Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Si piange la morte del gatto

Si piange la morte del gatto

di Mohammed Omer - 13/01/2009

 

indiawilliebush.jpg

India Willie



Al telefono da Gaza, Zahrah Salem commenta la notizia che ha appena appreso: tante persone alla Casa Bianca erano "profondamente addolorate" per la morte del gatto India Willie. Come mai, si chiede, nessuno alla Casa Bianca era profondamente addolorato per la morte di tanti bambini a Gaza?

Dopo una pausa, aggiunge: "Almeno il gatto non è morto di fame, come i bambini di Gaza".

Zahrah Salem, 64 anni, ha quattro figli e 15 nipoti di cui preoccuparsi. Ogni giorno, durante i bombardamenti, benedice il fatto che siano ancora vivi. "Dormiamo tutti nella stessa stanza", spiega. "Perciò, se dovessimo morire, moriremmo tutti insieme. Cosa accadrebbe se noi morissimo e i bambini no, non possiamo lasciarli da soli a soffrire".

In questi giorni, i danni subiti dal corrispondente dell’IPS per mano degli israeliani mentre tornava a casa a Gaza sembrano insignificanti rispetto a ciò che sta succedendo adesso nella striscia. E rispetto alla paura per il destino della famiglia e degli amici a casa.

Dal letto di un comodo ospedale di Amsterdam, i pensieri vanno continuamente ai sopravvissuti, a chi potrebbe trovarsi magari in ospedale a Gaza - chi è abbastanza fortunato da essere in ospedale, abbastanza fortunato proprio per essere lì. E a quanto sia diverso un ospedale di Gaza da uno di Amsterdam.

"Non riceviamo i pazienti, riceviamo le spoglie", spiega Ahmed Abdelrahman, un’infermiera dell’ospedale di Shifa a Gaza city. Le sirene dell’ambulanza strillano dall’altro lato della cornetta mentre siamo al telefono. "A volte è un’impresa rimettere insieme gli arti all’obitorio, capire a chi corrisponde quale parte del corpo".

Il personale rischia la vita per salvare i feriti. "Ci hanno sparato tante volte mentre evacuavamo i feriti o raccoglievamo i corpi", racconta Abdelrahman. "Mentre parliamo, ho otto chiamate dalla zona orientale di persone ferite che perdono sangue, comprese due donne. Ma gli israeliani hanno sparato al personale delle nostre ambulanze mentre era fuori a prestare soccorso".

Mawia Hassanien, a capo del pronto soccorso dell’ospedale di Shifa, riferisce che almeno 12 operatori del reparto sono stati uccisi e 32 feriti. Undici ambulanze sono state distrutte.

E i feriti che riescono ad arrivare all’ospedale non trovano comunque un’assistenza adeguata. Le autorità egiziane hanno aperto solo in poche occasioni e per breve tempo il confine di Rafah per l’accesso delle forniture mediche, e a Gaza arriva solo una minima parte di ciò che servirebbe.

Molti a Gaza, compresi i membri di Hamas, dicono di non sapere come fare per fermare tutto questo. Alcuni gruppi sparsi non controllati da Hamas continuano a lanciare razzi contro Israele, che finora hanno provocato quattro morti e 40 feriti, e che creano molta tensione tra gli israeliani di Ashkelon, Ashdod, Beersheba, Sderot e altre città nel Negev occidentale.

Ma i razzi sono solo una scusa per Israele, per distruggere le strutture palestinesi, secondo gli abitanti di Gaza. Un portavoce dell’esercito israeliano ha spiegato che le Forze di difesa israeliane già da 18 mesi venivano addestrate per l’attacco su un modello della città principale riprodotto in una base militare nel deserto: "I nostri soldati conoscono tutte le vie possibili in cui possono nascondersi gli obiettivi", ha dichiarato.

Abu Ghasam, 42 anni, del campo profughi di Buriej, dice di non capire l’attacco di Israele, e "perché vengano uccisi i civili, invece dei responsabili del lancio dei razzi".

Ghasam, padre di sei figli, ha poco tempo per pensare a queste cose, comunque. La sua principale preoccupazione è sfruttare le poche ore di cessate il fuoco per riuscire a comprare il pane per i suoi figli; in genere, il fornaio è chiuso. Per chi è al sicuro, la fame diventa un problema ogni giorno di più.

Zahrah Salem conosceva bene le persone che sono state uccise. Può vedere le tende in lutto. "Ma ho paura ad avvicinarmi per porgere le mie condoglianze", spiega; "gli aerei israeliani ci colpiscono ovunque".

Li sente in continuazione, e sente il sibilo delle bombe e dei missili che cadono. Ma non si avvicina alla finestra: se la bomba ti manca, bisogna stare attenti alle schegge di vetro.

*Il corrispondente dell’IPS Mohammed Omer è ricoverato ad Amsterdam per le ferite riportate per mano dei soldati israeliani al confine, mentre cercava di tornare a Gaza a giugno dello scorso anno. Stava tornando dall’Europa, dopo aver vinto un premio giornalistico.(FINE/2009)