. Ascoltare e osservare senza sentire e vedere permette all'indifferenza, all'ignoranza e alla complicità di continuare e rende più grave a ogni nuova tomba la nostra vergogna collettiva.

La distruzione di Gaza non ha niente a che fare con Hamas. Israele non accetterà alcuna autorità sui territori palestinesi che sia fuori dal suo controllo. Ogni individuo, leader, fazione o movimento che manca di soddisfare i requisiti israeliani e che cerca una vera sovranità e l'uguaglianza delle nazioni nella regione; ogni governo o movimento popolare che esiga l'applicabilità del diritto umanitario internazionale e della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo per il suo popolo risulterà inaccettabile per lo stato ebraico. Quelli che sognano di un unico stato dovrebbero chiedersi cosa farebbe Israele a una popolazione di 4 milioni di palestinesi all'interno delle sue frontiere quando commette quotidianamente, se non su base oraria, crimini contro la loro umanità collettiva ora che vivono lungo le sue frontiere. Perché all'improvviso la ragion d'essere, lo scopo autoproclamato d'Israele dovrebbe cambiare solo per effetto dell'annessione del resto dei territori palestinesi?

Il sangue del Movimento Nazionale Palestinese scorre oggi per le vie di Gaza. Ogni goccia che cade bagna il suolo di vendetta, amarezza e odio non solo in Palestina, ma in tutto il Medio Oriente e in gran parte del mondo. Possiamo decidere se questo debba continuare o no. Ora è il tempo di farlo.


Originale: If Hamas did not exist

Articolo originale pubblicato l'1/1/2009

L’autore

Gianluca Bifolchi è redattore del blog Achtung Banditen e amico di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.

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