Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La barbarie strategica

La barbarie strategica

di Fabio Mini (generale) - 20/01/2009




Con i nuovi eserciti e le nuove armi i danni collaterali dovrebbero tendere a zero. E con i nuovi avversari non ci sono strutture militari e produttive da distruggere. Ci sono solo case, chiese, moschee e persone, donne e bambini

I danni collaterali sono per definizione quelli causati ai civili quando si tenta di colpire gli obiettivi militari. Sono danni previsti o imprevisti, frutto dell´imprecisione delle armi o di errore. Durante la guerra del Kosovo il portavoce della Nato utilizzò il termine in maniera estensiva e assolutoria anche quando l´attacco contro strutture civili era intenzionale. Veniva così derubricato un evento che poteva essere un crimine di guerra e le vittime diventavano responsabili di trovarsi nel posto e nel momento sbagliati. Il caso ha fatto scuola e oggi la gente si è abituata all´inevitabilità delle vittime civili durante ogni tipo di conflitto, compreso quello tra guardie e ladri.
Dal punto di vista militare è il segno della regressione della guerra tra avversari asimmetrici: regressione di umanità e di strategia. La prima diventa ancora più grave perché sostenuta dalla seconda che spesso viene spacciata per "evoluzione". La realtà è che le vittime civili, in barba a tutte le norme del diritto internazionale, dei codici militari e dei costumi di guerra, sono tornate ad essere il vero obiettivo delle guerre. Si è tornati alla distruzione "strutturale" adottata nella seconda guerra mondiale con i bombardamenti a tappeto e in Vietnam con il napalm. Questa guerra sembrava finita quando si è voluto distinguere fra forze combattenti e non combattenti, quando l´etica ha richiamato le norme di protezione dei civili e quando lo stesso interesse consigliava di limitare i danni perché, come disse Liddell Hart, «il nemico di oggi è il cliente di domani e l´alleato del futuro».
Questa guerra sembrava finita per sempre quando dalla distruzione nucleare si è passati al precision strike, l´attacco di precisione, che rappresenta la rivoluzione strategica e tecnologica più importante e costosa dell´ultimo mezzo secolo. Di tutto questo si è persa traccia e memoria e gli imbonitori che indulgono nella giustificazione militare dei danni collaterali sono analfabeti di ritorno. Con i nuovi eserciti e le nuove armi i danni collaterali dovrebbero tendere a zero e con i nuovi avversari, arcaici e disperati, non ci sono strutture militari e produttive da distruggere per piegare la volontà di resistenza. Ci sono solo case, chiese, moschee e persone, donne, bambini. Tutte cose facili da colpire e allora la vera sfida strategica non sta nel come distruggere, ma nel come non coinvolgere gli innocenti.
In Cecenia, Afghanistan, Libano e, oggi, a Gaza la strategia deliberata di colpire i civili per far mancare il sostegno della popolazione agli insorti, ribelli e cosiddetti terroristi è un´altra regressione. Riporta alla guerra controrivoluzionaria, che invece ha fatto sempre vincere i ribelli, e alle nefandezze delle occupazioni coloniali. Anche le giustificazioni e il mascheramento di queste regressioni con strumenti di propaganda sono dejà vu. Sono cambiati i nomi e alcuni strumenti, ma gli effetti sono sempre gli stessi. La guerra psicologica che tenta di dimostrare che i civili non sono i nostri obiettivi ma le vittime dell´avversario che li usa come scudo non è cambiata da millenni, per questo il nemico è sempre stato "scellerato". Si usano gli stessi messaggi anche se al posto di proclami e infiltrati si utilizzano volantini, radio, televisioni, ambasciatori e lobby politiche. Ieri, la popolazione priva di sistema d´allarme, sapeva dell´imminente attacco dal rumore dei bombardieri. Pochi minuti per scappare. Oggi si telefona alle vittime, ma questo, come allora, non aiuta chi è intrappolato come un sorcio e non può andare altrove. Appare solo cinico.
L´ultima novità della guerra psicologica è che non si rivolge più all´avversario, ma alle proprie truppe e, soprattutto, all´opinione pubblica interna e internazionale. Quest´arma di manipolazione delle masse e di distruzione delle intelligenze è diretta verso le proprie forze e i propri alleati e ogni soldato sa che nulla è più pericoloso del cominciare a credere alla propria propaganda. Gli eserciti più potenti del mondo non sanno riconoscere e affrontare le nuove forme di guerra asimmetrica. Non sanno penetrare, discriminare, selezionare e operare chirurgicamente. Non sanno gestire il proprio eccesso di potenza e hanno perso la coscienza dell´inutilità e della illegalità delle distruzioni civili. Non si rendono conto che questo serve solo a imbarbarire la guerra: un lusso che i terroristi possono permettersi. Noi no.