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Benedetto XVI accusa Israele di aver provocato a Gaza «centinaia di vittime innocenti»

di Marco Politi - 19/01/2009

 

 

Benedetto XVI accusa Israele di aver provocato a Gaza «centinaia di vittime innocenti». Ora che il cessate il fuoco unilaterale è cominciato, il Vaticano ritiene che la strage di civili nella Striscia di Gaza non possa essere derubricata a danni collaterali. L’opinione della Segreteria di Stato è che l’offensiva israeliana sia stata caratterizzata da un «fallimento totale nel distinguere i civili dagli obiettivi militari» come si è espresso giorni fa il nunzio all’Onu, monsignor Celestino Migliore.

Per questo papa Ratzinger all’Angelus domenicale ha indicato esplicitamente che Gaza è stata obiettivo di una violenza indescrivibile. «Continuo a seguire con profonda trepidazione il conflitto nella Striscia di Gaza. ---ha esclamato il pontefice rivolto ai fedeli in piazza San Pietro - ricordiamo anche oggi al Signore le centinaia di bambini, anziani, donne, caduti vittime innocenti dell’inaudita violenza, i feriti e quanti piangono i loro cari e coloro che hanno perduto i loro beni».

Nei giorni scorsi il Vaticano aveva anche condannato Hamas quando usa civili come scudi umani, ma nel palazzo apostolico si ritiene che non ci possa essere nessuna scusante per quanto è avvenuto nel corso dell’offensiva dell’esercito israeliano. Soprattutto è radicata l’opinione che la tragica vicenda debba portare il governo israeliano ad agire per una soluzione durevole, cioè un trattato di pace che assicuri la nascita di uno stato palestinese con le necessarie garanzie di sicurezza per Israele.

E a questo proposito in Segreteria di Stato si ribadisce che la soluzione definitiva va trovata, basandosi sulle risoluzioni dell’Onu degli ultimi quarant’anni. A partire da quella che chiede il ritiro di Israele dai territori e dalla parte araba di Gerusalemme occupati nel 1967.

Non a caso Benedetto XVI, oltre a invitare alla preghiera per sostenere le mediazioni in corso, ha esortato affinchè «si sappia approfittare, con saggezza, degli spiragli aperti per ripristinare la tregua e avviarsi verso soluzioni pacifiche e durevoli».

Intanto il Vaticano sostiene l’applicazione integrale della risoluzione 1860 adottata dieci giorni fa dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, che non si limita al cessate il fuoco e alla questione del blocco del contrabbando di armi nei tunnel, ma chiede la «riapertura dei posti di transito verso la Striscia di Gaza» in modo da porre fine allo strangolamento economico della zona. D’altronde, in occasione della recente visita in Israele e nei Territori palestinesi di una delegazione di vescovi europei e americani, monsignor Kenney di Birmingham ha ribadito che «Gaza e Betlemme sono due delle più grandi prigioni a cielo aperto del mondo».

Il dramma delle ultime tre settimane ha scombussolato il progetto di viaggio di Benedetto XVI in Terrasanta, che il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal aveva già annunciato per il maggio prossimo. La posizione israeliana è di attendere le decisioni del pontefice. Ma, paradossalmente, proprio in conseguenza della tragedia di Gaza sembra crescere in Vaticano la tendenza a considerare un viaggio del Pontefice (se la situazione sarà calma) come l’iniziativa giusta per dimostrare la solidarietà della Chiesa cattolica alle popolazioni colpite e a «tutti i figli di quella cara regione», e soprattutto per testimoniare l’incoraggiamento di Benedetto XVI alla pace tra Israele e i Palestinesi. Non a caso Ratzinger ha esortato ieri gli uomini di buona volontà di entrambe le parti ad aiutare la «loro gente a rialzarsi dalle macerie e dal terrore e, coraggiosamente, riprendere il filo del dialogo nella giustizia e nella verità».