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Resistendo a Facebook

di Ivo Quartiroli - 07/01/2009

Una delle ragioni del successo di Facebook è che si suppone che gli amici siano tali. Generalmente nei social network e nei siti di incontri si contattano persone che sono estranee alla narrativa della nostra vita reale. Anche se i contatti che avvengono solamente online possono portare ad interessanti connessioni, nel più dei casi tali “amici” vanno e vengono, la  relazione non va molto in profondità e non scende in un luogo autentico e quasi “organico”.

Quindi Facebook è arrivato in soccorso come modo per connettersi con persone che conosciamo e con coloro che conoscevamo nel passato ma con cui abbiamo perso i contatti. Anche se il gioco degli inviti e degli amici degli amici si espande e si finisce con dei contatti che si conosce a malapena, con forse una buona metà delle persone ho condiviso importanti parti della vita, parti della nostra storia che hanno dato forma alle nostre esistenze attuali.

Ma ho delle resistenze nel partecipare al gioco di Facebook con questi, proprio per il motivo che alcuni di loro sono veri amici ed abbiamo avuto un’importante connessione. Quindi fin’ora non ho cercato gli amici da aggiungere a Facebook e apro raramente il sito, non molto più che accettare le richieste che sono pervenute.

Poiché la maggior parte delle persone che richiedono l’amicizia sanno che utilizzo Internet da parecchi anni e che ero un editore di libri di informatica, a volte mi sento di dire loro che entro raramente in Facebook e che non li sto ignorando deliberatamente. In realtà la situazione pone un conflitto interiore, una sorta di doppio vincolo: le persone sono lì nel sito, non è carino ignorarle, ma allo stesso momento non voglio coinvolgermi troppo in un ulteriore giocattolo in rete.

Naturalmente possiamo affermare che per ogni livello di comunicazione vi sono diverse aree e che possiamo scegliere il medium più approopriato in accordo alla profondità e al livello di intimità che desideriamo. Con le persone con cui ho un rapporto intimo posso scegliere anche altri modi per comunicare. Il medium può variare grandemente dalle telefonate agli incontri personali e ai contatti di corpo e mente a diversi livelli, dalle strette di mano al fare l’amore.

Ma Facebook, come molte altre applicazioni sul web, tende ad espandere la sua portata e includere un numero maggiore di aspetti della nostra vita, e può anche facilmente diventare  una dipendenza. Inizia con un modo simpatico per connettersi, quindi aggiunge possibilità su possibilità, poi diventa facilmente necessario per non rimanere isolati dal gruppo di amici e, infine, diventa un’ulteriore fienstra che si alimenta del nostro tempo e della limitata attenzione. Nel diventare attivo su Facebook avverto il rischio di digitalizzare anche le relazioni reali ed importanti e di conseguenza di banalizzare il nostro intenso passato. Avverto anche il rischio di creare una cyber-élite e di escludere gli amici che non sono su Internet o che accedono alla rete raramente, amici che non hanno il tempo o la voglia di collegarsi o di incastrarsi nei social network.

 

Nonostante abbia solamente, al momento il cui scrivo, 45 amici su Facebook, un numero limitato in confronto al più degli utenti (una media di 150 contatti), ogni volta che mi connetto al sito possono vedere un certo numero di aggiornamenti su “Cosa stanno facendo in questo momento”. Mentre scorro quelle brevi frasi, la mia esperienza online, come per molti altri, è composta da altre pagine web aperte e da altre applicazioni che competono per la mia attenzione. Mentre un amico sta pianificcando un viaggio, un altro sta andando a dormire, un altro è triste (anche se le emozioni “negative” in generale non vengono molto espresse) e un altro ancora sta ascoltando musica, mi sembra un po’ come la televisione, dove le notizie tragiche vengono seguite immediatamente dai pettegolezzi e viceversa, dove il tutto si fonde in un flusso anestetizzati di notizie senza connessione con i nostri stati interiori.

Non voglio intorpidire la mia connessione con gli amici nel modo in cui avverrebbe con la televisione o con un personaggio di un film. Ogni input che riceviamo da una persona che rappresenta una preziosa connessione, richiede tempo per essere assimilato ed interagire con esso, in particolare se è qualcosa di non banale. Ma il tempo e l’attenzione sono risorse scarse quando siamo in rete e la profondità viene perlopiù evitata. Forse questa è la ragione per cui si legge molto meno su Facebook, e in generale nei social network, di stati interiori difficili o impegnativi. L’applicazione “manda abbracci e amore” sembra un po’, diciamo… poco soddisfacente.

Anche, avverto il rischio di considerarmi esente dal mantenere un contatto più diretto con le persone, sostituendo questi con lo scrivere alcuni aggiornamenti su Facebook. Anche in questo caso si potrebbe dire che un medium non deve necessariamente sostituire un altro, ma le nostre risorse di tempo ed attenzione sono limitate e non crescono al ritmo dello sviluppo dei computer.

Un ulteriore rischio che avverto è di omogeneizzare l’abbondante varietà di modi in cui interagisco con le singole persone. Con ogni amici con cui interagisco in un modo aperto, si crea una relazione unica, quasi un’entità a sé stante, che prende forma nel tempo dall’alchimia di due anime che si incontrano.

Ad un livello psicologico, possiamo dire che questi sono oggetti di relazione, che ci guidano nella costruzione delle nostre personalità. Le persone che seguono un percorso spirituale si rendono consapevoli del ruolo di tali relazioni nelle loro vite ed eventualmente possono essere trasformate, evolvendo la relazione in un modo più autentico, libero dai condizionamenti del passato oppure terminandola.

Omogeneizzare le nostre relazioni e canalizzandole tramite le opzioni e applicazioni Web, indebolisce la costruzione della nostra personalità attraverso gli oggetti di relazione ma, neppure, ci aiuta a diventare consapevoli di questi.

Un’ulteriore resistenza che ho nell’ìncontrare su Facebook le persone che conoscevo tempo fa è il riconoscimento che ciò che ha formato la nostra relazione non è più presente poiché probabilmente abbiamo evoluto le nostre personalità in diverse direzioni. E non è facile trovare un nuovo punto di contatto tramite Facebook che si adatti ai nostri stati interiori del momento. Allo stesso tempo, non possiamo solamente ripetere il passato: una volta che la nostra psiche si è evoluta, tornare indietro alla stessa forma è impossibile quanto lo sarebbe far ricrescere i denti da latte.

Nel frattempo, ho riscoperto la semplice, vecchia e disadorna comunicazione via email, che era il solo modo di comunicare quando ho iniziato ad operare online 15 anni addietro. Di tanto in tanto mando degli aggiornamenti via email ad un gruppo di amici che sono più presenti nella mia vita. La posta elettronica è semplice e più amica dell’ambiente, utilizza poca larghezza di banda ed è accessibile da qualsiasi computer, anche i vecchi, anche da lente connessioni a Internet e pure da molti cellulari. Le pagine di Facebook di solito richiedono molto tempo per essere visualizzate se la connessione a Internet non è delle più veloci. L’email è più diretta e personale, e dà quasi la sensazione di aver ricevuto una lettera.

La mancanza di ammennicoli nella scrittura delle email dà spazio a una connessione più diretta tra le parole e gli stati interiori: necessitiamo di riempire le parole dall’interno invece che scegliere delle applicazioni o dare un veloce aggiornamento su ciò che si sta facendo.

Tuttavia, sento che una parte della mia resistenza alla partecipazione a Facebook è anche da cercare all’interno dei miei condizionamenti e delle mie credenze che non corrispondono alla realtà. Voglio esplorarli al fine di conoscere queste parti di me, quindi probabilmente inizierò a partecipare di più al gioco e vedere dove mi conduce.