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Globalizzazione e politica

di Gianfranco Cordì - 07/01/2009

 

Il capitalismo. Il sistema economico che caratterizza il periodo precedente il secolo XIX° è fondato

sul rapporto – personale e concreto – fra le parti che sono protagoniste della singola negoziazione.

Questo sistema economico viene generalmente definito come
economia diretta.

Per tutto il periodo in questione, riguardo ai modi della produzione, la costante è quella della

produzione di tipo
artigianale. Con l’epoca moderna (a livello filosofico e scientifico) accade che il

razionalismo prende il posto della tradizione. Sul piano politico: la Rivoluzione Francese impone

quasi dappertutto il trionfo del modo di governo liberale-borghese. È appunto la borghesia quella

nuova classe sociale di cui gli avvenimenti del 1789 hanno favorito l’ascesa. Da quel momento in

poi la società non risulta più rigidamente divisa in due strati: da una parte i signori, la nobiltà, i ceti

privilegiati e gli artigiani, dall’altra la massa del popolo, i contadini, i merciai ed i poveri. Adesso la

classe borghese comincia a estendere il suo potere e la sua influenza anche ai ceti superiori.

L’agricoltura, parallelamente, si libera dai suoi rapporti feudali. Una massa sempre crescente di

coloro che un tempo erano semplici coltivatori (coloni e piccoli affittuari) si trasforma ora in

salariati. Costoro non verranno più collegati in maniera schematica al possesso fondiario (edall’autosufficienza economica) ma saranno visti sempre di più come disponibili ad intraprendere

anche attività extragricole. Il possesso non verrà più ad essere identificato con la terra tout court;

anche il denaro diventa un bene ambito. Nello stesso momento, è dal secolo XVIII° che

l’Inghilterra, come nazione, ha un ruolo preminente nell’ambito del commercio coloniale. Il 1780 è

approssimativamente l’anno in cui questa congiuntura muta in modo radicale. Sinteticamente, il

cambiamento più notevole (quello che segnerà più profondamente il successivo XIX° sec.) si

verifica ad un alto livello di generalità.
Una parte considerevole di tutta la vita economica deltempo si sposta verso l’orbita della cosiddetta economia di mercato. Il rapporto fra le parti,

protagoniste di una contrattazione, è adesso impersonale. Il denaro (valore di scambio) sostituisce

definitivamente la proprietà fondiaria quale simbolo immediato del valore sociale. L’impresa

artigiana perde il suo predominio per essere sostituita dalla fabbrica. L’
economia diretta non è più il

sistema economico che caratterizza il periodo storico. Interviene (a mutare, in maniera irreversibile

il corso della storia) una circostanza particolare di natura economica. A causa dell’aumento della

domanda (situazione che ha avuto inizio già nel XVIII° sec.) e dell’ulteriore intensificarsi dei

commerci si verifica una crescita dei costi di produzione. Ecco che diventa necessario effettuare unaumento della stessa produzione. In sostanza:

il mercato è in espansione. Per rendere più duttile il

lavoro (più rapido e migliore) è necessario escogitare degli accorgimenti (di natura tecnologica)che allarghino la forza della produzione

. All’inizio del XIX° sec., in Inghilterra è, perciò, introdotta

sul mercato tutta una serie di macchine nuove. L’avvio del processo si verifica nell’industria

cotoniera. L’aumento della domanda dei manufatti di cotone (nella maggior parte dei casi

provenienti, fino a quel momento, dall’India) stimola gli industriali inglesi a sostituire le merci

indiane con le proprie. L’asse della produzione si sposta così in Europa. A causa dei decreti di

recinzione delle terre pubbliche, i contadini vengono espulsi dalle campagne. Si rende disponibile

una elevata riserva di manodopera che può essere impiegata utilmente nella produzione tessile in

espansione. Queste due sono le condizioni che Karl Marx individua come tipiche della cosiddetta

“accumulazione originaria del capitale”. Sta per nascere l’industria moderna.

Nel 1733 John Kay inventa la “spoletta volante”. I telai raddoppiano la capacità produttiva e

soddisfano, così, la crescita della domanda. L’industria cotoniera comincia a meccanizzarsi.

Nello stesso tempo, grazie all’invenzione di Thomas Newcomen, si introduce il vapore come forza

motrice al posto dell’energia idraulica. Nella siderurgia, il carbone vegetale è sostituito dal carbon

coke (carbon fossile). Aumenta la produzione di ferro greggio negli altoforni. La funzione

propulsiva della vita economica non è più nella filatura e nella tessitura; il nuovo baricentro saranno

metallurgia ed industria meccanica. Tutta l’attività produttiva si concentra adesso nelle fabbriche. Il

XIX° sec. vede l’ingresso, nella scena sociale, di una figura professionale del tutto nuova:

l’imprenditore.

Per lo più proveniente dalle file della borghesia, esso ha particolari capacità personali e una forte

predisposizione al rischio; la sua specifica azione è la sostituzione (scientifica) del lavoro col

capitale. I primi “capitani d’industria” staranno al timone della neonata fabbrica moderna. In una

seconda fase del processo all’imprenditore (figura concreta di uomo in carne ed ossa) si

sostituiranno gli impersonali trusts e cartelli di imprese. Saranno i finanzieri che, allora,

assumeranno su se il ruolo che era stato dei “capitani d’industria” degli inizi. La conquista borghese

dell’economia porterà una conseguenza ovvia. L’abbattimento del sistema feudale di produzione

trasforma i contadini in “liberi venditori della propria forza lavoro” (coloni, mezzadri e piccoli

proprietari).

Fa il suo ingresso così nella storia una classe sociale del tutto inedita. Rovescio esatto di quella

medaglia che effigia sul lato davanti il “capitano d’industria” è, da questo momento in poi, la
classeproletaria. L’insieme di tutti questi fattori, considerati dal punto di vista della storia economica, si

concentra su un punto.

Dalla somma di queste circostanze storiche e ambientali nasce, adesso, un sistema economico

nuovo. Esso sarà un sistema economico animato dal principio acquisitivo, dal razionalismo

economico e filosofico e dall’industrialismo. Avocherà, inoltre, a se un’economia di tipo libero e la

proprietà privata dei mezzi di produzione. Sarà basato su una rigida struttura di tipo aristocratico

(imprenditore da una parte, proletario dall’altra) e su un organizzazione professionale aperta che

produrrà per il mercato all’interno di aziende sociali impiegando una tecnica che è scientifica,

rivoluzionaria e inorganica. Max Weber
1 dirà che tale sistema economico trova la sua origine in uno

specifico fatto culturale: l’etica espressa dalle prime confessioni protestanti. Da Martin Lutero in

poi, una morale di tipo ascetico ha prescritto
la ricerca del guadagno quale comportamento

consigliabile e preferibile nella società. Nel XIX° sec, si sviluppa quindi in maniera definitiva il

sistema economico del
capitalismo. Werner Sombart lo definirà come “un’organizzazione

economica di scambio, in cui collaborano, uniti dal mercato, due diversi gruppi di popolazione, i

proprietari dei mezzi di produzione, che contemporaneamente hanno la direzione e costituiscono i

soggetti economici, e i lavoratori nullatenenti
(come oggetti economici) , e che è dominata dalprincipio del profitto e dal razionalismo economico2. Il totale dei beni assume ora l’aspetto di

merci; il valore di scambio (il denaro) si sovrappone al vecchio valore d’uso (dell’economia

artigiana); inizia un processo di progressiva spersonalizzazione nei rapporti fra i singoli contraenti:

un’insieme di norme, ordinamenti, convenzioni e accordi regolano, adesso, i rapporti fra le parti. Il

ritmo della vita è scandito dall’ingresso di marchingegni di tipo meccanico nella produzione. La

razionalità ed il contratto (caratteristiche tipiche della classe borghese) sostituiscono tutti quegli

scambi che erano fondati sui valori del
passato (il cosiddetto tradizionalismo) nonché la bonaria

“stretta di mano” dell’economia diretta. La forza che determina tutto quanto è la potenza deldanaro

. La società si divide, ora, in maniera diversa che nel passato. Ai due estremi stanno adesso

borghesi e proletari; la dialettica fra queste due classi realizzerà tutte le dinamiche del sistema. La

realtà sociale nascente è costituita da disparità marcate. La ricchezza, che non è più qualcosa di

visibile (come la proprietà fondiaria dell’economia feudale), sarà regolata, nel suo flusso, da

meccanismi che tenderanno a
trascendere i singoli esseri viventi. Il potere diventa invisibile,

volatile, sfuggente. Il capitalismo reca con se una tendenza che gli è subito propria: esso tende a

espandersi. È nella sua natura il volere superare la separazione che c’è fra le varie regioni del

mondo. Le economie dei paesi più lontani vengono ora incluse in un solo sistema economicoglobale

attraverso la creazione di una rete internazionale di scambi e comunicazioni e di unrapporto organico fra le varie attività dei centri della produzione più distanti fra loro; e ciò accade

in misura molto maggiore di quanto avveniva in passato. Si realizzerà presto una caratteristica non

facilmente eliminabile del capitalismo: lo “sviluppo ineguale” dei vari paesi sui quali esso vige. Le

1 Cfr. M. Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, BUR, Milano, 1991

2 W. Sombart, Il capitalismo moderno, UTET, Torino, 1978, p. 175

funzioni e le possibilità dei diversi settori della produzione sono spesso differenziate fra loro sia

sotto l’aspetto del tipo di produzione sia sotto l’aspetto del grado di industrializzazione. Allo

sviluppo dei mezzi di comunicazione si legherà, quindi, la fase successiva dell’industrializzazione.

Un ampliamento della rete di strade carrozzabili, dei canali navigabili e delle vie fluviali darà la

stura al processo. Inaugurate dall’americano Robert Fulton fanno il loro ingresso le prime navi a

vapore. Nel 1807, Fulton, a bordo di un battello, risale il corso del fiume Hudson. È grazie ai nuovi

mezzi di comunicazione che verrà coperto un sempre più accresciuto bisogno di materie prime per

le fabbriche nonché l’assicurazione dei beni alimentari per i centri urbani (in cui si edificano le

prime “zone industriali”) ed, infine, i prodotti industriali avranno sempre più larghi sbocchi di

mercato.

Dall’Inghilterra del XIX° sec., il capitalismo nascente si prepara così ad invadere il mondo. La

ricerca del guadagno, del profitto, dell’interesse sta per travolgere ogni altra modalità di

comportamento sociale. Nell’economia e nella società del XIX° sec. fa così il suo ingresso la stessa

razionalità che Cartesio e Newton avevano inaugurato due secoli prima. Sarà destinata a

ridisegnare completamente l’intero perimetro dell’agire umano. La società comincia a definirsi

come un mondo di cifre, di rendiconti, di “partite doppie” in cui regnano incontrastate uniformità,

necessità e unitarietà. Nuove virtù borghesi, del tutto conseguenti a questo stato di cose,

troneggiano: parsimonia, la diligenza, la serietà. Dapprima la scienza moderna, inaugurata da

Galileo, aveva liberato le due dimensioni dello spazio e del tempo da tutte quelle incrostazioni di

tipo religioso e mistico in cui erano cadute nel Medio Evo, la tecnica, poi, aveva accorciato gli spazi

effettivi ed impresso un nuovo ritmo al tempo del lavoro umano. Ancora nel periodo dell’inizio

dell’epoca moderna, la proprietà cui ciascuno aspirava era qualcosa di
spaziale (la terra). Col

capitalismo e l’ingresso del mondo del denaro nelle dinamiche sociali, quel qualcosa di spaziale si

fa ogni giorno più effimero. spazio scompare ed il corso della vita media subisce una progressiva

accelerazione.

Si attribuisce adesso un valore quasi assoluto alla sola dimensione temporale. Il tempo è quello che

conta e trionfa. “Time is money” è la massima che si fa strada fra la gente. Il valore del tempo viene

eguagliato a quello del denaro: chi ha più tempo da impiegare nella produzione possiede anche più

danaro. Nessuno sembra più avere voglia e tempo per perdere tempo.

La vita intera diventa il campo aperto per un’acquisizione quotidiana e costante.

Da adesso in poi, il XIX° sec. sarà una specie di ingranaggio collettivo nel quale ruoli, strategie e

desideri sono orientati tutti alla continua ricerca dell’utile. In ogni campo saranno determinanti

attivismo, potere e interesse.

Quella che notoriamente è caratterizzata da questi stimoli è la
sfera vitale dell’individuo. Essaadesso si espande.

La vita intera si approssima ora ad uno scopo materiale.

Il viaggio di Colombo, che inaugura l’epoca moderna, fa giungere adesso in un luogo dove

l’esistenza singola dell’uomo ha un senso particolare:
porsi criticamente di fronte a cose e personeai fini di trarne il maggiore vantaggio possibile. La speculazione, la scienza, la tecnica, il sistema

economico dei moderni non faranno che dedurre (consciamente o inconsciamente) ogni più estrema

conseguenza da ciò.

Il materiale delle scatole. All’interno del globo in cui vivono ed agiscono gli uomini (coi loro

bisogni, le loro idee, le loro capacità e le loro iniziative) la politica, come ogni scienza al servizio

dell’essere umano, occupa uno
spazio preciso.

Com’è noto, la politica è la scienza che regola i rapporti di ogni uomo con i suoi simili considerati

nel contesto delle società che essi (volta a volta) tendono ad instaurare. A seconda dei diversi

sistemi politici dominanti nei vari casi, tale spazio può assumere una conformazione di tipo differente. Secondo la ormai classica suddivisione aristotelica3 dei modelli politici vi sono tre modi

distinti nei quali può essere declinato il potere politico a seconda dei casi: monarchia, aristocrazia e

3 Aristotele, Politica, Laterza, Bari, 1963, pp.68-69

3

politia
4. Lo spazio della politica, dunque, tenendo per ferma tale ripartizione, assume le seguenti

caratteristiche: è occupato da una5 sola entità politica nella forma della monarchia, è suddiviso fra

alcune delle entità politiche presenti (i “pochi” dice Aristotele6) in società nell’aristocrazia ed,

infine, è rappresentato da molte entità politiche (la “massa”7) nella forma della politia. Ora, il

sistema politico che domina in Europa dal XVI° sec. è quello dello stato assoluto. Si tratta di unaforma di monarchia nella quale tutto il potere è nelle mani del sovrano il quale è il solo

rappresentante di quello stato di fronte al complesso dei cittadini e degli altri stati. “L’Etat cet moi”,

la celebre affermazione di Luigi XIV° di Francia, sintetizza perfettamente il concetto che è alla base

di questo modello politico. Siamo quindi alla presenza di un sistema in cui il complesso dello

spazio politico è occupato da una sola entità (monarchia). La Rivoluzione Francese del 1789 fasubire un serio contraccolpo al concetto di stato assoluto. Le rivendicazioni del Terzo Stato8 fanno

entrare sulla scena i prodromi di un processo che sarà destinato, nei secoli a venire, ai più grandi

sviluppi. Nell’alfabeto politico ed istituzionale di ogni stato e delle future nazioni nascenti

entreranno, infatti, da allora i principi del
liberalismo di stampo classico. Per quello che concerne le

tecniche di governo, il linguaggio della politica e la società, considerata nel suo insieme, a causa

della Rivoluzione Francese accade un’altra circostanza che sarà destinata ad avere ampie

ripercussioni. Questa circostanza storica, a prima vista, potrebbe sembrare non proprio centrale e

persino irrilevante all’interno dell’economia complessiva degli avvenimenti in questione.

All’Assemblea nazionale costituente del 1789 i fautori di un forte potere monarchico presero tutti

posto alla
destra del presidente mentre i rappresentanti delle correnti più avanzate, antimonarchichee democratiche sedettero alla sua sinistra.

Gli storici politici ma anche quelli della società, del costume e della cultura furono concordi nel

ritenere quella circostanza come paradigmatica per la storia dell’umanità.

Da quella circostanza del tutto casuale, infatti, si fa derivare la nascita di due entità politiche nuove.

Esse prenderanno il nome da tale suddivisione spaziale e saranno, rispettivamente, la destra e la

sinistra.Lo spazio della politica subisce ora una mutazione. Viene secato in due parti. Una linea orizzontale

separa due entità (le quali, prese assieme, impegnano la totalità della politica). Da una parte di

questa linea c’è la destra, dall’altra la sinistra. Il filosofo torinese Norberto Bobbio, nel 1994, hapubblicato un agile volumetto dal titolo

Destra e sinistra9 per l’editore Donzelli. In quel libretto,

Bobbio affrontava la questione di quale fosse il nucleo originario che distingue destra e sinistra.Bobbio parte considerando le due entità della destra e della sinistra come dei “tipi ideali”

10 . Ovvero

non come due nuclei sistematici stabiliti una volta per tutte (col consenso della maggioranza degli

studiosi) e neppure come delle formazioni storicamente date (o da darsi) che si avvicendino e si

affianchino lungo il corso degli avvenimenti umani. Una volta fatto ciò, Bobbio nel capitolo IV dal

titolo
Alla ricerca di un criterio di distinzione, offre un criterio terminologico per definire le due

parti. Egli afferma: “il criterio più frequentemente adottato per distinguere la destra dalla sinistra è il

diverso atteggiamento che gli uomini viventi in società assumono di fronte all’ideale

dell’eguaglianza , che è, insieme a quello della libertà e a quello della pace, uno dei fini ultimi che

si propongono di raggiungere e per i quali sono disposti a battersi
11”. Ora, dunque, il concetto di

uguaglianza è un concetto relativo e non assoluto: si è uguali sempre rispetto a qualcosa e mai

singolarmente (come, ad esempio, si è liberi). Lungo il corso della loro storia, gli esseri umani si

4 Aristotele afferma che la democrazia è una degenerazione della politia in Politica, cit., p. 69

5 Aristotele, cit., p. 68

6 Aristotele, cit, p. 69

7 Aristotele, cit., p.69

8 Cfr. il celebre opuscolo Qu’est-ce que le tiers état ? opera dell’abate Emmanuel Jospeh Seyès, in traduzione italiana

Che cosa è il terzo stato, a cura di U. Cerroni, Editori Riuniti, Roma, 1972

9 N. Bobbio, Destra e sinistra, Donzelli, Roma, 1994

10 N. Bobbio, cit., p. 111

11 N. Bobbio, cit., p. 99

sono imbattuti in un concetto che hanno chiamato “uguaglianza” e si sono accorti che esso poteva

rappresentare uno dei fondamenti del vivere civile in ogni tempo e luogo.

Se vengono presi per se stessi o in rapporto alla totalità della natura o dei loro simili gli uomini

possono essere sia “uguali” che “disuguali” (in qualcosa).

Sarà definibile come
destra quel particolare programma politico che, partendo dal dato di fatto che

gli uomini cono sia uguali che disuguali, giudica più importante ai fini della pacifica convivenza

privilegiare ciò che fa si che essi siano diversi rispetto a ciò che li rende uguali. Del pari, partendo

sempre dalla constatazione di fondo che gli uomini sono tanto uguali che disuguali, la politica della

sinistra è quella che mette in evidenza in misura maggiore e ritiene più rilevante ciò che li

accomuna piuttosto che ciò che li separa. E fin qui Bobbio. Ma l’uguaglianza, in se un qualcosa di

sociale. Nel momento in cui gli esseri umani fra loro si accorgono di essere “uguali” in una cosa e

prendono atto di questa situazione come di una possibilità d’arricchimento, essi, politicamente,

saranno portati ad attribuire un valore
positivo al principio di uguaglianza. L’esatto opposto succede

quando essi si rendono conto di essere “uguali” in alcune cose ma vedono come ad un ostacolo ai

loro fini. Naturalmente, in senso generale, “uguali” e “diseguali” si può essere (o definirsi) in

numerosi modi e per motivi che sono i più diversi. Lo si può essere per natura o per cause culturali.

Per merito o per fortuna. Per scelta o per abitudine. La
destra e la sinistra (viste sempre come “tipi

ideali”) trovano la loro ragion d’essere (ed i principi ispiratori dei rispettivi programmi) nella

constatazione per la quale esse considereranno, l’una, gli uomini più disuguali che uguali e l’altra,

più uguali che diseguali. La diade e la frammentazione orizzontale destra-sinistra esaurisce, così, la

totalità dello
spazio politico. Gli uomini, a seconda delle loro idee, aspettative e motivazioni,aderiranno ad una sola delle due parti. E del pari, al livello della ordinaria vita sociale, destra e

sinistra sono discriminanti. A fronteggiarsi non sono solo due fazioni politiche, ma due diverse

visioni del mondo, due atteggiamenti culturali e morali, due distinti immaginari (individuali o

collettivi). Dal 1789, la destra e la sinistra costituiscono
due luoghi della comune esperienza degliindividui sulla terra; due segni in cui, ogni giorno, ci si imbatte e su cui si è chiamati a confrontarsi;

due riferimenti culturali certi e diffusi. Queste due entità ci sono state e ci sono, hanno avuto un

significato e ce l’hanno ancora. Costituisce un’esperienza quotidiana imbattersi in destra e sinistra

su titoli di giornali, manifesti, pubblicità, situazioni, discorsi, scelte e atteggiamenti.

L’astrazione ha individuato un concetto che si fa opera concreta, effettuale, reale.

E analogamente, l’opera reale conduce, di nuovo, al concetto attraverso la strada dell’analisi e del

ragionamento. Il principio di uguaglianza, nella fattispecie, risulta essere quel
grumo irriducibile ed

ineliminabile che è, allo stesso tempo, storico, ideale ed esistenziale. Esso identifica la diadedestra/sinistra al meglio e con la più grande autorità

12. I contrasti di idee, che stanno alla base della

distinzione fra destra e sinistra, portano, volta per volta, queste due fazioni ad accentuare alcune

istanze piuttosto che altre. Ad esempio: per quel che riguarda i fattori della produzione, la destra

porrà più attenzione sul
capitale che sul lavoro (al contrario, la sinistra). Nei rapporti fra leistituzioni: la destra prediligerà il privato piuttosto che il pubblico, la sinistra, sarà per il pubblico e

non per il privato. Sui rapporti fra le parti di una negoziazione economica: la destra porrà l’accento

in misura maggiore sul confronto, la sinistra, sulla cooperazione. Per quanto riguarda le relazioni

fra le diverse entità economiche: la destra è a favore della concorrenza, la sinistra: è per la

collaborazione. E (ancora nell’ordine del solo universo economico), posizioni diametralmente

opposte destra e sinistra assumeranno riguardo a centinaia di questioni. Politiche di diverso tipo

esse avranno sui problemi relativi ai gruppi sociali emergenti, alle richieste pacifiste, ai movimenti

ecologisti, alle rivendicazioni ambientaliste o animaliste, alle necessità fondamentali della società

(salute, scuola, abitazione), alla sensibilità ed amicizia internazionale, alle aree povere, depresse,

sottomesse, al piano culturale sul quale si deve regolare ogni decisione di natura economica

(assunta da una determinata istituzione o nazione o paese), sui diritti dell’uomo, dell’infanzia, della

12 Destra e sinistra, dice a tal proposito Bobbio “indicano contrapposti programmi rispetto a molti problemi la cui

soluzione appartiene abitualmente all’azione politica, contrasti non solo d’idee ma anche d’interessi e di valutazioni

sulla direzione da dare alla società, che esistono in ogni società, e che non si vede come possano scomparire”, cit., p. 33

terza età, dei deboli, ecc. Su queste, come su innumerevoli altre questioni, destra e sinistra

prenderanno le loro rispettive posizioni politiche (che proporranno in sede di campagna elettorale) e

stabiliranno le decisioni conseguenti (una volta che l’una o l’altra avrà raggiunto incarichi di

governo) in sede istituzionale. E faranno ciò sempre regolandosi su quel loro
grumo irriducibile: il

principio di uguaglianza. Nasceranno, così, politiche di tipo diverso che avranno fini diversi,

programmi diversi e atteggiamenti diversi. La destra proporrà strategie che terranno più conto della

diversità che dell’uguaglianza. La sinistra sceglierà la similarità piuttosto che la differenza. Caso

per caso ed in maniere diverse, ovviamente. Le due porzioni dello spazio politico, destra e sinistra,

fondate, come sono, su un concetto di natura
relativa, a loro volta: saranno due porzioni relative.

Estremismi e moderatismi sono sempre possibili per ogni destra e per ogni sinistra e per ogni

ripartizione dello
spazio politico in una destra ed in una sinistra (ne è un esempio la diffusione dei

movimenti extraparlamentari, che possono essere naturalmente sia di destra che di sinistra,

all’interno delle democrazie parlamentari di stampo occidentale). Ed inoltre, i due concetti di destra

e sinistra, oltre che non essere concetti assoluti, non sono neanche concetti sostantivi (ontologici). E

neppure sono delle qualità intrinseche dell’universo politico.
Sono solamente due porzioni di quello

spazio ideale che ogni gruppo umano, nel complesso delle attività che lo coinvolgono, destina alla

politica. Quella che si verifica, in questo caso, è una circostanza precisa. È come se fosse che ogni

attività di cui sia protagonista l’uomo (la politica al pari della scienza, dell’economia, ecc.) sia

schematizzabile in un diagramma. Alla politica ne spetterebbe uno diviso in due parti (chiamate:

destra e sinistra). Abbassando istituzioni, contatti, relazioni, idee, progetti, ecc. di ogni società in un

quadrato, ogni essere umano ed ogni gruppo sociale potrà ritrovare in esso qualcosa che gliapparterrà.

In sostanza, ciascuno potrà dichiarare di farne o di non farne parte. È chiaro che ogni

altra attività (e sfera d’azione) di ciascun individuo o gruppo sarà intimamente connessa con

quell’attività e sfera d’azione. Ogni quadrato con ogni quadrato. Ed ogni quadrato, a sua volta, sarà

suddiviso a secondo della storia delle caratteristiche proprie di quella particolare
sfera d’azione che

esso rappresenterà. In una, due o tante porzioni orizzontali. La somma dei quadrati sarà un

diagramma (ancora orizzontale) all’interno del quale ogni
spazio raffigura un particolare momento

della storia (anche culturale e morale) di ciascuno all’interno di quella società. Ed, insieme, la

propria psicologia di soggetto insieme individuale, sociale oltre che dotato di ragione.

Michele Salvati ha formulato un giudizio storico che può valere per ogni suddivisone relativa adogni quadrato. Salvati, riferendosi alla partizione dello

spazio politico in una destra ed in unasinistra, afferma che esse: “sono categorie centrali del « progetto moderno» : la loro gestazione

attraversa tutta l’età moderna e si conclude nell’Illuminismo; il loro parto e la rivoluzione

francese”
13. In qualità di categorie centrali, destra e sinistra recano addosso (dunque) una loro

specifica autorevolezza. Pure nel malaugurato caso (ascrivibile a quella scuola di pensiero facente

capo all’apodittica affermazione di Jean Paul Sartre, il quale definì la destra e la sinistra come “due

scatole vuote”) dell’
irrilevanza di questi due concetti: rimane, egualmente, una considerazione obbiettivamente ineliminabile. Siano esse del tutto vuote, rimangono pur sempre delle scatole. Da

qualche parte è esistito (o forse esiste) qualcosa che le ha costituite. Anzi, è proprio questo

qualcosa ciò che tuttoggi rende esse due nozioni dotate di un senso proprio (fondante e condiviso

da molti). Per innumerevoli donne e per uomini di moltissimi paesi del mondo.

Ma da quel 1789 in cui destra e sinistra sono (almeno formalmente) nate, qualcosa è cambiato in

maniera definitiva nell’universo e nel dibattito politico.

Destra e sinistra sono entrate nella storia ed hanno preso, fin da subito, strade diverse. Anche lo

stato assoluto del XVI° sec., che non era già più lo stesso ai tempi della Rivoluzione Francese, conil XIX° sec. (ed il concetto di nazione arrivato a scompaginare la geografia politica) divenne

un'altra cosa. Per mutare in un’altra cosa ancora nel XX° sec. Ed arrivare, così, di nuovo mutato, al

tempo presente. Destra e sinistra, per parte loro, sono mutate come quello
stato assoluto del XVI°

sec. L’umanità ha conosciuto fenomeni complessi e proteiformi (il capitalismo, il socialismo, il

comunismo, il fascismo, il nazismo, due guerre mondiali, la guerra fredda, i due blocchi

13 M. Salvati, Cambiare la sinistra, “Reset “n°31, (settembre 1996), p. 7

contrapposti, ecc.) da quel fatidico 1789. La destra e la sinistra, in qualche modo, hanno resistito a

tutto questo, anzi sono riuscite ad inglobare delle istanze volta per volta, e caso per caso, diverse e

vitali. E strada facendo, nel pensiero e nel discorso della gente, sono diventate due
luoghi del

patrimonio culturale condiviso. Anche questo testimonia della loro importanza. Più importante è la

circostanza che, nella storia, uomini e donne hanno intrapreso carriere politiche, si sono interessati a

problemi politici, hanno amministrato (e governato) paesi, città o nazioni sulla base dei postulati

teorici appartenenti ora alla destra ora alla sinistra. Stati sovrani si sono proclamati di destra o di

sinistra. La storia del pensiero politico moderno è stata interpretata da studiosi (i quali, a secondadei casi, si sono, o sono stati, essi stessi dichiarati di destra o di sinistra) che hanno utilizzato, sia

pure come paragone o metafora, oppure come codice d’accesso o ancora come semplici strumenti di

lavoro, le due
categorie di destra e sinistra. Oggi, non c’è dibattito politico che non ponga l’accento

(sia pure in modo trasversale) ai due termini della diade. E non esiste schema, che si possa fare,

riferentesi alla conformazione politica di qualsivoglia nazione, che non metta capo, al suo interno,

anche ai termini destra e sinistra. (In Inghilterra: i conservatori sono più vicini alla destra, i laburisti

sono di sinistra; negli USA: i repubblicani possono essere assimilati alla destra, i democratici

dovrebbero essere di sinistra; ecc.).Ma in verità ed in senso più generale, la suddivisione spaziale della

politica è solo un modoabbastanza utile per constatare che esistono maniere differenti di vedere le cose. Di interpretare la

società da parte della politica. Ciò, del resto, è inevitabile. I problemi sono complessi e coinvolgono

interessi, aspettative e ideologie che variano per come varia la società. Raggruppare tali interessi in

due sole categorie: è certo un fatto comodo; ma è anche un modo molto raffinato che l’uomo ha a

disposizione per restituire dignità al proprio pensiero. E per capire
meglio ogni problematica che

agiti la collettività. Gli uomini sono più uguali o più disuguali ? La risposta è: dipende da quale

punto di vista
li si consideri. È giusto questo punto di vista che fa la differenza. Guardare ai fatti

umani da una certa angolazione vuol dire che, comunque, si è già stabilita un’angolazione. Talescelta sarà stata fatta in base a delle

motivazioni. Le quali sono sempre di natura razionale. Se è

vero che c’è, sempre, una base emozionale per ogni scelta e motivazione, è altresì vero che nessuno

fa niente per niente o calcolando niente. Quantomeno, costi e benefici si porranno sempre davanti a

ciascuno. Esiste un
ragionamento logico che porta a far stare da una tale parte. Nella politica, come

nella vita di ogni giorno.

Dalla combinazione degli elementi emozionali e razionali si genera, in senso lato, ogni scelta. Che

attribuisce un
punto di vista. Il quale fa la differenza. Il cerchio è chiuso.

Da un certo punto di vista gli uomini appaiono meno uguali che disuguali. Da un altro: meno

disuguali che uguali.

Questo è un
modo di vedere e di argomentare proprio ad ogni essere umano.

Anche di questo è fatta la distinzione fra destra e sinistra. (È il caso in cui alle due parti non fossero

stati assegnati storicamente i nomi che hanno; ma, invece, le si considerasse come due diverse

griglie interpretative della realtà…).

Destra e sinistra, in ogni caso, sono storicamente esistite ed esistono. Il principio di uguaglianza è il

loro
grumo irriducibile. Se oggi queste due scatole sono davvero vuote, ciò sarà stato dovuto al

mutare dei tempi e delle idee, agli inediti problemi che agitano la mente e il cuore degli uomini, alle

diverse condizioni (oggettive e soggettive ) in cui si è venuta a trovare , oggi, la società nel suo

complesso.

Ma, in ogni caso, il
materiale da cui sono composte queste due scatole esiste anche oggi.

E tale materiale è quel grumo irriducibile: il principio di uguaglianza.

Globalizzazione. Le date della storia sono simboli. Nella concreta real