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La cecità dei media nel momento chiave a Gaza

di Jim Lobe e Ali Gharib - 13/01/2009





Washington - Occupati dalla copertura delle elezioni presidenziali del 4 novembre, i principali media statunitensi hanno ignorato un attacco chiave di Israele contro un bersaglio di Hamas, considerato da alcuni palestinesi come la fine effettiva della tregua tra le due parti e come l’evento che ha preparato il terreno per l’attuale spargimento di sangue.

Mentre la principale agenzia statunitense, la Associated Press, riportava che l’attacco, nel quale sei membri della frangia militare di Hamas erano stati uccisi dalle forze di terra israeliane, metteva in pericolo la tregua, tale articolo fu preso in considerazione solo da una manciata di quotidiani minori nello stato.

Anche il raid del 4 novembre – e l’escalation che ne è seguita – fu evitato dai maggiori notiziari televisivi statunitensi, secondo quanto riferito da una ricerca effettuata dal database Nexis riguardante tutta la copertura mediatica in lingua inglese tra il 4 e il 7 novembre.

Tuttavia l’azione militare, seguita da un attacco aereo che uccise almeno un altro palestinese, sembra abbia dato un colpo fatale alla tregua mediata dagli egiziani, che
era iniziata il 19 giugno e aveva resistito decisamente per circa quattro mesi e mezzo.

Per rappresaglia contro l’attacco, Hamas lanciò 35 missili Qassam nel territorio israeliano il 5 novembre i quali, per contro, fecero sì che Israele intensificasse severamente il suo assedio economico, che durava da 17 mesi, sul territorio palestinese.

“Quantunque nessuna delle due parti abbia completamente rispettato la tregua, il raid di Israele rappresentò decisamente la più grande violazione”, ha affermato Stephen Zunes, un esperto della guerra israelo-palestinese dell’Università di San Francisco.

“Fu un’enorme provocazione e ora mi sembra che il suo reale intento fosse di spingere Hamas a rompere la tregua”, ha aggiunto.

Quando Israele
ha lanciato l’attuale offensiva militare contro la striscia di Gaza, controllata da Hamas, il 27dicembre, i principali mass media statunitensi, in particolare i commentatori televisivi e dei quotidiani, hanno incolpato Hamas di aver interrotto la tregua con continui attacchi, compiuti con razzi e colpi di mortaio, rifiutando di estendere la tregua oltre il termine del 19 dicembre.

“L’offensiva aerea israeliana sulla Striscia di Gaza non dovrebbe rappresentare una sorpresa per chiunque abbia seguito le crescenti ostilità nella regione”, riportava l’editoriale del Washington Post il giorno successivo l’inizio del massiccio attacco aereo israeliano, “men che meno il movimento di Hamas, il quale ha cercato il conflitto terminando una tregua semestrale e lanciando razzi e proiettili di mortaio durante gli ultimi dieci giorni”.

Questa spiegazione degli eventi giungeva in corrispondenza di un maggiore sforzo da parte delle pubbliche relazioni israeliane, le quali piazzavano alti ufficiali governativi nei programmi televisivi statunitensi. In un’apparizione ad un talk-show ampiamente seguito della domenica mattina, “Incontra la stampa” [‘Meet the press’, ndt], mentre l’offensiva militare proseguiva, ad esempio, il ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni, candidata anche come primo ministro alle elezioni del 10 febbraio, ha sottolineato la sua linea di governo base.

“Circa sei mesi fa, secondo una iniziativa egiziana, decidemmo di entrare in una sorta di tregua e di non attaccare la striscia di Gaza”, ha detto Livni. “Hamas ha violato, un giorno, questa tregua. Hanno colpito Israele e noi non abbiamo risposto”.

Ma questa narrazione ha omesso qualsiasi riferimento al raid del 4 novembre e nessun ospite palestinese, come Mustafa Barghouti, un legislatore indipendente palestinese e attivista per i diritti umani di Ramallah, è apparso nel programma per ribattere le sue tesi.

In un’intervista alla Cnn due giorni dopo, il 31 dicembre, comunque, Barghouti ha dichiarato che la versione dei fatti di Livni era “inesatta”. Egli ha accusato Israele di aver interrotto la tregua e ha indicato direttamente nell’operazione a Gaza del 4 novembre l’incidente catalizzatore.

“Due mesi prima (del 19 dicembre), Israele iniziò ad attaccare Rafah ed Hamas…” ha dichiarato, aggiungendo che il fallimento di Israele nell’imporre l’embargo commerciale a Gaza ha violato i termini originali della tregua così com’erano stati compresi dai palestinesi.

Difatti, il focalizzarsi di Barghouti sull’attacco del 4 novembre come la principale causa dell’interruzione della tregua è stato supportato implicitamente da un lungo rapporto rilasciato il giorno seguente dal Centro di intelligence e informazione sul terrorismo, un gruppo privato israeliano. Esso ha diviso il cessate il fuoco in un “periodo di relativa quiete tra il 19 giugno e il 4 novembre” quando “Hamas fu bene attenta a mantenere la tregua”, e “l’escalation e l’erosione… dell’accordo” che ha avuto luogo “il 4 novembre quando le Forze di Difesa Israeliane hanno portato a termine un’azione militare vicino al confine di sicurezza dalla parte di Gaza…”

Il rapporto nota ulteriormente che Hamas ha iniziato a lanciare razzi e proiettili “per rappresaglia”, a cui Israele ha risposto chiudendo i suoi passaggi di confine e stringendo bruscamente il suo assedio intorno a Gaza. Da questo punto di vista, il cessate il fuoco che effettivamente era stato rispettato per i precedenti quattro mesi e mezzo non fu  più pienamente ripristinato.

Questa versione degli eventi non mancava totalmente nella stampa statunitense. Infatti, un’analisi del New York Times pubblicata il 19 dicembre riconosceva che “mentre questa escalation non ha rovesciato l’accordo, la decisione israeliana nei primi giorni di novembre di distruggere un tunnel che Hamas stava costruendo nei pressi del confine ha condotto la spirale di violenza ad un livello più alto”.

Ma lo stesso Times, come virtualmente tutti i media statunitensi, ha escluso il considerevole impatto dell’attacco del 4 novembre sul destino del cessate il fuoco perfino appena questo era successo. Nella sua ultima edizione del 5 novembre, il quotidiano pubblicò un articolo di 422 parole, proveniente da Gerusalemme, che riportava l’operazione militare israeliana e il fatto che Hamas avesse replicato con colpi di mortaio.

Un giorno più tardi, il Washington Post dedicò uno spazio simile ad un rapporto dell’agenzia Reuters il cui titolo suggeriva come la tregua fosse stata messa a rischio dagli scambi dei giorni precedenti.

Ma mentre i media statunitensi, distratti da una storica elezione, glissavano sul significato del raid israeliano del 4 novembre, alcune organizzazioni straniere di lingua inglese pubblicarono degli articoli sull’evento, suggerendo come il raid avrebbe potuto benissimo rompere il cessate il fuoco.

Una storia apparsa sul quotidiano britannico Guardian il 6 novembre affermò che la tregua era “in pericolo” dopo l’attacco. Un altro quotidiano britannico, l’Independent, riportò, lo stesso giorno, che il cessate il fuoco “stava affondando dopo che [il giorno precedente] le forze speciali israeliane erano entrate nei territori occupati e avevano combattuto Hamas”.

Una pezzo del notiziario canadese Canwest del 6 novembre riportò che “la fragile pace [del cessate il fuoco] è stata mandata in frantumi da un raid israeliano notturno a Gaza”. Il quotidiano australiano Age ha altresì titolato il suo articolo sul raid come ‘Cessate il fuoco a rischio collasso’.

I racconti di AP del 5 e 6 novembre usarono parole simili, ma furono largamente nascosti negli Stati Uniti, dove l’attenzione dei media era focalizzata virtualmente solo sugli storici risultati delle elezioni.

La ricerca del Nexis non ha trovato nessun riferimento al raid nelle trascrizioni di qualsiasi trasmissione televisiva durante il periodo, un’omissione particolarmente significativa considerato che circa il 70 percento dei cittadini statunitensi dichiara che la loro maggior fonte di notizie internazionali proviene proprio da tale mezzo di comunicazione.

“Il raid del 4 novembre difficilmente esiste in senso reale nella memoria collettiva dei media tradizionali” ha detto Peter Hart, direttore di Fairness and Accuracy In Reporting, notando che Israele sarebbe stato a conoscenza del fatto che le elezioni avrebbero tolto copertura mediatica al raid.

“Non ci vuole un grande sforzo nell’andare indietro e trovarlo, ma riportare informazioni contestuali che potrebbero minare la logica israeliana che sta dietro a questi attacchi non è esattamente il tipo di lavoro che i media privati statunitensi svolgono spesso. Il fatto che ci sia solo una manciata di eccezioni evidenzia che la narrativa dominante nella stampa è, guarda caso, quella che supporta le posizioni israeliane”.

(Traduzione di Mauro Saccol per Osservatorio Iraq)

L’articolo in lingua originale