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Il libro della settimana: Giovanni Agostini: Sociologia a Trento

di Carlo Gambescia - 22/01/2009



La sociologia italiana, pur con alti e bassi, viene da lontano e vanta padri nobili come Toniolo, Pareto, Michels, e Mosca. Ma passa anche per Trento. Dove tra il 1961 e il 1967 vide la luce, grazie all’opera di Bruno Kessler, montanaro, democristiano di sinistra e capace amministratore locale, la prima Facoltà di Sociologia italiana. Dopo di che venne il Sessantotto, l’immaginazione andò potere, anche se per poco, e per qualche anno la sociologia da modernizzatrice, come la auspicava Kessler, si fece rivoluzionaria. Proprio Trento fu teatro di occupazioni e proteste violente.
Si ferma invece al 1967 l’interessante volume di Giovanni Agostini (Sociologia a Trento. 1961-1967: una “scienza nuova” per modernizzare l’arretratezza italiana, il Mulino, Bologna 2008, pp. 224, euro 19,00 ), laureato in Relazioni internazionali e autore di programmi storici televisivi.
In questo senso si tratta del libro di uno storico piuttosto che di un sociologo. Dove però è magnificamente ricostruita, grazie a uno stile di ricerca e scrittura già maturo, la dinamica politica trentina e nazionale che condusse alla nascita nel 1967 della Facoltà di Sociologia. Agostini osserva tutta vicenda con l’occhio ecumenico del cattolico post-conciliare, aperto al mondo moderno. Per alcuni, come Del Noce, anche troppo. Ma questa è un’altra storia.
Pagina dopo pagina si dipana l’ avvincente ricostruzione della marcia di Kessler per modernizzare, nell’ordine, attraverso la Facoltà di sociologia: il Trentino, i cattolici locali, ma anche la società italiana, la Democrazia cristiana, nonché civilizzare le forze politiche di sinistra.
E qui va sottolineato che la nascita della Facoltà di Sociologia di Trento è un autentico esercizio di sapienza ma anche di organizzazione politica (per alcuni “potenza”) della Democrazia Cristiana. Che riesce, in sede parlamentare a far passare il progetto Trento “sulla testa” della riforma universitaria e del riordinamento delle facoltà di scienze politiche. Due leggi che resteranno al palo, mentre il moroteo Bruno Kessler, porterà a casa il risultato, grazie anche all’ appoggio romano del doroteo e conterraneo Flaminio Piccoli. E all’inaspettato, ma interessato sostegno dei socialisti, legato a sotterranee dinamiche accademiche, e soprattutto al ritorno di patriottismo trentino dei comunisti locali.
Un mini-compromesso storico ante litteram. Forse. Ma in fondo a fin di bene, perché l’Italia in via di modernizzazione, aveva effettivamente bisogno della sociologia, per governare la transizione alla società moderna senza perdere di vista i valori tradizionali importanti (all’epoca uno spinoso dilemma per molti cattolici di sinistra…). Inoltre Trento per la sua importante posizione geografica, storica e culturale meritava un compromesso. E da Trento, per gradi, la sociologia “conquistò” anche altre università.
Il Sessantotto invece rimetterà in discussione la stessa modernizzazione capitalistica. Ma anche questa è un’altra storia. E poi sociologia oblige, meglio lasciare da parte le polemiche. Anzi desideriamo qui ricordare, citando dal libro, una colorita espressione da montanaro che aveva lottato con la fame di Bruno Kessler. Il quale in piena contestazione sessantottina, ad amici che gli chiedevano se “si fosse mai pentito di aver creato la Facoltà di Sociologia (…) rispose: ‘ Sociologia è una patata che scotta, però ho in mano una patata’ “ .
E noi, pur non essendo montanari, lo ringraziamo di quella patata.
Il libro della settimana: Giovanni Agostini: Sociologia a Trento. 1961-1967: una “scienza nuova” per modernizzare l’arretratezza italiana, il Mulino 2008, pp. 224, euro 19,00 – www.mulino.it