Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Tutti insieme appassionatamente

Tutti insieme appassionatamente

di Francesco Lamendola - 19/01/2009

 

Che cosa accomuna Gianfranco Fini a Pippo Baudo e l'ambasciatore israeliano in Italia a Vittorio Sgarbi?
Chi abbia seguito, anche solo fuggevolmente, la vicenda del programma televisivo di Michele Santoro e la dura polemica scoppiata fra questi e la giornalista Lucia Annunziata, conosce molto bene la risposta: l'esecrazione inappellabile verso chi è reo di ricordare la strage degli innocenti che si perpetua a Gaza da settimane, la quale ha ormai prodotto oltre 1.200 morti (ma quanti giacciono ancora insepolti sotto le rovine delle case?). Con ciò, egli si è macchiato dell'infame delitto di antisemitismo, che lo qualifica come contiguo - se non altro in senso morale -  alle peggiori frange terroristiche internazionali.
Che bello spettacolo, vedere finalmente la politica italiana e lo stesso mondo della cultura e dello spettacolo, notoriamente attraversato da ogni sorta di veleni, rancori e gelosie, pacificato e unificato sotto la bandiera  della stella di Davide!
Che bella cosa, veder finalmente sospese le polemiche astiose e inconcludenti, gli insulti e gli sberleffi, e gli elettori del Partito Democratico marciare a ranghi (quasi) compatti insieme a quelli del Popolo delle Libertà, nel nome di una ritrovata concordia nazionale; e non - si badi - per inseguire poltrone ben remunerate o per intrallazzare con squallidi giochi di potere, ma per una nobilissima causa ideale, oltretutto al di fuori del territorio nazionale: il buon diritto d'Israele alla legittima difesa!
Che bella, indimenticabile visione, quella dei rabbini che si uniscono in un grande abbraccio ideale con gli ex neofascisti; degli ex diessini che scordano ogni risentimento verso i forzisti e i leghisti; dei presentatori di Sanremo e di mille altre italiote serate televisive del sabato, che uniscono le loro voci sdegnate e frementi a quelle dei critici d'arte e dei maggiori esponenti politici della Destra e della Sinistra!
Il sogno di Dante, di Cola di Rienzo, di Machiavelli, di Foscolo, si è finalmente realizzato e le italiche genti, chiamate all'appello dai potenti squilli delle trombe di Gerico, hanno deciso di seppellire secoli di discordie e inimicizie e tutti, ma proprio tutti, fascisti e antifascisti, centralisti e federalisti, classicisti e surrealisti, cittadini e campagnoli, ricchi e poveri, belli e brutti, giovani e vecchi, si sono stretti gli uni agli altri per ribadire il concetto che ogni popolo ha diritto a proteggere la propria esistenza.
Che bello!
E tutta questa mobilitazione, tutto questo fervore, tutta questa strenua solidarietà, non sono stati realizzati a sostegno di qualche insignificante minoranza etnica del Sudan meridionale (di cui non parla mai nessuno), né per i Curdi (di cui nessuno parla più) e tanto meno per quei cattivi soggetti dei Palestinesi, sempre inclini ad abbandonarsi alle seduzioni di un terrorismo feroce e irresponsabile; ma per gli unici, veri eredi della Terra Promessa, che da Dio l'hanno ricevuta ed in nome di Dio vi sono ritornati, dopo un trascurabile intervallo di duemila anni.
Be', che dire?
Non possiamo che lasciarci riempire dalla gioia per questa insperata atmosfera da «union sacrée» che ricorda, niente di meno, i tempi eroici del dopo Caporetto, quando il grido era uno solo, convinto, deciso, irremovibile, dai banchi del Parlamento alle trincee del Grappa e del Piave: «O tutti eroi o tutti accoppati; ma il nemico non passerà».
E mentre una sublime commozione pervade ogni petto e riscalda ogni cuore che sia degno di questo nome, un solo provvedimento ci sembra adeguato all'enormità del delitto commesso da Michele Santoro, colui che ha osato mettere in dubbio la proporzionalità della «risposta» militare israeliana da terra, dal cielo e dal mare, ai lanci dei razzi Katiuscia contro il sud di Israele: l'ostracismo e l'esilio, come ai bei tempi andati di Aristide e di Temistocle.
Vergogna all'infame, vergogna nei secoli dei secoli!
E che si ritenga fortunato di vivere in una democrazia, della quale - peraltro - ha mostrato di essere totalmente indegno: può ritenersi fortunato di essersela cavata a buon mercato.
Il codice penale, purtroppo, non contempla delle pene adeguate all'enormità e all'odiosità di un delitto come il suo; tuttavia, vogliamo sperare che l'universale esecrazione, il biasimo e il disprezzo  di ogni buon Italiano, possano infliggergli - per lo meno - la meritata pena morale.
Se fosse ancora in uso la pratica della «damnatio memoriae», nessuno più di lui avrebbe meritato di vedersela applicare: come ai tempi degli antichi Romani, il suo nome e le sue immagini dovrebbero essere cancellati via da ogni luogo, in modo che nulla rimanga di lui; neanche il ricordo, neppure il nome (ai parenti dovrebbe essere concesso di poterlo cambiare).
Ecco, se ciò avvenisse, solo allora si potrebbe dire che giustizia è stata fatta; solo allora i Mani di Ben Gurion e Golda Meir troverebbero modo di placare i loro spiriti esacerbati; solo allora quelli di Moshe Dayan e Ariel Sharon potrebbero contemplare, finalmente rasserenati, lo spettacolo del terrorismo palestinese spezzato per sempre, insieme a quel cattivo coro di giornalisti e intellettuali occidentali da strapazzo (sempre più esiguo, in verità, anzi ormai pressoché inesistente), che lo hanno indegnamente e pervicacemente assecondato.
Tuttavia, siamo una democrazia - come lo è, del resto, Israele - e possiamo anche permetterci di essere generosi verso quei miserabili che, abusando della libertà di parola concessa a chiunque, vergognosamente diffamano un Paese amico e insultano le giuste e sacrosante motivazioni del suo governo.
Perciò, per questa volta, Michele Santoro non verrà spedito a Guantanamo a bordo di un jet militare (quantunque lo avrebbe ampiamente meritato); compassionevoli, i paladini della giustizia internazionale si limiteranno a una solenne ammonizione e ad una pubblica censura nei confronti del mariuolo.

Tali sono le cronache di ordinaria follia che contraddistinguono questi inizi nostrani del terzo millennio, fra una crisi monetaria che diventa crisi economica e una crisi morale che somiglia sempre più a una tragicommedia di pessimo gusto.
A Gaza, intanto, decine, centinaia e migliaia di bambini sono morte sotto le bombe con la stella di Davide; bombe che, a dire il vero, non hanno rispettato niente e nessuno: né le scuole, né gli ospedali, né la Croce Rossa, né le sedi delle Nazioni Unite e tanto meno le case private di chi ha la sola colpa di vivere in quel gigantesco campo di concentramento che è la Striscia di Gaza (ove vivono 1.400.000 persone su una superficie di 360 kmq., poco più dell'isola d'Elba).
Domenica 18 gennaio, peraltro, il papa Benedetto XVI, parlando alla folla dal balcone in Piazza San Pietro, ha avuto l'ardire di denunciare la «inaudita violenza» che si abbatte sulla popolazione innocente.
Che sia anche lui in combutta con Santoro, con i circoli neonazisti e con la ben nota lobby antisemita internazionale?
Che si renda necessario spedire a Guantanamo anche lui, e radiare il suo nome dall'elenco dei romani Pontefici?
E così, mentre ci si preoccupa tanto per la presenza di una moschea a Roma, non ci si è accorti che Roma è già nel cono d'ombra della sinagoga; e che nulla si può dire o scrivere in Italia, nulla si può neppure bisbigliare, senza che un esercito di zelanti custodi della «memoria storica» si sguinzaglino contro di lui e lo sottopongano a una immediata crocifissione mediatica.
Sono soltanto un po' presbiti, questi zelanti custodi della «memoria storica»: perché, mentre ricordano benissimo il dramma vissuto dal popolo ebreo negli anni fra il 1941 e il 1945, pare proprio che nulla vedano, nulla sentano e niente abbiano da dire - come le proverbiali tre scimmiette - circa il dramma vissuto dal popolo palestinese da sessant'anni a questa parte.
Non si sono nemmeno accorti della mattanza di Gaza; basta vedere gli eufemismi che adoperano per definirla, il più frequente e ingannevole dei quali è «guerra».
No, non è una guerra: è una vendetta deliberata contro un intero popolo; una vendetta feroce e spietata, che ha già fatto 1.200 morti e circa 5.000 feriti e che ha provocato una catastrofe umanitaria senza precedenti, lasciando centinaia di migliaia di persone senza viveri, senza medicinali, senza un tetto sotto cui rifugiarsi.
In una guerra, per quanto squilibrati possano essere i due potenziali militari, industriali e finanziari che si affrontano, si assiste pur sempre a uno scontro fra due eserciti; qui si vedono solo armi pesanti e modernissime scatenate contro una minuscola regione palestinese, caratterizzata da una delle più alte densità di popolazione al mondo.
E tutta questa povera gente - bambini e ragazzi sotto i 18 anni per più della metà - è costretta ad aggirarsi fra le macerie delle case e in mezzo ai cadaveri e ai corpi dei mutilati dalle schegge, alla vana ricerca di qualche cosa da mangiare o di introvabili medicinali per i familiari ammalati.
Possibile che sia tanto difficile chiamare le cose con il loro vero nome?
Possibile che tutti o quasi tutti i giornalisti altro non siano che una manica di scribacchini prezzolati, disposti a sbavare qualunque menzogna venga loro ordinato di dire?
Possibile che tutti i sedicenti intellettuali si siano squagliati come nebbia al sole, lasciando al loro posto solo un gregge belante di conformisti senza dignità e senza un briciolo di onore?

Ciò che sta avvenendo a Gaza in queste settimane, con il mondo intero che sta a guardare e nessuno che imponga ad Israele una immediata sospensione della mattanza, è reso possibile - perché nasconderselo? - dal trionfo della nuova religione dell'Olocausto: ossia da quello sfruttamento politico e morale dei tragici eventi che colpirono gli Ebrei d'Europa durante la seconda guerra mondiale, sfruttamento cinicamente perseguito dal governo di Gerusalemme e dai potentissimi circoli finanziari ebrei statunitensi, capaci di controllare - direttamente o indirettamente - praticamente l'intero sistema mondiale dell'informazione (e delle banche, da cui l'informazione, come tutto il resto, dipende).
È forse una coincidenza che una serie di Stati come la Francia, l'Austria, la Spagna, il Belgio, la Svizzera, la Polonia, la Repubblica Ceca e molti altri, abbiano varato, proprio negli ultimi anni, una legislazione liberticida, che punisce con anni di carcere chiunque osi non già negare che il genocidio degli Ebrei sia avvenuto, ma affermare che esso abbia coinvolto un numero di vittime sensibilmente inferiore a quello finora stimato?
Di tali leggi liberticide lo storico inglese David Irving ha già fatto le spese, pochissimi anni fa, scontando con oltre un anno di prigione la colpa di essere annoverato fra gli studiosi negazionisti, benché egli non «neghi» affatto il genocidio degli Ebrei, ma ne contesti le modalità e il quadro di riferimento generale. Nel che si può anche sbagliare; ma non si era mai visto, finora, che uno storico venga punito col carcere, come un criminale, per aver espresso un punto di vista eterodosso su un qualsiasi evento del passato.
Ma per l'appunto - si dice - il genocidio degli Ebrei, la «Shoa», non è stato un evento storico qualsiasi: essa ha rappresentato un vero e proprio «Zivilisationsbruch», una frattura nella storia della civiltà umana, per usare l'espressione dello storico (ebreo e insegnante in una università di Israele) Dan Diner.
Con tutto il rispetto per le vittime del genocidio degli Ebrei, ricordiamo che nel solo XX secolo (per non parlare dei numerosissimi avvenuti nei secoli e nei millenni precedenti) vi sono stati diversi  altri genocidi: da quello degli Ova Herero del 1904, a quello degli Armeni fra il 1895 e il 1923, a quello dei Rom, avvenuto nel 1941-45 parallelamente a quello degli Ebrei, fino a quello dei Tutsi del Ruanda del 1994.
E che dire dei «kulaki» russi, sterminati da Stalin nel quadro della collettivizzazione forzata delle campagne in Unione Sovietica, episodio in cui le vittime si contarono a milioni? Forse che lo sterminio di una classe sociale è meno grave di quello di una etnia?
O che dire delle bombe al fosforo liquido di Dresda; che dire, soprattutto,  delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, che inaugurarono l'era dell'incubo di un possibile olocausto nucleare per l'intera umanità?

Intanto, a Gaza, si continua a morire.