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Padre Musallam: "ci stanno uccidendo nell'indiffernza del mondo"

di redazionale - 14/01/2009

Fonte: Missionary International Service News Agency

“Io sono ancora vivo, ma la pace lo è sempre meno; rispetto all’ultima volta che ci siamo sentiti c’è più odio, più sofferenza, più distruzione; non c’è acqua, non c’è pane, non c’è cibo; c’è più paura, ci sono più aeroplani, carri armati, soldati, guerra, violenza e morte”: raggiunto dalla MISNA a Gaza, dopo tanti tentativi andati a vuoto nei giorni scorsi per il mancato funzionamento delle linee telefoniche, padre Manuel Musallam sintetizza così la guerra portata da Israele nella Striscia di Gaza e giunta ormai al suo 17° giorno. Lui, unico sacerdote cattolico della Striscia e parroco della chiesa della “Santa Famiglia”, vede la distruzione attorno a sé e vede, come lui stesso sottolinea, tanta poca verità sia da parte di Israele sia da parte della comunità internazionale che accusa di aver girato gli occhi da un’altra parte. “Trascorriamo notte e giorno con la paura di essere colpiti da una bomba israeliana, con un rombo continuo e fastidioso che non ci lascia mai in pace; i soldati di Tel Aviv distruggono tutto ciò che si regge in piedi, ordinano alla gente di uscire e abbattono le nostre case, una dopo l’altra; sono migliaia gli sfollati (25.000 censiti dall’Onu, almeno il triplo secondo stime di organizzazioni umanitarie, ndr), disperati nella disperazione più generale. I carri armati non sono ancora entrati nel cuore della città di Gaza, in questo momento si stanno accanendo sulla periferia da cui la gente è fuggita”. La voce di padre Musallam si alza di tono, a metà fra impotenza, delusione e rabbia: “Gli israeliani sostengono che i combattenti di Hamas si nascondono nelle moschee, negli ospedali e usano i civili come scudo umano? Io chiedo loro di dimostrarlo perché io stesso vado negli ospedali, visito le moschee e non vedo un solo combattente. Hamas è per strada, non si sta nascondendo; negli ospedali ci sono i 4000 feriti colpiti dall’artiglieria e dalle bombe israeliane. Ma non si tratta di persone ferite da proiettili, è gente che ha perso l’uso delle braccia, delle gambe, che ha parti del corpo completamente bruciate; quando questa guerra finirà, ci ritroveremo senza case, senza scuole, senza ospedali, senza infrastrutture e questi feriti saranno disabili che non potremo assistere e molti di loro sono solo bambini”. Per il sacerdote sentito dalla MISNA la guerra che sta conducendo Israele è un crimine di guerra le cui prime vittime sono i civili: “E’ facile dire che Hamas è dappertutto - continua – e intanto sommergerci di bombe, ucciderci con la scusa di una guerra contro terroristi; i veri terroristi sono gli israeliani e basterebbe contare i morti da una parte e dall’altra per vedere la verità. Il problema di Israele non è Hamas, è mantenere l’occupazione di queste terre e di questo popolo: ci stanno uccidendo, ma in realtà stanno uccidendo il futuro e la pace”. L’ultimo appello è rivolto alla comunità internazionale: “Perché – conclude padre Musallam – nel XXI secolo è ancora possibile che accadano cose del genere? Il mondo gira le spalle, si ostina a credere alla propaganda israeliana e forse anche a diffonderla. Io invece mi affaccio per strada e sento i lamenti delle donne, i pianti dei padri e delle madri, i singhiozzi di bambini che hanno perso tutto”.
(Agenzia Misna del 12.01.2009)

TESTIMONIANZA DAL FRONTE: “SIAMO IN UNA TRAPPOLA MORTALE”
“Uomini di Hamas negli scantinati degli ospedali e nelle scuole? Sono più che sicuro che nessuno tra i combattenti palestinesi si sta nascondendo mettendo a rischio i civili, perché conosco gli ospedali e ho visto ambulanze che nemmeno raccolgono i feriti di Hamas se non sono in gravi condizioni, proprio per evitare potenziali rappresaglie degli israeliani che dall’alto vedono e controllano tutto”: Vittorio Arrigoni, attivista italiano per i diritti umani che ha deciso di rimanere a Gaza anche dopo l’inizio dell’operazione ‘Piombo liquido’, racconta alla MISNA gli ultimi sviluppi dell’offensiva israeliana e smentisce la tesi di Tel Aviv secondo la quale i combattenti palestinesi si nascondano in strutture sanitarie e civili. L’aspetto che secondo Arrigoni non emerge in tutta la sua drammaticità all’esterno sono le condizioni in cui è costretto a vivere il milione e mezzo di abitanti della Striscia di Gaza. “Qui manca tutto - continua – dal gas, all’elettricità, al pane, all’acqua. Si va avanti come si può e non bastano certo i camion dell’Onu autorizzati da Israele a trasportare aiuti fin dentro Gaza”. La Striscia, continua l’attivista italiano, è diventata una trappola mortale con migliaia di sfollati che non sanno dove andare: “Sono profughi figli di profughi, li ho visti lasciare il campo di Jabaliya per andare da parenti o nelle scuole e poi essere costretti ancora a spostarsi perché un volantino avvertiva che il posto dove avevano trovato riparo poteva essere un obiettivo. In giro vedo facce disperate, ma anche bambini da soli che hanno perso i genitori; negli ospedali vedo sfortunati che hanno perso braccia, gambe e che saranno costretti a una vita da disabile. Questa è Gaza, adesso”.
(Agenzia Misna del 13.01.2009)
 
AL 18° GIORNO DI GUERRA (2): TESTIMONIANZE DA GAZA, "UNA NOTTE DA INCUBO"
“Abbiamo passato una notte da incubo, con il rumore dei bombardamenti e delle esplosioni che scandivano il passare delle ore. Ma ci dobbiamo ritenere fortunati perché siamo ancora vivi”: lo ha detto alla MISNA Iyad, residente di Gaza City secondo cui “quella appena trascorsa è stata la notte peggiore dall’inizio dell’offensiva israeliana”. La stampa locale, intanto, riferisce di esplosioni e violenti combattimenti concentrati soprattutto nella zona di Tel Hawwah, nel sud-ovest del territorio palestinese, mentre fonti mediche hanno confermato, questa mattina, il bilancio provvisorio di 930 vittime palestinesi dell’operazione ‘piombo fuso’, giunta oggi al 18° giorno. “La gente è in preda al panico. Senza elettricità e senza poter accedere a notizie dalla tv o dalla radio, in molti non sanno quali aree sono più o meno sicure – prosegue Iyad – e fuggono senza una meta precisa, aumentando il rischio di essere colpiti”. In particolare, i combattimenti più cruenti sarebbero in corso a est del campo profughi di Jabaliya, dove l’artiglieria israeliana avrebbe bombardato ripetutamente i centri abitati prima di intervenire con carri armati e mezzi cingolati, secondo la stessa tecnica utilizzata dall’inizio delle incursioni terrestri. “Adesso, al centro di Gaza city la situazione sembra essere più calma rispetto alla notte e quindi ne approfittiamo per uscire in strada e raccogliere i feriti – racconta la fonte, impegnata a prestare soccorsi sanitari – ma la gran parte della popolazione è senza elettricità e senza acqua da sei giorni e in queste condizioni è difficile resistere”. Secondo Iyad, a pagare il prezzo più alto della drammatica situazione di Gaza sono i bambini, che se anche sono riusciti a scampare ai bombardamenti mostrano comunque il segno di traumi che sarà difficile cancellare: “Il pianto dei nostri figli accompagna le incursioni notturne dell’aviazione israeliana – conclude – perché ormai hanno imparato che al ronzio greve degli aeroplani segue sempre il frastuono di un’esplosione”.
(Agenzia Misna del 13.01.2009)

COMMISSARIO UE: ISRAELE VIOLA LEGGI INTERNAZIONALI, E' INACCETTABILE
Israele viola le leggi internazionali, la sua offensiva nella Striscia di Gaza “è assolutamente sproporzionata” e costituisce “una palese violazione del diritto umanitario internazionale”. Lo afferma il commissario europeo allo Sviluppo umanitario, Louis Michel, in un’intervista pubblicata oggi sul quotidiano ‘La Libre Belgique’. Il commissario afferma "che gli esperti più prestigiosi della materia confermano e denunciano che Israele non rispetta il diritto umanitario internazionale, che impone ad una potenza occupante di tutelare la vita della popolazione civile, di proteggerla, di nutrirla e di curarla. Questo, è palese, non accade. Dal mio punto di vista ciò è drammatico e non lo posso accettare”. Michel sottolinea che “il diritto umanitario è fatto per il tempo di guerra, ed è in guerra che bisogna pretendere che venga rispettato” anche se sottolinea che anche prima della crisi l’80% della popolazione della Striscia viveva grazie alla distribuzione di aiuti alimentari e che “su 550-600 camion necessari al giorno, solo 56 ne sono stati fatti passare in tutta la scorsa settimana”. Nelle sue parole Michel evidenzia “qualcosa di imbarazzante; due anni fa la comunità internazionale ha detto ai palestinesi: dovete organizzare delle elezioni. Hamas le ha vinte in maniera leale. Poi, dall’oggi al domani, siamo stati costretti, poiché Hamas aveva vinto, a dire: Non parliamo con voi e tagliamo gli aiuti diretti alle istituzioni palestinesi. E per fortuna che c’era l’Ue che è riuscita a mettere in piedi un sistema, per così dire, equivalente di aiuti”. Secondo Michel “bisogna parlare con tutti quelli che rappresentano lo Stato palestinese” poiché “non sono state percorse tutte le vie diplomatiche che esistono e quando si deve risolvere un problema non lo si può fare con il mezzo militare”. All’intervistatore che chiede quali siano le prime misure da prendere per risolvere il conflitto a Gaza, Michel risponde che “è necessario un cessate-il-fuoco e l’apertura di corridoi umanitari. Purtroppo l’Unione Europea non ha la forza di imporre tutto questo […] e quando il presidente americano George Bush in un certo senso giustifica pubblicamente la reazione di Israele rende un po’ più difficile il compito di fare pressione o semplicemente consigliare Israele”.
(Agenzia Misna del 13.01.2009)

Missionary International Service News Agency: http://www.misna.org/