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Messico: il gioco di sponda tra Soros e la mafia della droga

di movisol - 13/01/2009

 
 
La guerra condotta contro il Messico dal cartello internazionale della droga, sotto il controllo di Londra, si è intensificata fino al punto che c'è di fatto il pericolo di un potere duale ai confini tra il Messico e gli USA. Nella prima metà del 2008 i morti collegati al narcotraffico in Messico sono stati 5600, il doppio del 2007. Secondo le stime del ministero della Difesa, mezzo milione di messicani, di cui un terzo ex militari, sono coinvolti nel narcotraffico. Si stima che le bande dei cartelli della droga messicani abbiano membri in oltre 200 città statunitensi. Piuttosto che combattere questo flagello, George Soros, i suoi controllori britannici e i loro alleati di Wall Street sostengono che la sola strada per la "pace" sia scendere a patti con i narcotrafficanti e legalizzare la droga.

Il Messico è un bersaglio di questa campagna fin da quando l'ex Presidente Ernesto Zedillo, noto per i suoi legami con l'oligarchia britannica, divenne co-presidente della "Commissione Latino-Americana sulla Droga e sulla Democrazia", un'organizzazione sorta con i soldi e il personale di Soros nell'aprile 2008, per portare avanti la causa della legalizzazione.

Il 18 dicembre Ruben Aguilar, ex portavoce stampa del Presidente Vicente Fox, predecessore dell'attuale capo di stato messicano Felipe Calderon, ha scritto su Frontera de Tijuana che Calderon dovrebbe stipulare accordi non ufficiali con i capi del narcotraffico per ottenere una "pace" basata sul rispetto delle rotte, dei mercati e delle zone in cui si svolge il narcotraffico, comprese le zone di influenza e i punti di transito negli USA.

Calderon ha immediatamente respinto la proposta, definendola una "capitolazione", ma non così la Americas Society, che il giorno dopo ha appoggiato la proposta sul suo sito internet.

Negli USA, però, qualche istituzione attorno alla Presidenza comincia a schierarsi dalla parte giusta. Il 29 dicembre l'ex "zar antidroga" di Clinton, il gen. Barry McCaffrey, attualmente docente a West Point, ha lanciato un drammatico appello al governo USA per accorrere a sostegno del Messico che, ha detto, "sta lottando per la sopravvivenza contro il narcoterrorismo [...] Il Messico è sull'orlo dell'abisso, e potrebbe diventare un narcostato nel prossimo decennio", ha scritto McCaffrey in un rapporto per West Point datato 29 dicembre.

McCaffrey non solo sostiene che gli aiuti USA debbano rispettare la sovranità messicana, ma ha sottolineato che forse il 90% delle armi usate dai cartelli per imporre il loro regno del terrore vengono contrabbandate dagli USA. "Le confische di bombe a mano e di Kalashnikov da parte delle autorità messicane sembrano quelle dei bollettini di guerra alla fine delle battaglie. E' difficile comprendere l'apparente indifferenza e incompetenza delle autorità USA a livello statale e federale di fronte a una tale minaccia alla sicurezza nazionale di un vicino stato democratico. Se noi fossimo le vittime, lo considereremmo un atto di guerra da uno stato canaglia", scrive McCaffery.