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La grande ipocrisia

di Giuseppe Gorlani - 18/01/2009

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La “grande ipocrisia” non è certo nata in data recente; ne accennava già Lao Tzu, nel suo Tao Te Ching, nel VI sec. a. C.: «Quando il gran Tao fu messo in disparte / ci fu l’umanità e la giustizia / quando apparve accortezza e scaltrezza / allor ci fu la grande ipocrisia» (18. 1-4, Sansoni, Fi ’54).
Oggi però l’ipocrisia si manifesta con un grado di sfacciataggine talmente intenso da mettere a dura prova anche il più fervido amante del Tao.
La sua disgustante presenza è sotto gli occhi di tutti. “Occhi”? Forse sarebbe meglio precisare “occhi bendati, inebetiti” dalle “droghe” di Stato (consumismo, informazione distorta, falso benessere), dato che, come nella favola di Andersen, la maggior parte dei sudditi continua a magnificare lo sfarzo dell’abito del “re” nudo.
Nemmeno le bugie più macroscopiche o le crudeltà più efferate o l’avidità palese riescono a smascherare la pantomina del re-macellaio di turno. Questi continua a procedere impettito, nella convinzione che nessuno si azzarderà mai a dire la verità. E se qualcuno, che non fosse qualche sporadico bambino da imbottire immediatamente di psicofarmaci, dovesse proclamarla a gran voce, subito interverrebbe a tacitarlo uno stuolo di guardie lobotomizzate, armate sino ai denti; e ciò per il suo bene e per il bene dello Stato, naturalmente.
Oggi in Palestina, ieri in Ossezia, Tibet, Iraq, Afghansitan, Serbia, Cile, Vietnam, Germania, Hiroshima, Russia, ecc. Ma quanto è intriso di sangue questo “bene”!
Dovrebbe risultare ormai chiaro che i governanti asserviti all’ideologia del mondialismo non vogliono la pace. Lo “sviluppo”, che fa confluire fiumi di denaro nelle tasche dei soliti quattro gatti, non si nutre di pace. Altro che pace, bisogna guerreggiare, inventare armi sempre più atroci, distruggere, “ricostruire”, rubare alle nazioni povere le loro risorse, espropriare gli indigeni delle loro terre, sforacchiare montagne per farvi transitare treni inutili, cementificare fiumi, abbattere foreste. Tutto dev’essere controllato, soppesato, misurato, modificato, venduto e comprato. Persino la morte deve essere definita artificiosamente e le specie vegetali o animali devono essere brevettate e monopolizzate. In pratica è già reato voler morire nel proprio letto, in santa pace, o prodursi i semi per le proprie coltivazioni. La plebaglia deve soltanto credere di essere libera e votare la tirannide che si nasconde dietro i molti nomi di questo o quel partito; siamo o non siamo in un regime democratico? Il popolo può, anzi, deve votare; ma come si permette di dissentire se la “casta” decide di consentire l’allargamento di una base militare rigurgitante di bombe atomiche, o di costruire nuove autostrade e nuovi inceneritori alla diossina, o di seppellire scorie radioattive dove le pare, o di redarre una costituzione europea fasulla (antieuropea), o di tentare di modificare il clima con scie chimiche, o di vessare la gente con tasse spropositate, o di pestare a sangue manifestanti vecchi e giovani, o di mandare soldati a terrorizzare e depredare i popoli più poveri della terra (per proteggerli e civilizzarli, si sa)? E come osano quei rari intellettuali dotati ancora di coraggio sostenere l’esigenza di una ricerca storica libera da pastoie e dogmi imposti dall’”alto”?
Mentre è in corso il genocidio spietato del popolo palestinese, leggere o ascoltare i guardiani dell’informazione e i politici che affermano di “rappresentarci” mi fa pensare ad alcune riflessioni di William Shakespeare: «Non esiste vizio così manifesto che non assuma un segno di virtù nel suo aspetto esteriore. Quanti codardi, i cui cuori sono falsi come scale di sabbia, portano al mento la barba di Ercole o dell’accigliato Marte, ma se li guardi dentro, hanno il fegato bianco come il latte. Costoro non assumono che le escrescenze del valore per rendersi temibili» (da Il Mercante di Venezia, III, ii, 81-88). 
Il noto intellettuale americano Harold Bloom inserisce, a guisa di pietra miliare, Shakespeare nel sua opera The Western Canon - The Books of the Age; più precisamente, lo pone al centro del Canone. Ma allora ne dobbiamo dedurre che abbiamo tre occidenti: un Occidente che pensa, vede e sente, un occidente accecato e un occidente inebriato di hybris che spadroneggia con tank, napalm, bombe al fosforo, dime, missili “intelligenti”, torture (purché legalmente consentite)?
In piena Era Oscura non è certo il primo Occidente, il cui occhio dell’Intelligenza del Cuore è aperto, che sta prevalendo.
Quant’è orribile il mondo in cui viviamo, il mondo che la nostra stessa stupidità e vigliaccheria ha consentito. Dato che il dharma eroico dei volontari occidentali, che ora si trovano negli ospedali di Gaza sotto le bombe,  è di pochi, agli altri non resta, oltre a manifestare pubblicamente il proprio sdegno, che lavorare su se stessi per affermare pace, equanimità, nobiltà d’animo e sincerità.