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Gaza, ipotesi sull’uso dell’uranio impoverito per dopare i propellenti

di Fernando Termentini - 14/01/2009

Fonte: Pagine di Difesa

 



La battaglia imperversa a Gaza con il ricorso anche a sofisticati e moderni sistemi d’arma. Strumenti di varia tipologia, alcuni forse impiegati per la prima volta, altri migliorati come i missili Kassam con la gittata potenziata.
Seguendo gli eventi attraverso l’informazione globale garantita dalle moderne tecnologie e in particolare da Internet, si può constatare quasi dal vivo quanto avviene, ricavando dalle immagini molti dati analitici utili in particolare per comprendere l’evoluzione tecnologica del campo di battaglia.
Alcuni degli elementi desunti dalle immagini dei bombardamenti e delle artiglierie terrestri confermano aspetti venuti alla luce in occasione di altri conflitti moderni come, la prima guerra del Golfo, la guerra nei Balcani, l’Iraq, l’Afghanistan e il Libano.
In questi giorni, infatti, a fattor comune delle immagini di azioni di fuoco e bombardamento, emerge un particolare: l’artiglieria israeliana spara con grandi fiammate di rinculo, un tempo assenti e limitate a ciò che usciva dal vivo di volata, peraltro sempre oggetto di preoccupazione per gli artiglieri e per i tecnici militari in quanto “tracciatura” degli schieramenti.
Una massa gassosa e luminosa, come se i proiettili di artiglieria di grosso calibro siano spinti da nuovi propellenti per incrementare la velocità, l’energia cinetica e la precisione e riducendo la dispersione della rosa di tiro. Una specie di super-propellenti con caratteristiche di elevata progressività di decomposizione con accumulo di sostanze gassose e incremento di pressione molto superiore a quello generato dalle comuni cariche di lancio.
Miscele ottenute mescolando alle polveri tradizionali sostanze che, pur mantenendo inalterata la pressione esercitata nella camera di scoppio delle bocche da fuoco, siano in grado di incrementare sostanzialmente la spinta sul proiettile a vantaggio della velocità iniziale, della gittata e dell’energia cinetica.
Un po’ quello che avviene nel campo degli esplosivi aggiungendo, ad esempio, polvere di alluminio che incrementa, a parità di peso, le caratteristiche esplosive di una carica e che all’atto dell’esplosione produce un “flash” molto più violento di quello che, ad esempio, produrrebbe una semplice carica di tritolo. Caratteristiche che, confrontate con dati raccolti in passato ‘dal vivo’ e con quanto riportato da molta bibliografia tecnica, induce a formulare ipotesi molto probabili.
La massa dei gas prodotti all’atto dello sparo, le maggiori gittate dei missili, lo stesso incremento del potere perforante dei “dardi” sparati dalle cariche di lancio dei proietti penetranti (forano spessori superiori ai 250-300 mm) induce a pensare che si stiano utilizzando miscele esplosive ‘dopate’. Varie le ipotesi possibili ma una delle più probabili è che forse l’uranio impoverito (DU, depleted uranium) o altro materiale da discarica nucleare, potrebbe essere entrato a far parte della componentistica delle polveri da lancio e dei propellenti per missili (anche i Kassam).
Le particelle di uranio bruciano da circa 3000 a 5000 °C e quindi sono appropriate per incrementare la spinta delle polveri di lancio e dei propellenti in generale, e per incrementare in modo esponenziale l’efficacia delle cariche di esplosivo solido utilizzate per espellere il dardo del munizionamento Heavy Penetrator, peraltro realizzato con leghe al tugsteno e al DU.
E’ tecnicamente certo, infatti, che la miscelazione di nanoparticelle di uranio (non necessariamente solo impoverito) o di altri scarti nucleari con analoghe caratteristiche pirofiche, esalta le velocità balistiche e la spinta dei propellenti a guadagno della precisione e della gittata.
Un propellente realizzato con due componenti: una miscela primaria ricca di idrogeno e un secondo materiale, generalmente metallico, che interagendo con la sostanza madre sia in grado di garantire una elevata reazione esotermica, con una conseguente elevata produzione (all’atto dello sparo) di masse aeriformi compatte e di elevato bagliore. In sintesi, un materiale di base ricco di idrogeno che all’atto dell’esplosione produce azoto e una seconda sostanza su base metallica con elevate caratteristiche pirofiche che reagisce esotermicamente con l'azoto generato.
Un miscela perfetta, ad esempio, potrebbe essere quella in cui il materiale principale è a base di ammonio mentre la seconda sostanza potrebbe comprendere boro, titanio, idruro di titanio, uranio e miscele simili.
In sintesi, una miscuglio di sostanze ossidanti identiche a quelle che si trovano nel serbatoio dei razzi spaziali (Ariane V e Challenger). Ad esempio miscela di polvere di alluminio che aggiunta alla polvere di uranio impoverito aumenta la potenza di combustione con un grosso impulso alla propulsione.
Se così fosse, molti dei dubbi che finora hanno caratterizzato il problema dell’inquinamento ambientale e di malattie fra i veterani riconducibili all’uranio impoverito o ad altri materiali a cui si è fatto cenno potrebbero trovare una logica e risposta. Avvelenamenti da metalli pesanti che potrebbero coinvolgere sempre di più i soldati utilizzatori di questi sistemi d’arma, e successivamente la popolazione per il rischio ambientale indotto.
L'ossido di uranio impoverito e i nitrati prodotti in aerosol che si creerebbero sospesi nell’aria all’atto dello sparo e quelli che ricadrebbero sul terreno permanendovi nel post conflitto potrebbero continuare a mutilare e uccidere. Tutti metalli pesanti destinati a contaminare il suolo e che migrerebbero nell’organismo attraverso la respirazione e/o ingestione.
Particolari che forse meritano un approfondimento e una risposta in quanto parametri di un fenomeno che, se venisse confermato, porterebbe a un incremento delle neoplasie polmonari, vescicali, renali, eccetera a carico, in particolare, di veterani carristi, artiglieri e bonificatori. In sintesi, tutti coloro che utilizzano questi sistemi d’arma e anche quelli che percorrono “a caldo” i terreni contaminati dalla battaglia.
Particelle che per dimensione potrebbero, invece, essere fermate utilizzando un semplice tessuto filtrante.