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Il declinismo degli USA

di Vittorio Zucconi - 10/01/2009

 

A NCHE oltre i nuovi dati generali neri della disoccupazione, che hannoraggiunto ieri cifre che soltanto i molto anziani, coloro che erano già adulti nel 1945 ricordano, la mattina dell`informazione èunaprofessoressa crudele che conduce un appello del disastro al quale ogni azienda, ogni settore, ogni analista deve rispondere mesto «presente» come lo scolaretto avviato alla bocciatura.

Totale dei posti di lavoro svaniti nel 2008: due milioni e sei cento mila. E` la popolazione di un`intera aerea metropolitana. Vendite di elettrodomestici e benidurevoli:

calo fra il 2 e il 3 per cento nella principale catena discount Best Buy. Profitti della Chevron, signora della benzina: «significativamente più bassi», per il calo nel consumo dei carburanti. Alcoa, ciclope mondiale dell`alluminio:

12 mila licenziamenti per debolezza della domanda nelle costruzioni.

Vendita di case esistenti:

meno 4 per cento. Prezzo medio dello "stock" immobiliare invenduto, di quelle case che rappresentano in principale investimento per 1`85 % delle famiglie americane: meno 20%. Ciliegia finale sulla amarissima torta: mille e duecento miliardi di deficit dibilancio federale (non l`indebitamento nazionale che è ormaistratosferico) previsti alla chiusura dei conti 2008, quattro volte più del 2007 e ormai di fatto pari all`intero Prodotto Interno Lordo italiano.

Gli operatori finanziari, il popolo delle scatole di cartone sopravvissuto alla strage dell`autunno, escono di casa ogni mattina con lo spirito dei Marines in Iraq e Afghanistan, chiedendosi dove, e per chi, scoppierà la prossima bomba, e se torneranno vivi a casa, ammesso che la casa non sia stata pignorata per morosità.

Neppure il solenne, articolato "piano Obama" con palate di miliardi promessi a tutti e per tutto, annunciato ieri l`altro del Presidente eletto - che evidentemente ricorda di «non essere ancora il presidente» soltanto quando si tratta di crisi internazionali come la strage di Gaza sulla quale non si sbilancia - è riuscito a calmare i nervi scossi di una nazione che non vede il fondo del pozzo.

Torna di gran monda il "declinismo", il sentimento che i144 esimo presidente, Barack Obama, erediterà fra 10 giorni un impero al tramonto, come scrive da tempo Nouriel Roubini. E che la sua missione, se avrà successo, sarà quella di rallentare il declino e di guidarlo verso un crepuscolo dolce, mentre altre stelle e pianeti si affermano nel cielo del XXI secolo, l`Asia sino-indiana (il Giappone è passato di moda), la Russia più che mai neo zarista, l`Europa allargata, l`eterno Godot che tutti aspettano emaiarriva, machepotrebbe trovare, presa in mezzo fra i ricatti di Mosca e la debolezza di Washington, quell`incentivo a scuotersi che finora non ha trovato, appoggiandosi alla stampella robusta dell`Euro.

Certamente Obama non poteva neppure immaginare, nei giorni estivi dello "yeswe can", sì, possiamo farcela, di trovarsi a vivere in un giardino d`inverno più raggelante di quello che lo attende, da Gaza a Wall Street a Main Street, le strade delle città. Sarebbe atrocemente ironico se l`America, finalmente liberata dal pregiudizio razziale e capace di un gesto storico come l`elezione di un afro americano figlio di un immigrato, avesse coronato la promessa costituzionale dell`eguaglianza consegnando al primo presidente di colore un pacco avvelenato, lo scettro di Romolo Augustolo, l`imperatore dell`agonia imperiale Romana.

Ma la tentazione di giudicare la presidenza Obama già morta prima ancora di averlavistala nascere e di considerare come l`inizio della fine la orribile crisi che otto anni di Bush hanno lasciato in eredità, urta contro il paradosso storico di questa nazione spesso esasperante e sempre sottovalutata, da amici come nemici. Proprio laviolenzadella recessione in atto, assai più aspra di quella che finora ha colpito l`Europa, e il disastro della ideologia repubblicana del "laissez faire", può essere ancora l`indice di una capacità di autotrasformazione brutale, che l`Europa non conosce più.

Può darsi che BarackObama, in queste ore mentre di notte, con le figlie addormentate, contempla dalle finestre del suo hotel la Casa nella quale dovrà vivere per quattro anni, si sovvenga dell`amara saggezza contenuta nell`incipit di un romanzo dell`orrore scritto nel 1902 da W.W. Jacobs, «attento a esprimere desideri, perché potrebbero avverarsi» e umanamente si domandi chi glielo ha fatto fare di assumere il timone di una nazione in queste condizioni.

Ma chi ricorda l`America della fine anni `60, contorta negli spasmi cruenti della guerriglia interna e del Vietnam, l`America sconvolta dalla ignominia di Richard Nixon o l`America di Jimmy Carter paralizzata dall`iperinfl azione e umiliata dagli ayatollah iraniani, dovrebbe sapere che, proprio nei suoimomenti peggioricome queste giornate di notizie economiche disastrose, si creano le premesse per il nuovo volo della Fenice americana.