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ONU: accordo inutile. A Gaza è strage

di Stefania Pavone - 10/01/2009

 
 

E’ carta straccia l’accordo trovato all’Onu sul cessate il fuoco tra Hamas e Israele. Perchè Israele, come si è saputo subito, continuerà le operazioni militari nel teatro di guerra di Gaza. Infatti, episodi di violenza tra miliziani e soldati, razzi verso il Neghev e il bombardamento di numerosi obiettivi per mano israeliana, connotano l’immagine di una Gaza crocevia storico dell’inferno dell’umana coscienza, con cui si apre a brutto muso questo nuovo secolo. Come preannunciato dal governo e alte sfere militari, la cattiva marcia dell’esercito israeliano verso il cuore della città continua passo dopo passo. E, passo dopo passo, la catena della morte fa le sue vittime: 800 palestinesi e qualche manciata d’israeliani. Una sproporzione che colpisce, ma è di ovvia comprensione se si pensa che la guerra asimmetrica di Gaza è uno scontro impari tra miliziani più o meno addestrati e un esercito forte e professionale come quello dello Stato ebraico.

A Gaza oggi si estraggono i cadaveri da edifici crollati nei giorni scorsi e il fuoco israeliano s’incrudelisce verso obiettivi civili. Ha destato grande effetto la denuncia dell’ONU per il coordinamento umanitario secondo la quale il 5 gennaio, nel rione Zaitun di Gaza, una trentina di palestinesi sono stati uccisi da esplosioni causate dagli israeliani. Israele smentisce di aver colpito un automezzo dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per profughi palestinesi, a breve distanza dal valico di Heretz. Il gioco diplomatico alle Nazioni Unite non è bastato a scongiurare la continuazione del massacro; Olmert è stato impegnato in consultazioni per stabilire se accettare la richiesta del “ cessate il fuoco” o continuare la penetrazione militare a Gaza.

Se Al Fath di Abu Mazen ha colto l’importanza dello spiraglio diplomatico offerto alle Nazioni Unite e si è subito pronunciato a favore della bozza ONU, Hamas ha detto “no” e poi “no”. "Sono stati messi sullo stesso piano vittime e carnefici”, spiega il portavoce Fawzl Barhum. Del resto che aspettarsi se proprio l’ONU ha escluso il partito islamico da ogni forma di consultazione? Dunque, al quindicesimo giorno, la guerra continua. Israele, infatti, a parte le ovvie tensioni suscitate dall’imminente campagna elettorale, ha necessità di fare e vincere la guerra per ripristinare l’immagine di potere del paese nell’intero Medio Oriente dopo la secca sconfitta subita con gli Hezbollah nel 2006.

E a questo preciso obiettivo politico il sionismo, forse reso più compatto da questa guerra, non rinuncerà, nemmeno se ci fossero tutti i giorni risoluzioni ONU. La scelta del conflitto appare di conseguenza agli israeliani come unico modo per controllare i territori di Hamas, poiché hanno escluso ogni possibilità di individuare il partito islamico come interlocutore politico ai tavoli della pace.

Il secondo, chiaro, obiettivo israeliano, è l’eliminazione del partito islamico attraverso un accordo con i paesi arabi moderati circa la costruzione di uno stato palestinese non ostile ai sionisti. Per questo serve ripulire Gaza dai suoi attuali governanti o costringere il partito islamico a trattare la pace con una forze d’interposizione dell’ONU, come vogliono l’Europa e i paesi arabi.

Ma la guerra di Gaza, per quanto piccola, non è una semplice “questione di sicurezza” necessaria alle sfere del potere israeliano, un piccolo giardino dei limoni. Ancora una volta, in Palestina si riverbera la contesa tra grandi potenze. Se si è notato un deficit d’iniziativa diplomatica di un’America alle prese con una drammatica crisi interna e di un’Europa che stenta a trovare una voce unica spetta l’assunzione di responsabilità vero il caleidoscopio mediorientale.

Questo spiega, in parte, l’attivismo del presidente francese Sarkozy - che ha fatto il giro di Gerusalemme, Damasco e Ramallah - e la celerità del piano messo a punto con Mubarak. Un piano chiaramente svantaggioso per i palestinesi, approvato dalla solita Autorità palestinese e valutato dagli israeliani, ma dai contorni truffaldini per Hamas. Lo stesso accordo dell’ONU, senza qualcosa di più sostanzioso, non serve a niente. E guerra dopo guerra, tavolo dopo tavolo, la catena del conflitto in Medio Oriente sembra non volersi mai interrompere.

Le masse arabe protestano. Dopo la preghiera del venerdì, migliaia di persone sono scese in piazza contro l’offensiva israeliana. Circa 100.000 persone hanno sfilato ad Alessandria d’Egitto. In Cisgiordania sono scoppiati alcuni scontri tra seguaci di Hamas e Al Fath durante una manifestazione a Ramallah. Ma quale pace chiedono in una sfera del mondo dove la contesa mondiale tra potenze non si fa alcuno scrupolo?