Se si scorrono le attività in preparazione per il WSF (World Social Forum - Forum Sociale Mondiale) che si avvierà il prossimo 27 gennaio a Belem in Brasile sarà piuttosto facile trovare tra le linee ispiratrici degli argomenti la critica dello sviluppo.
In campo non solo economico ma anche culturale e perfino religioso da ogni parte del mondo si cercano futuri comuni sulla base di equità e del rispetto dell’ambiente e dei diritti umani, sulla rivisitazione dei concetti di ricchezza e povertà.
Ogni modello di nuova economia pulita e giusta affronta la salvaguardia delle culture e dei saperi tradizionali, e solo sul tronco di questi innestare, se veramente necessario, quelle innovazioni tecnologiche che rispettino gli equilibri ecologici.
E’ utile inserire fra queste riflessioni
un’intervista dei primi di gennaio in cui Maurizio Pallante analizza la crisi economica per poi chiarire il ruolo della decrescita nei i paesi ricchi e in quelli depredati.

Dagli incaricati stampa del World Social Forum riceviamo e volentieri pubblichiamo in estratto:

…dal 27 gennaio al 1 febbraio nel cuore dell’Amazzonia migliaia di delegati provenienti da più di 4000 movimenti, popoli indigeni, sindacati, realtà della società civile, ONG e Chiese si incontrano di nuovo tutti insieme per dimostrare che un altro mondo è già possibile.

Più di 4000 organizzazioni sociali e indigene provenienti da 65 Paesi di tutto il mondo si riuniranno a Belem, nell’Amazzonia brasiliana, per celebrare la 9a edizione del Forum sociale mondiale con sessioni plenarie, seminari, workshop ,cerimonie, attività sportive e artistiche.

Il World Social Forum è uno spazio aperto, plurale, diversificato, non governativo e non di parte che stimola la discussione, e la riflessione, decentrata per costruire esperienze di scambio ed alleanze tra i movimenti e le organizzazioni impegnate in azioni concrete per un mondo più giusto e democratico.

Perché ci sono milioni di donne e uomini, organizzazioni, reti, sindacati in tutte le parti del mondo che lottano, con tutta la ricchezza della loro pluralità e diversità e le loro alternative e proposte, contro il neoliberismo, la guerra, il colonialismo, il razzismo e il patriarcato. E affrontano da anni crisi ed emergenze sociali, ambientali, economiche e finanziarie grazie all’autoorganizzazione popolare, dal basso.

A Belem si incontreranno movimenti e realtà provenienti da Argentina, Bangladesh, Belgio, Bolivia, Brasile, Burkina Faso, Canada, Cile, Cina, Colombia, R.D. Congo, Costa d’Avorio, Cuba, Danimarca, Repubblica Dominicana, Ecuador, Egitto, Inghilterra, Finlandia, Francia, Guyana francese, Germania, Guinea, Haiti, India, Israele, Italia, Giappone, Giordania, Libia, Kenya, Mali, Messico , Marocco, Nepal, Paesi Bassi, Nicaragua, Nigeria, Norvegia, Pakistan, Palestina, Paese Basco, Paraguay, Perù, Filippine, Russia, Senegal, Sud Africa, Spagna, Svezia, Svizzera, Tanzania, Turchia, Uruguay, Stati Uniti, Venezuela, Zambia, Zimbabwe, e molti altri …

Il testo completo lo si può trovare qui